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AGI – Nico Mannion, 19 anni, è la 48esima scelta assoluta del draft Nba, edizione 2020. Ma quella dell’azzurro a stelle e strisce non è stata una serata facile visto che molte previsioni della vigilia lo davano in una posizione migliore. Ma ciò che conta, però,  è che il giovane italo-americano, nato a Siena e già frequentatore della Nazionale, sta coronando il suo sogno di giocare in Nba anche se dovrà sudarsi ogni singolo minuto sul parquet.

A sceglierlo è stata Golden State, franchigia di grande prestigio, guidata in panchina da un campione come Steve Kerr, uomo fidato di Micheal Jordan ai Bulls, e sul campo da Steph Curry, una delle stelle del campionato e da sempre punto di riferimento per Nico. Un ambiente, quello di San Francisco, che sembra essere ideale per coltivare il suo talento e raddrizzare un po’ di dubbi sorti dopo il suo parziale anno al College, ad Arizona, fortemente condizionato dal Covid e da percentuali al tiro non sempre in linea con le aspettative.

Congrats @niccolomannion https://t.co/DX3AcdJSi5

— Stephen Curry (@StephenCurry30)
November 19, 2020

Ma le qualità di lettura e comprensione del gioco di Mannion sono indiscusse così come, altro lato della moneta, la sua ‘piccola’ taglia per gli standard Nba. Nico ora dovrà superare ora tutti punti interrogativi che gli scout del più importante campionato di basket del mondo hanno posto sopra la sua testa e riscattare i giudizi espressi negli ultimi mesi.

Buon sangue non mente

Nelle vene di Niccolò scorre sangue americano. Il papà, Pace Mannion, ha fatto le fortune di Cantù che anche grazie alle sue prodezze, 35 punti in finale contro il Real Madrid, conquista nel 1991 la coppa Korac, una delle più importanti manifestazioni europee di allora. Pace arriva in Brianza dopo una discreta carriera al college, a Utah, e 6 anni, piuttosto altalenanti, nella Nba. Il suo esordio però è stato proprio a Golden State, come il figlio, particolare notato anche dai Warriors che questa notte lo hanno celebrato sui social mettendo insieme le foto di padre e figlio e la scritta “Like father, like son”.

È calcando i nostri parquet, giocherà anche con le maglie di Treviso, Caserta, Reggio Emilia, Fabriano, Roseto, Siena e Cefalù, che Pace trova la sua dimensione come giocatore di pallacanestro. Nella sua annata senese conosce poi una ragazza, Gaia Bianchi, quattordici anni più giovane di lui. è una giocatrice di pallavolo professionista con un passato nella nazionale italiana juniores. Un grande talento, anche lei. Un’eredità che Nico, nato proprio a Siena, ha anche pensato di inseguire prima della decisione di dedicarsi interamente al basket: “All’high school c’era la possibilità di provare anche lo sport di mia madre, ma io mi sento un cestista“. Del resto anche la mamma di Steph Curry, stella dei Warriors e neo-compagno di Nico, era una pallavolista di discreto livello.

words can’t explain how excited i am for this opportunity!! #DubNation

— niccolo (@niccolomannion)
November 19, 2020

Il ritorno negli Usa

Dopo l’ultima stagione in Sicilia, Pace, che ha 42 anni, decide di appendere le scarpette al chiodo. La famiglia Mannion fa ritorno negli Stati Uniti d’America quando Nico ha appena due anni. Ma l’Italia rimane presente nella sua vita con le estati da passare a casa, l’italiano che mamma Gaia vuole si parli a casa e le ‘doppiè radici apprese fin dalla tenera età.

Il papà, nel frattempo, ha accettato di diventare analista televisivo per la squadra di Utah, i Jazz, che segue anche durante i playoff. Nel 2010, durante una serie di playoff tra Lakers e Jazz, il dodicenne Nico incontra Kobe Bryant, il suo idolo che, inaspettatamente, gli parla in italiano. Anche le loro storie hanno dei punti in comune. Il papà di Kobe, Joe, venne a giocare nel nostro campionato, a Reggio Emilia.

Anche quella fu una storia di andate e ritorni. E così, visto che Bryant in quel momento era già soprannominato “Black Mamba” per il suo essere letale con il pallone in mano, qualcuno inizia a chiamare il giovane Nico “Red Mamba”, sempre per quei capelli un pò strani. Un nomignolo, come racconta La Giornata Tipo, non tanto apprezzato. Almeno se messo in confronto con “Ginja Ninja”, scelto dai suoi amici.

Footage of Nico Mannion going 16/20 (80%) in the 3-Point Star Drill. @P3sportscience conducted a simulated NBA Combine for Mannion in Santa Barbara where he measured a 43 inch max vertical leap, among other impressive athletic testing numbers. pic.twitter.com/55BTBJrSDB

— Jonathan Givony (@DraftExpress)
November 12, 2020

 

Bruciare le tappe

Nel 2017, la popolarità di Nico cresce anche grazie a un articolo molto dettagliato che Sport Illustrated gli dedica. L’autore, Chris Ballard, inizia il suo racconto descrivendo una sua schiacciata e usando due parole, “basketball prodigy”. Un prodigio. Un predestinato, insomma. Un’etichetta pesante per chi ha quasi 16 anni e già diverse offerte dai migliori college americani. In quel momento Nico ha già centomila follower su Instagram (ora ne ha quasi 450 mila), mangia una quantità enorme di biscotti Oreo, un’altra grande passione, e cerca di gestire la prima botta d’adrenalina che la notorietà sta dispensando.

Nell’articolo, infatti, si racconta come la prima chiamata da un college sia arrivata quando Nico frequentava l’equivalente della nostra terza media. Prima, cioè, che iniziasse l’High School. Un’offerta, quella della California State University, e dell’allenatore ex NBA Reggie Theus, che avrebbe fatto girare la testa a qualunque altro tredicenne d’America. Quel tredicenne, dall’accento italo-americano molto marcato, ha ancora tanta strada da fare prima di ritrovarsi ad essere scelto da una franchigia NBA. La prova? La sconfitta, 1 contro 1, con il papà Pace durante il suo 56esimo compleanno.

Nel frattempo, i Mannion si sono trasferiti in Arizona, vicino a Phoenix. Nico continua a giocare nonostante quei capelli arancioni che non sarebbero proprio il tratto principale del campione di basket ma che, almeno per papà Pace sono un’arma da sfruttare: “Ogni avversario ti concederà cinque minuti. Cinque minuti che gli servono per superare ogni suo pre-concetto”.

Il primo assaggio di notorietà, Nico, lo ha dopo una schiacciata in una partita, quella raccontata nell’articolo di Ballard. Un’azione, pubblicata sul social Vine, che viene rilanciata da un giornalista di Mashable su Twitter, da Brandon Jennings, giocatore Nba passato anche lui dall’Italia, e da Ezekiel Elliott, stella dei Dallas Cowboys. Le conseguenze sono immediate. I

suoi follower sui social crescono di migliaia nel tempo di una cena. Poco tempo dopo, Dan Majerle, ex stella dei Suns, gli propone una borsa di studio e un posto fisso alla Grand Canyon University, a due passi da casa. Ma nel frattempo si fanno vivi anche Arizona, San Francisco, Utah State e Utah, il college frequentato da papà Pace.

Nico riceve le attenzioni di sei Università prestigiose ancora prima di entrare a far parte della squadra della Pinnacle High School, con cui inizia a giocare nel 2016 dove conquisterà il titolo di miglior giocatore del campionato statale. La scelta finale è quella di Arizona. Un college di grande tradizione, non lontano da casa. Ci rimane come detto un solo anno, non facilissimo e un po’ ondivago per quanto riguarda numeri e prestazioni.

Mannion mostra tutto il suo talento ma incappa anche in qualche giornata storta di troppo al tiro. Le sue quotazioni per la Nba scendono durante l’anno della pandemia che cancella lo sport universitario e brucia gran parte della stagione. La taglia fisica fa il resto e Nico scivola nelle scelte della squadre Nba fino alla numero 48. Quel sogno Nba, insomma, è ancora vivo ma Nico, ora, sotto l’ala di Curry, dovrà conquistarsi ogni singolo minuto che il coach, Steve Kerr, altro ex giocatore di visione, intelligenza e scarsi mezzi fisici, gli concederà.

⭐️ NBA DRAFT!

@niccolomannion ci parla del suo rapporto con l’Italia, con @italbasket e come per lui sia fondamentale mantenere connessioni e legami!

⚡️ Non perderti l’#NBADraft!
Questa notte | 2:00
LIVE su @SkySportNBA e app NBA! pic.twitter.com/t1kiiVkfZL

— NBA Italia (@NBAItalia)
November 18, 2020

La nazionale azzurra

C’è stato un momento in cui la nazionale italiana avrebbe potuto perdere definitivamente la possibilità di convocare Nico Mannion. Nel giugno del 2017, il ragazzo italo-americano viene incluso nella lista dei 32 possibili giocatori che andranno a comporre il team della nazionale USA ai campionati U-16 che vedono coinvolte tutte le squadre delle Americhe. Dall’Argentina, padrona di casa, a Porto Rico, dal Messico al Canada. Nico, per ‘fortunà dell’Italia, viene tagliato nell’ultima selezione.

Appena due mesi dopo, Pino Sacripanti, assistente della nazionale, e Antonio Bocchino, selezionatore della squadra Under 16, non perdono tempo e lo convocano per l’Italia. è agosto, manca pochissimo all’inizio del campionato europeo di categoria. Nico viene aggregato alla squadra a una settimana dall’esordio. L’Italia. alla fine, arriva nona nonostante le sue prestazioni (20 punti, 6 assist e 4 rimbalzi a partita). Ma è dopo aver segnato 42 punti alla Russia che il suo nome trova spazio nei giornali e nei siti.

Eppure non basta. Per non rischiare di perderlo c’è bisogno di una convocazione da parte della nazionale maggiore che arriva nell’estate del 2017. Sacchetti lo include nel team impegnato nelle qualificazioni al prossimo Mondiale.

A 17 anni e 3 mesi è il quarto più giovane della nostra storia a esordire con la maglia dell’Italia. Prima di lui solo Nesti, Riminucci e un certo Dino Meneghin. E la sua mano non trema neanche in questo caso, come dimostra la partita con l’Olanda. Insomma, se il suo futuro in Nba è incerto, non lo è certamente quello con la maglia azzurra di cui diventerà sicuramente uno dei prossimi leader.