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AGI – Forse lo studio di Kant e del suo celebre aforisma che unisce la Natura e l’Anima, l’Esterno e l’Interno, il canto delle stelle e la musica del cuore, hanno dettato dalla giovane Camilla Ghiotto un romanzo dal titolo  “Tempesta” (edizioni Salani-Le Stanze), che non vuole essere solo un romanzo ma anche una sorta di diario che a tratti prende la piega dell’autobiografia, della confessione di un fallimento, per poi ripiegare nella ricerca di sé e diventare un gioiellino della narrativa giovanile.

Camilla Ghiotto ha 24 anni e ne aveva 17 quando ha perso suo padre di cui ha potuto “vivere” poco dal momento che fra i due la differenza di età è di 75 anni. Ma un padre che da subito è per te anziano, da quando cioè vieni al mondo, se a volte suscita sentimenti difficili perché non è giocherellone come quelli delle amiche, un giorno diventa un tesoro. Un tesoro postumo, perché se ne capisce il valore, quando il genitore non c’è più e perché si ha l’età giusta per comprendere.“Tempesta” è il nome “in codice” del padre. E già questo indizio vuol dire molto….

Camilla Ghiotto oggi è adulta, divenuta tale attraverso un rapporto molto speciale: quello tra una figlia diciassettenne e un padre di novantadue, alla ricerca di un senso della vita mediante l’aiuto, complesso e pieno di domande irrisolte nei libri e nei pensieri di un genitore anziano, ma nello stesso tempo portatore di una vita densa e affascinante. Ne è venuto fuori un libro che si fa leggere, che fa pensare, che disegna i dolori, le speranze le scelte di una stagione della nostra storia e di ciò che lascia dietro di sé a chi resta, una sorta testamento spirituale che si riassume nel kantiano messaggio “il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”.   

Il testamento di un uomo da lasciare ai giovani alla ricerca di un senso del Tutto, che dalla vicenda di un comandante di una brigata partigiana, ha conosciuto il travaglio delle scelte, anche difficili di una lunga stagione della vita. Kant gira sulle pagine del libro perché come ha spiegato all’AGI l’autrice, “studio filosofia e quell’autore veniva citato da mio padre molto spesso”.

Come mai?

“Mio padre – racconta l’autrice –  ha fatto studi tecnici, i quelli classici. I ragazzi che erano con lui, durante la sua vita da partigiana  lo hanno introdotto agli studi classici, alla letteratura e alla filosofia. Durante la notte parlavano di questo quando erano nascosti in gruppo, e tra l’altro avevano anche dei libri che se li erano portati dietro per un po’ come compagnia. Quindi, quando mio padre parlava della resistenza e mi raccontava episodi, citava ogni volta questa frase di Kant sul cielo stellato per spiegarmi come quella legge morale fosse unica. Una legge che  aveva seguito per diventare partigiano”.

Il romanzo, o forse una ricerca interiore, scritto bene in un ottimo italiano, è in realtà diviso nel racconto di momenti, di vicende, di dettagliate storie di vita partigiana nelle montagne e del travaglio della fame, del freddo e del coraggio di giovani vite sacrificate per una patria perduta, in un grido di libertà. La descrizione di quella vita partigiana si mescola con la ricerca di una figlia che dallo scrigno del tesoro di una vita del padre, tra studio, politica e ricerca morale cerca di trasmetterle la via per riappropriarsi di un modo nuovo di sfogliare l’eterno libro della vita. Camilla Ghiotto ha potuto scriverlo perché alla morte del padre, ha trovato un manoscritto, una sorta di diario delle vicende partigiane di suo padre.

Conosceva la storia del genitore ma non immaginava che ci fossero, nascoste, quelle carte. Il libro è in fondo, l’incontro – scontro di una diciassettenne con un uomo di oltre novanta anni che ha vissuto intensamente una vicenda che ci ha segnato tutti e che vuole nella drammaticità del travaglio personale di quegli uomini, costruire le basi solide di un futuro migliore. La ragazzina diciassettenne cerca nei ricordi della guerra partigiana le tracce di quel lascito e lo insegue anche nel nuovo mondo in Argentina per completare la sua ricerca dovunque la forte personalità del padre ha saputo mettere insieme per lei la cosa più bella che un padre può trasmettere a chi verrà dopo di lui: il suo cuore sotto il cielo stellato.

Da dove quindi nasce l’esigenza di scrivere questo libro?

“Dopo la sua morte ho trovato il manoscritto in cui raccontava dell’anno che aveva vissuto da partigiano. E a partire da quello, leggendolo mi sono fatto alcune domande riguardo al presente, alla mia condizione di giovane d’oggi: la mia generazione alla sua stessa età per ovvi motivi è completamente diversa dalla sua. Lui aveva 19 anni quando è diventato partigiano e quindi leggere di quel ragazzo che era, in una situazione di quel genere, mi ha portato a confrontarmi con il presente a farmi delle domande. Da qui è nata l’esigenza di scrivere anch’io un libro su di noi. Fra me e mio padre c’è una notevole differenza di età. Ed è stato proprio questo che ha reso difficile, per molto tempo, la possibilità di avere un rapporto con lui quando era in vita. Abbiamo ben 75 anni di differenza che non è poco”.

Un divario notevole…

“Un divario che ha fatto sì che quando ero piccola, da lui volevo altro. Non volevo un padre che era già nella stagione finale della sua vita per cui passava molto tempo a leggere seduto sul divano. Non faceva le cose che facevano gli altri padri più giovani. Per cui – ha spiegato Ghiotto – ci siamo incontrati e scontrati in momenti reciproci delle nostre vite che non potevano per forza combaciare e quindi questo ha reso abbastanza difficile il rapporto. Paradossalmente, io l’ho conosciuto di più ed ho compreso che non eravamo poi così tanto diversi, dopo la sua morte quando sono venuta  a conoscenza di questo manoscritto, quando messo la mano su alcune cose sue”.

Poi, da grandi tante cose si capiscono meglio

“Esatto a grande potevo anche comprendere meglio la sua storia e quindi fare anche un paragone con il mio tempo”.

Quanto è importante, indipendentemente dalle opinioni politiche del caso, che i ragazzi oggi  conoscano questo periodo storico, abbraccino soprattutto il concetto di “resistenza” per combattere chi vuole toglierti la libertà, più in generale per la libertà?  

“Molto importante a partire dalla scuola. Se non si studia questo, non si capisce come siamo arrivati qui. Anzi, i programmi di storia contemporanea andrebbero approfonditi meglio. E in generale, avere consapevolezza del passato nel vissuto di oggi è importante anche perché molte delle battaglie  che noi ragazzi perseguiamo come quelle della questione ambientale,  per i diritti civili o lo stesso  femminismo, non nascono oggi. Di queste lotte noi ora ne siamo portavoce ma prima, sono state condotte da altri per noi, Sono battaglie novecentesche. Quindi avere consapevolezza di quello che è stato, per noi giovani è molto importante. Non si può non avere una memoria storica.  E quindi, è bene farsi delle domande anche sulla resistenza. La memoria deve essere attiva, consapevole e fare da bussola per il futuro”.

Camilla Ghiotto avrebbe mai fatto il partigiano?

“Me lo sono chiesto tante volte. Penso di sì alla fine.Leggendo quel manoscritto mi sono resa conto che quello che avevo studiato a scuola era molto poco. Nei libri non ci sono tracce di testimonianze cosi. E soprattutto, non va trascurato il fatto che oltre all’idea del partigiano eroe coraggioso c’è anche la paura, il terrore vero e proprio che quei ragazzi avevano. Diventare partigiano doveva essere molto difficile. Per come sono oggi, mi viene quasi impossibile immaginarmi come mio padre. Ma se fossi vissuta in quell’epoca o ci fossero oggi quelle condizioni, mi auguro di avere il coraggio di farlo anch’io, anche con la paura”.