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(AGI) – Roma, 19 mag. – “Qualche tempo fa, ho sentito un tizio
che diceva: ‘Ormai solo i gay vogliono sposarsi’. Forse voleva
fare lo spiritoso ma puo’ essere molto pericoloso denigrare la
normalita’. Non stiamo parlando di diventare tutti uguali,
stiamo parlando di garantire la liberta’ di scelta, di
proteggere le persone dalle discriminazioni, di dare a tutti
gli stessi strumenti per poter riuscire nella vita”. Lo dice il
cantante Mika, che non ha mai nascosto di essere onmosessuale e
al quale Vanity Fair dedica la copertina del numero in edicola
domani. “Una volta la comunita’ gay era piu’ creativa perche’
emarginata? Ricordiamoci – dice il cantante – che l’obiettivo
di tutte quelle espressioni artistiche, musicali, letterarie
era arrivare all’uguaglianza. Non si e’ lottato per la
normalita’, ma per gli stessi diritti. Ci sono posti nel mondo
dove uomini e donne vengono linciati, persino uccisi, perche’
omosessuali. Dire che la normalizzazione dell’omosessualita’ ha
reso i gay meno creativi sarebbe come dire che la lotta per
l’eguaglianza fra i sessi ha reso le donne meno interessanti”.
Nell’intervista, il musicista si sofferma sui suoi ricordi
d’infanzia e sulla sua famiglia, alcuni dei temi al centro del
libro che sta scrivendo e che uscira’ in autunno. Nato a Beirut
ma evacuato piccolissimo per sfuggire alla guerra civile, Mika
ha vissuto prima in Francia e poi, dai 9 anni in avanti, in
Inghilterra. Di quei tempi ricorda, tra le altre cose, le
difficolta’ riscontrate a scuola: “Da bambino la odiavo,
perche’ non riuscivo a leggere e a scrivere e il sistema
scolastico francese era piuttosto crudele. Quando siamo andati
a vivere in Inghilterra e ho iniziato a frequentare una scuola
a Londra, mi sono sentito dire ‘Non sei stupido, sei
dislessico’. Era la prima volta. Nel giro di poco passai
dall’insufficienza al massimo dei voti. Pero’, cominciarono a
considerarmi diverso per altri motivi. Nell’istituto francese
che frequentavo, tutti indossavano l’uniforme, mentre in quello
inglese non era richiesta. Iniziai a indossare i miei vestiti e
li’ arrivarono i problemi. Mi presentavo con il papillon e le
camice a pois. Oggi vesto in maniera piuttosto normale e a
volte mi domando se, alla fine, abbiano vinto loro, mi dico
‘Forse sono davvero riusciti a cambiarmi'”. Parlando del suo
nuovo album (‘No Place in Heaven’, in uscita il 15 giugno),
spiega che uno dei brani, ‘The Last Party’, e’ ispirato alla
festa che Freddy Mercury organizzo’ subito dopo aver scoperto
di avere l’Aids e di come scrivere quella canzone l’abbia
spinto a riflettere sul modo in cui lui stesso reagi’ a una
notizia terribile come l’incidente accaduto a sua sorella
Paloma nel 2010. “Una sua amica busso’ alla mia porta alle
quattro del mattino. Mi disse che mia sorella era precipitata
dalla finestra del suo appartamento. Ero in boxer e T-shirt,
corsi fuori, senza vestiti, senza scarpe. La polizia mi
blocco’. Mi dissero che potevo scegliere: aspettare che
arrivasse l’ambulanza o andare da lei subito. Pensai che dovevo
vedere con i miei occhi che cosa era successo per poter
affrontare la situazione. Da allora non sopporto le persone che
bussano. Fuori dal mio camerino c’e’ sempre un cartello: ‘Non
bussate'”. “Come ho reagito a quello che ero successo?”, si
domanda poi il cantante. “All’inizio in maniera razionale: ho
cancellato tutti i miei impegni di lavoro per rimanere vicino a
lei. Poi, appena ho saputo che non era in pericolo di vita,
sono scappato. Ho preso un volo per Montreal. La prima notte
che trascorsi la’ scrissi ‘Underwater’, il giorno dopo ‘Origin
Of Love’. Non sapevo che cosa avrei fatto dopo”. Mika racconta
anche che prima di partire aveva detto addio al suo compagno,
il film-maker di origini greco-inglesi Andreas Dermanis, con
cui ha una relazione da otto anni. “Gli ho detto che non sarei
piu’ tornato. E’ stata l’unica volta che ci siamo lasciati. Per
riconquistarlo ho dovuto darmi parecchio da fare. Quando mi ha
rivisto non mi ha detto: ‘Prego, accomodati…'”. (AGI)