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AGI – La domanda da porsi dopo la vittoria di Djokovic su Tsitispas all’Australian Open che riporta il serbo al numero uno della classifica Atp (dopo aver chiuso da primatista il 2011, il 2012, il 2014, il 2015, il 2018, il 2020 e il 2021) non è tanto quanto potrà durare ancora nel tempo il suo dominio sul tennis mondiale. Ma quale sarà il prezzo che Nole, (oggi al decimo titolo Melbourne e al 22 titolo Slam, come Nadal) pagherà nel prossimo futuro, per essersi sottoposto allo stress pazzesco che gli sta permettendo, a 35 anni, di essere un tennista pressoché inarrivabile per tutti gli avversari.

Quanto resisterà? Per quanto tempo reggerà il coinvolgimento emotivo che gli permette di giocare un tennis dove ogni singola palla finisce esattamente dove desidera e nel momento in cui lo ritiene opportuno? Sarà anche una questione di testa, cuore e zebedei: parti che Nole, appena concluso il match contro Tsitsipas, ha indicato col suo dito indice, quasi a disegnare sul suo corpo una geografia della superiorità. 

Ma più passa il tempo più è chiaro che Nole domina come trascinato da una super motivazione interiore. Che certo gli presenterà prima o poi il conto, come la crisi nervosa di cui è stato vittima nel post match ha dimostrato. Ma per il momento è ancora profondamente dominante.

Nick Kyrgios ha postato su Twitter il suo parere in merito: “Quest’uomo vincerà 28 titoli Slam, almeno”. Il punto è proprio questo: ciò che spinge Nole ad accettare quello stress che scarica metodicamente sul suo team (una pratica non casuale) è la prospettiva di diventare davvero, e senza più alcuna obiezione possibile, il Goat, il più grande di tutti i tempi. Titolo che è stato via via assegnato ai grandissimi del passato e del presente: ma che troverebbe un titolare fisso se Kyrgios dovesse avere ragione.

Non si tratta solo di sopravanzare Nadal nella classifica dei titoli Slam vinti oppure di puntare a quel Grande Slam cui già una volta in carriera è andato vicino, prima della pandemia e del relativo pasticciaccio no vax. Ma della somma di tutti questi traguardi. Un obiettivo che ha il sapore della leggenda. In questo momento storico c’è un’atleta che a sua volta ha l’opportunità di entrare nel mito: è l’americana Michaela Shiffrin che è a una sola vittoria del record di 86 successi in Coppa del mondo detenuto da un monumento come Ingemar Stenmark.

Ma è chiaro che una disciplina come il tennis, la cui stagione dura ormai quarantotto settimane l’anno, ha il potere di consegnare un titolo di GOAT che va oltre i confini stessi della disciplina per abbracciare lo sport nella sua totalità. Djokovic (i cui successi australiani sono stati salutati con particolare enfasi dai no vax di tutto il pianeta) è condannato a ritrovarsi anche al centro del dibattito politico internazionale: la polemica sul padre e il suo festeggiamento con i tifosi russi fuori dalla Rod Laver Arena non è stato che l’ultimo episodio di una lunga serie.

Ma Nole sa che è proprio da questa sua centralità che dovrà guardarsi se vuole ambire a diventare il più grande sportivo di sempre. Il suo motore emotivo sta producendo il massimo sforzo e prima o poi potrebbe chiedergliene conto, ogni surplus di tensione potrebbe minare dall’interno il suo progetto. “Spero di essere qui il prossimo anno”, ha detto Nole sollevando la Coppa. E quel “forse” è indice probabilmente di una consapevolezza che già oggi è sinonimo di grandezza.