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Jannik Sinner nel suo primo turno agli Internazionali Bnl d’Italia si è ‘sbarazzato’ dello spagnolo Pedro Martinez, numero 40 del ranking mondiale in un’ora e 24, due set (6-4, 6-3) e con il tifo del campo centrale by night. 

Lo scontro con Fognini

Ne resterà uno solo. Perché domani il derby Fognini-Sinner del secondo turno deciderà chi sarà l’unico azzurro che dopo la disfatta collettiva, maschile e femminile, nei primi turni, terrà alta la bandiera italiana negli ottavi del tabellone. Ma l’importanza del match in scena sul Centrale, alle 19, non si deve solo a una questione di rappresentanza italica nel Master 1000 della Capitale, privato, già prima di cominciare, del romano Matteo Berrettini e dell’altro infortunato Lorenzo Musetti.

Fogna contro the fox, come si fa chiamare Jannik, derby italico e anche calcistico (Fabio tifa Inter, Sinner è pazzo per il Milan) che dividerà il pubblico del Foro, è una primizia assoluta: tra i due, che sono diventati coppia a sorpresa nel doppio di Davis (ma qui a Roma Fognini è tornato con il compagno storico Simone Bolelli) non ci sono precedenti.

Da una parte il 34enne ligure, alla sua 17esima partecipazione agli Internazionali, oggi sceso al 57esimo posto del ranking ma tre anni fa al nono posto, 17 milioni di dollari incassati in carriera in montepremi che dopo la vittoria contro Thiem ha dichiarato che continuerà a giocare finché conserverà la capacità di arrabbiarsi (speriamo un po’ meno di quanto ha fatto finora).

Dall’altra il ventenne Sinner, alla sua quarta partecipazione agli Internazionali (nel 2019 approdò per la prima volta nel tabellone principale di un Master 1000 dalle prequalificazioni), numero 13 del ranking mondiale (già 9, il suo best ranking lo scorso anno) un percorso da tennista prodigio che ha avuto la sfortuna di essere offuscata da uno che è più giovane di lui, il diciannovenne Alcaraz.

La sfida Fognini-Sinner in fondo, riveduta e corretta, è una riedizione di quella che a Madrid, pochi giorni fa, ha segnato il rito di passaggio generazionale Nadal-Alcaraz con la prima vittoria del ragazzino.

Le similitudini (da una parte la Spagna, dall’altra l’Italia, ‘veterano’ contro giovane rampante) sono evidenti, ma i contenuti dello scontro sono ben diversi. Il derby spagnolo ha messo di fronte il totem recordman degli Slam (21) con il ragazzino oggi numero 6 delle classifiche che si prepara a diventare il più forte del mondo (Pietrangeli scherzando ha detto che per vincere un set con lui servirebbe dargli una coltellata).

Sulla terra rossa di Roma andrà in scena uno ‘scontro di speranze’. Quelle che hanno accompagnato la carriera di Fognini, ricca sì di risultati (nove titoli tra cui un Master 1000, quello di Montecarlo 2019) ma che con un braccio come il suo avrebbe potuto dargli maggiori soddisfazioni se madre natura gli avesse regalato qualche centimetro in più (è alto 1,78 in un mondo di giganti, Schwartzman escluso) ma soprattutto se non fosse stata autosabotata da rabbia e intemperanze varie, prima ancora che dagli infortuni.

Dall’altra parte della rete c’è il prodigio di San Candido, alto 1,88, cinque titoli vinti in carriera che, vuoi per le vesciche ai piedi, vuoi per ostacoli agonistici (vedi Alcaraz) vuoi per crisi di crescita, qualche rallentamento di troppo lo ha avuto: i tre game appena rimediati contro Auger Aliassime a Madrid ancora bruciano. Domani, ranking, età e risultati alla mano, il favorito è lui, ma Fognini, si sa, può essere imprevedibile. E per il futuro di Jannik, Simone Vagnozzi, che ha preso il posto di Riccardo Piatti, il coach che l’ha cresciuto, sostiene che può diventare più forte di Alcaraz. E se cominciasse la salita vincendo gli Internazionali?