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Con otto medaglie olimpiche nelle ultime quattro edizioni consecutive e tre nella sola edizione di PyeongChang 2018, Arianna Fontana è nella leggenda dello sport italiano della neve e del ghiaccio.

Dopo le fondiste Stefania Belmondo e Manuela Di Centa, entrambe con due ori olimpici ma con la prima arrivata a quota dieci e la seconda fermatasi a sette, la valtellinese dello short track con il bronzo di oggi sui 1000 metri è entrata ancor di più a fondo della storia.

Ary e Sofia Goggia, oro in discesa libera, sono le due donne dell'Olimpiade coreana per i colori azzurri. Manuela Di Centa è stata l'unica delle tre a vincere ben cinque medaglie in una sola edizione. Accadde nel febbraio del 1994 a Lillehammer (2 ori, 2 argenti ed un bronzo).

Stefania Belmondo ad Albertville nel 1992 ne vinse tre. Osservando il medagliere assoluto dello sport azzurro alle Olimpiadi, comprese quelle estive, Arianna Fontana, alfiere a PyeongChang, è la quinta sportiva italiana più medagliata e con otto medaglie ha raggiunto la fiorettista Giovanna Trillini (vanta ben 4 ori). Davanti a loro due, oltre a Belmondo e Di Centa, ci sono gli schermitori Edoardo Mangiarotti con 13 (di cui 6 ori), Valentina Vezzali e Giulio Gaudini, entrambi con 9. 

A 27 anni, Arianna Fontana è la veterana di quattro Olimpiadi, già campionessa d'Europa e del mondo, con una consapevolezza e una sicurezza gigantesca. Armi indispensabili per infilarsi con perizia ed esperienza in quel solito groviglio di corpi impazziti e lottare a ogni metro, come in uno sprint per la sopravvivenza, fra lame che stridono sul ghiaccio e gente che urla di eccitazione in tribuna. 

Ary, “fuoco sul ghiaccio”, come si definisce lei, ha sposato Anthony Lobello, pattinatore italo americano che ha corso per gli Stati Uniti e poi per amore ha rappresentato l’Italia insieme col suo amore all’Olimpiade di Sochi, finché non ne è diventato anche l’allenatore. “Non è un rapporto facile, litighiamo spesso, ma non c’è giorno che non lo ringrazi per l’aiuto e il sostegno che mi dà”. Così come non è facile alternarsi fra Valtellina, Courmayeur e Florida. Il paradiso – “adoro il mare” – dove la portabandiera azzurra vede il suo futuro.

Futuro, una parola chiave: ”Gli ultimi anni non sono stati facili, dopo Sochi volevo smettere, ma è bastata una gara dalla tribuna, da spettatrice, mentre ero ferma, e la voglia è tornata subitoHo capito che avevo ancora fame di vincere, è quella che mi fa superare fatica e sacrifici, perché so che c’è un dopo, con le soddisfazioni più grandi”. Non solo gli amati 500, anche i 1000: “Per me, da sempre, la gara più difficile”.

Ma l’ha appena dominata, centrando il settimo trionfo europeo e agganciando Evgenia Radanova come più vincente di sempre a livello di vecchio continente. E poi? “Poi mi piacerebbe darmi da fare nello short, ricreare il movimento perché è uno sport ancora poco conosciuto e solo in alcune zone del nord Italia si può praticare. Bisognerebbe estendere su tutto il territorio italiano un progetto per far crescere questo sport incredibile. È qualcosa che sicuramente mi piacerebbe fare, se ci fossero le possibilità, una volta finita la mia vita da atleta”.

Lo short track è duro, lo short track è una corsa folle su un pista poco più grande del campo da hockey, lo short track è in massa e senza corsie e perciò permette i contatti fra gli atleti, lo short track nasce in Canada a Calgary nel 1988 ma diventato sport ufficiale ai Giochi solo nel 1992 ed è stato poi adottato in Asia, e a Pyeongchang sarà una giostra bianca ancor più frenetica dalla quale i padroni di casa coreani si aspettano tutte le medaglie, o quasi. Lo short track è giovane, giovanissimo ed è bello, bellissimo per Arianna Fontana: “Velocità, sorpassi al limite, cadute impreviste, in un attimo può capitare sempre di tutto. Si vive di istinto, è adrenalina pura. Come lo vedi ti affascina, ti conquista”.