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(AGI) – Singapore, 30 mag. – Continua a salire la tensione nel Pacifico tra Stati Uniti e Cina. Il ministro della Difesa americano, Ashton carter, ha chiesto alla Cina di “fermare immediatamente e permanentemente” i lavori “contrari sia al diritto che alle norme internazionali” di costruzione di isole artificiali e allo schieramento su queste ultime di forze militari per rivendicare il controllo degli arcipelaghi contesi del Mar Cinese meridionale. Cosi’ arter al summit sulla sicurezza di Singapore dove, dopo aver riconosciuto anche che altri Stati hanno costruito avamposti negli arcipelaghi contesi (ha citato i 48 realizzati dal Vietnam, gli 8 delle Filippine, i cinque della Malaysia e l’unico di Taiwan) ha pero’ puntato il dito contro la voracita’ di Pechino: “Ma c’e’ ancora un Paese che si e’ spinto oltre e piu’ rapidamente degli altri. Ed e’ la Cina. La Cina ha reclamato oltre 2.000 acri (oltre 800 ettari), piu’ di tutti gli altri pretendenti messi insieme e piu’ di quanto sia mai successo in tutta la storia della regione. E la Cina lo ha fatto nei soli ultimi 18 mesi. Non e’ chiaro fino a dove la Cina si spingera’ ulteriormente. Ma questo e’ il motivo per cui questo braccio di mare e’ diventato fonte di tensione nella regione e fonte di titoli da prima pagina nel mondo”. Carter ha quindi confermato la posizione statunitense sulle rivendicazioni territoriali cinesi, che includono una zona da cui passano 5 mila miliardi di dollari di merci ogni anno e dove ci sono importanti giacimenti energetici (alle Spratly e alle Paracels). Il capo del Pentagono ha pertanto ribadito che le forze armate statunitensi, nadi e aerei, continueranno ad attenersi al principio della “liberta’ di navigazione” e proseguiranno a passare in quelle che ha chiamato “acque internazionali”, trovandosi anche a 1.000 km dalle coste cinesi (ma all’interno della storica, per i cinesi, cosiddetta “area delle nove linee tratteggiate” che abbraccia l’80% del Mar Cinese Meridionale), che invece Pechino ritiene proprie acque e spario aereo interno. La Cina, infatti, fa partire non dalle coste sulla terraferma ma da quelle delle isole contese su cui ha realizzato avamposti e basi, il limite delle 12 miglie nautiche. Finora le navi e gli aerei Usa si erano avvicinati ma non avevano oltrepassato questo limite delle 12 miglia nautiche, temendo di innescare una reazione cinese, foriera di una possibile escalation globale. Su questo nei giorni scorsi si e’ ripetutamente sfiorato un primo incidente in mare, quando una nave da guerra e’ passata accanto ad un arcipelago rivendicato da Pechino. Un altro caso’, quando marinai cinesi hanno ordinato ad un aereo da ricognizione militare Usa (P8-Poseidon) a bordo del quale, irritualmente, era stata imbarcata una troupe della Cnn che ha riportata la notizia, di allontanarsi per 8 volte dal loro spazio aereo. Carter alla fine ha comqune sottolineato che gli Usa “per prima cosa vogliono una soluzione pacifica a tutte le dispute. A tal fine si deve porre immediatamente e permanentmenete fine a tutte le rivendicazioni di terra da parte di tutti i pretendenti. E ci opponiamo ad ogni ulteriore militarizzazione (riferimento a due batterie di cannoni avvistati su una delle isole artificiali cinesi, ndr) delle strutture contese”. Carter ha quindi esortato Pechino a “non commettere errori (di valutazione): gli Usa voleranno, navigheranno e opereranno ovunque le leggi internazionali lo consentono cosi’ come le forze (armate ) Usa fanno in tutto il mondo. L’America, al fianco dei suoi alleati e partner nella regione, non si asterranno dall’esercitare questi diritti, diritti comuni a tutte le nazioni. Dopo tutto trasformare alcuni scogli sotto il pelo dell’acqua in una pista d’atterraggio non consente di esercitare i diritti di sovranita’ o consente di limitare i diritti di transito internazionale aereo o marittimo”. (AGI)