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Fu compiuta, la conquista spagnola dell'Italia meridionale, anche grazie a un efficiente sistema di comunicazione segreta fra il sovrano Ferdinando d'Aragona il Cattolico e il suo comandante militare, Gonzalo Fernández de Córdoba.

Le lettere che si scambiavano, fossero pure finite in mani nemiche come quelle francesi, non sarebbero state decifrate. Ci è riuscito oggi, a cinquecento anni dagli avvenimenti e dopo sei mesi di lavoro, il CNI, l'agenzia di intelligence spagnola, i cui esperti sono venuti a capo di un codice complesso che utilizzava 88 simboli (tra cui numeri e figure geometriche) e 237 lettere variamente combinate. Ora chiunque può finalmente prendere visione dei messaggi – alcuni lunghi più di venti pagine – nella mostra allestita al Museo dell'Esercito di Toledo.

Numerose le istruzioni del sovrano al Gran Capitan Gonzalo de Córdoba, tra cui una delega a prendere se necessarie tutte le iniziative diplomatiche in Italia, al fine di sveltire le mosse spagnole risparmiando i quindici giorni che impiegava uno scambio epistolare tra il generale e il monarca.

Grande gioco mediterraneo

Si disputò ai princìpi del '500, tra le due potenze europee, un "grande gioco" per il controllo del Mediterraneo il cui fulcro fu la contesa del Regno di Napoli, che Ferdinando riuscì a conquistare nel 1503 e che restò sotto il trono spagnolo fino al 1707. Non fu un'età dell'oro, ma neanche l'epoca interamente nera che spesso s'è tinteggiata: "Superficiale è il giudizio tradizionale, per cui la Spagna fu la causa di tutti i mali materiali e morali del Mezzogiorno (nonché di tutta l’Italia: si ricordi il ritratto della Lombardia spagnola nei Promessi Sposi )" ha osservato uno dei più autorevoli storici, Giuseppe Galasso. "Quando gli Spagnoli nel 1707, per il gioco delle grandi potenze europee, se ne andarono, i problemi del Regno erano gravissimi, ma non tutta la responsabilità ne pesava sulla Spagna. Il Mezzogiorno aveva partecipato di tutte le circostanze della perdita del primato italiano in Europa e del declino del mondo mediterraneo".

Un giudizio che ricalca quello a suo tempo pronunciato da Benedetto Croce: "La Spagna governava il regno di Napoli come governava sé stessa, con la medesima sapienza o la medesima insipienza; e, per questo rispetto, tutt'al più si può lamentare che il regno di Napoli, poiché doveva di necessità unirsi ad altro stato più potente, cadesse proprio tra le braccia di quello che era il meno capace di avvivarne la vita economica, e col quale non gli restava da accomunare altro che la miseria e il difetto di attitudini industriali e commerciali", scrisse il filosofo nella 'Storia del Regno di Napoli'.

"Militari, sposatevi!"

Le lettere decrittate, datate tra il 1502 e il 1503 e giunte a noi nell'archivio familiare dei duchi di Maqueda, sono fitte di istruzioni minuziose sulle questioni relative all'Italia meridionale: invio di truppe, amministrazione della giustizia, raccolta e gestione dei tributi. Non mancano disposizioni su altre materie importanti. Significativa quella di favorire i matrimoni tra le vedove dell'Italia meridionale e i militari spagnoli, quale strumento di integrazione sociale.

Gli esperti dell'intelligence sono riusciti a interpretare le missive in virtù del fortunato reperimento (alquanta analogia con la Stele di Rosetta) di una lettera dal testo parzialmente "in chiaro", servita quale chiave del criptosistema. Eccezionale è pure un crittogramma scritto di pugno dal sovrano al Gran Capitán senza l'opera di un segretario, che fu caso di grande rarità come fu raro un re della statura di Ferdinando il Cattolico. Fondò la successiva potenza spagnola grazie al matrimonio con Isabella di Castiglia e le sue gesta – malgrado Machiavelli vi attribuisse un decisivo contributo di fortuna – sono difficilmente sunteggiabil per importanza. Dalla reconquista della Spagna dopo secoli di presenza musulmana al finanziamento dell'impresa di Cristoforo Colombo per le Indie.