Ultime News
Share on FacebookShare on Google+Tweet about this on TwitterEmail this to someone

(AGI) – Roma, 19 lug. – C’e’ spazio solo per il rock nella serata dei Muse: nessuna introduzione, nessuna invocazione al pubblico per solleticarne il facile entusiasmo, nessuna pausa. Unica concessione all’autocelebrazione e’ l’assolo indiavolato che Matt Bellamy esegue con la chitarra dietro la testa nella bellissima ‘Plug in Baby’. Ma anche questo e’ rock, puro nella sua essenza. Nell’ora e mezzo del concerto non lasciano respiro agli spettatori e la loro musica parla ininterrottamente per loro, trasformandosi senza soluzione di continuita’ tra una mescolanza di generi al susseguirsi dei pezzi del repertorio. Ci si lascia trascinare dal dubstep di ‘Psycho’, passando per le sonorita’ elettroniche e distorte di ‘Supermassive Black Hole’ e i toni appassionati di ‘Starlight’, fino al falsetto di ‘Knights of Cydonia’, mentre allo stesso tempo sembra con difficolta’ acquisire concretezza il messaggio che l’angoscia per un mondo dominato da guerre e burattinai, con l’umanita’ irretita da schemi sociali e politiche che si e’ imposta nel tempo, possa lasciare spazio alla speranza di una rivolta tramite l’amore, la lotta del singolo e la pazzia rigeneratrice. La piu’ grande certezza che ci rimane e’ comunque che il tempo dei Muse non sta scorrendo via come recita il loro brano piu’ coinvolgente, ma continueranno per lungo tempo a essere musicisti straordinari, animali da palcoscenico e cantori di una modernita’ apocalittica. (AGI) .