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AGI – Sarà Atene la protagonista della scena artistica mediterranea nella nuova edizione di Arco, la Fiera Internazionale d’Arte Contemporanea della Spagna che inizia questo mercoledì a Madrid. Superato il disastro della crisi finanziaria e l’occasione un po’ persa di Documenta nel 2017, la città greca dà ora fondo a tutte le proprie energie e si pone come principale epicentro del mondo dell’arte.

Del resto, i quartieri della capitale greca pullulano di gesti creativi ovunque, dai murales ai graffiti, talvolta commissionati o sponsorizzati direttamente dalla Fondazione Onassis, una delle grandi strutture private che sostengono lo sviluppo dell’arte contemporanea greca.

Nella manifestazione spagnola della prossima settimana, il cui titolo è “Il Mediterraneo, un mare rotondo”, Atene è la città forse meglio rappresentata, “riflesso indiscutibile della fragile ma determinata effervescenza che l’ha caratterizzata negli ultimi anni”, annota il Paìs. “Siamo più vicini a Marocco, Siria e Turchia che alla Norvegia. Non possiamo continuare a voltare le spalle a questa realtà, quella dei nostri vicini, e ignorare ciò che sappiamo di essere nel profondo: ovvero, che culturalmente siamo fratelli. Il Sud è uno stato d’animo”, afferma la curatrice di questa sezione, Marina Fokidis, una delle principali voci dell’arte contemporanea in città, che fino al 2015 ha diretto la Kunsthalle Athena, apprezzato centro d’arte no-profit.

Atene è riemersa dal suo torpore nel 2017 dopo che Documenta ha scelto la capitale greca come prima sede estera e qui artisti e professionisti della creatività si sono stabiliti rapidamente con base ad Atene. “Sono state inaugurate strutture culturali come l’Emst, sigla che in greco identifica il Museo Nazionale d’Arte Contemporanea e che è dentro un’antica birreria, un edificio razionalista nel centralissimo quartiere Koukaki. Intanto, l’onnipotente Larry Gagosian aveva messo gli occhi sulla città per un’altra sede della sua galleria, che ha finito per aprire nel 2020”, racconta il quotidiano.

Insomma, Atene doveva essere la nuova Berlino, città “povera ma sexy” degli anni Novanta, come recitava il popolare slogan ideato dall’allora sindaco, Klaus Wowereit. Poi, però, improvvisamente tutto s’è fermato: la crisi finanziaria, prima, e la pandemia poi hanno ridotto il settore in uno stato precario dal quale si sta ancora riprendendo. Però anche se Documenta 2017 è finita in un mezzo fallimento e i suoi effetti non sono stati altisonanti, ma è riuscita a provocare un mezzo terremoto nella scena locale, perché alcuni artisti che vi hanno partecipato “sono rimasti in città, hanno sviluppato progetti e aperto laboratori, fuggendo proprio dall’aumento dei costi di Berlino e di altre città europee precedentemente abbordabili”.

E tutto questo potrebbe spiegare bene la sottile effervescenza che sta vivendo oggi la città, a sottile effervescenza che sta vivendo oggi la città, dove negli ultimi due anni hanno aperto 30 gallerie e centri d’arte, secondo i dati del Comune di Atene, oltre a un insieme di 70 musei e fondazioni private, come quelli di Stavros Niarchos o Dest, promossi da Dakis Joannou, uno dei grandi collezionisti del continente.

Secondo l’opinione corrente, ora Atene non è più solo una città dove lasciarsi rapire dal fascino decadente delle rovine o trascorrere qualche ora prima di imbarcarsi per le isole, “ma un luogo dove si respira il polso della cultura contemporanea”.