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AGI Uno studio dell’università di Cagliari, pubblicato sulla rivista ‘Nature Communications’, contribuisce a chiarire i meccanismi alla base dell’antibiotico-resistenza. La capacità dei batteri di resistere a un numero crescente di antibiotici potrebbe causare entro il 2050 oltre 10 milioni di morti l’anno, secondo una stima dell’Organizzazione mondiale della sanità. Una maggiore conoscenza in questo campo potrà agevolare lo sviluppo di nuovi farmaci per contrastare quello che potrebbe diventare uno più seri problemi sanitari dei prossimi decenni. Il lavoro del dipartimento di Fisica dell’ateneo di Cagliari è il risultato di una collaborazione internazionale con gruppi di ricercatori dell’università di Birmingham (Gran Bretagna) e del King’s College di Londra. Sono i sistemi di efflusso batterici, oggetto dell’indagine, tra i principali responsabili del fenomeno della ‘multiresistenza’: si tratta di ‘cannoni molecolari’, aggregati di proteine che i batteri impiegano per espellere all’esterno gli antibiotici, rendendoli così inefficaci. La ricerca si è concentrata sull’azione di uno dei più potenti inibitori dei sistemi di efflusso.

Nel dipartimento di Fisica di Cagliari lo studio ha coinvolto la ricercatrice Chiara Fais, nell’ambito del suo dottorato di ricerca in Fisica, e i docenti Giuliano Malloci, Paolo Ruggerone, e Attilio Vargiu. Tra le strade battute per combattere la multi-resistenza, figura l’inibizione dei sistemi di efflusso, in modo da consentire agli antibiotici di accumularsi all’interno dei batteri. “Alcuni gruppi di ricerca, tra cui il nostro”, spiegano gli studiosi del dipartimento cagliaritano, “hanno proposto che gli inibitori blocchino i movimenti del sistema di efflusso necessari a espellere gli antibiotici, ma finora tale ipotesi non era stata dimostrata. In questo lavoro, abbiamo studiato il meccanismo d’azione di uno tra i più potenti inibitori dei sistemi di efflusso. L’indagine è stata condotta combinando esperimenti per misurare la rigidità del sistema di efflusso, effettuati dai nostri collaboratori, con simulazioni computazionali condotte dal nostro gruppo, capaci di spiegare nei dettagli molecolari come l’inibitore potesse causare un eventuale irrigidimento della proteina di efflusso”. La combinazione di esperimenti e simulazioni molecolari adottata in questa ricerca potrà essere applicata sistematicamente ad altri inibitori per capire se questi abbiano un effetto sulla mobilità dei sistemi di efflusso simile a quello del composto studiato.