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C’è un improvviso e repentino contrordine sugli effetti della cannnabis cosiddetta “commestibile”. O anche light, leggera. O, ancor meglio, legale, o per uso terapeutico. Quella con la concentrazione dei principi attivi di THC ridotta e assai temperata. Perché, “a parità di concentrazione dei principi attivi – THC e CBD – fa male almeno quanto quella che si fuma e forse anche di più”. Lo rileva, e al tempo stesso lo rivela, uno studio appena pubblicato su Annals of Internal Medicine, studio che dimostrerebbe che in Colorado, dove la cannabis è legale, “ci sono stati più casi di intossicazione acuta, più disturbi psichiatrici e più problemi cardiovascolari in chi faceva uso di prodotti commestibili rispetto a chi fumava cannabis”, come si può leggere nell’edizione del Corriere della Sera del 15 aprile.

Ormai anche in Italia sono sempre più frequenti i negozi dove chiunque può liberamente acquistare “cioccolato, biscotti, dolcetti, gomma da masticare, birra e ogni genere di prodotto a base di cannabis”. Una recente indagine , per esempio, ne ha censiti nel corso del 2018 ben 713, in crescita del 75% rispetto all’anno precedente.

Un business in crescita, come osservava lo scorso 11 febbraio un’edizione dedicata (“Cannabis, corsa all’oro verde”) di Affari&Finanza, il supplemento economico e finanziario de la Repubblica del lunedì. “Basti pensare  – si legge – che i numeri dell’ultimo rapporto Arcview Market Research e Bds Analytics spiegano che “nel 2018 la spesa globale di cannabis legale ha superato i 12 miliardi di dollari mentre nel 2017 era stata di 9,5 miliardi e nel 2022 potrebbe toccare i 31 miliardi di dollari, una crescita media del 27%”.

Insomma, nel giro di poco tempo decine di Paesi hanno deciso di legalizzare la cannabis terapeutica, che contiene dosi limitate di THC e cannabidiolo, e così la grande corsa all’oro verde è potuta cominciare.

Secondo il Corriere, il business è tuttavia “sostenuto anche dall’idea, abbastanza diffusa, che i prodotti commestibili a base di cannabis facciano meno danni che non fumarla o aspirarne i vapori”. Ma è davvero così? Il punto è che tutto “dipende dal fatto che se uno la fuma o ne aspira i vapori comincia ad avvertirne gli effetti in un paio di minuti, e sopra una certa soglia – che varia molto da un individuo all’altro – c’è un campanello d’allarme (disturbi gastrointestinali, nausea e vomito) e si smette”. “Dimmi che cannabis usi e ti dirò che rischi corri”, avvertiva con questo titolo un articolo di la Repubblica già il 15 febbraio di un anno fa.

Mentre la cannabis presa per bocca – si legge ancora sul quotidiano di via Solferino – si assorbe invece lentamente ed entrano in gioco diversi fattori, se lo stomaco è pieno o no, ad esempio, e in cosa è sciolta (con il cioccolato l’assorbimento è più rapido che con la gomma da masticare).

Quel che non funziona, però, è che chi cerca la cannabis lo fa per sentirsi rilassato, spensierato e un po’ più ‘social’, con biscotti e cioccolato “all’inizio non prova niente, pensa di non averne assunta e ne cerca dell’altra”. Ma “nel frattempo la sostanza si accumula e quando si avvertono i primi disturbi potrebbero già essere quelli di un’intossicazione”.

Secondo l’articolo, di questo fenomeno se ne sono accorti per primi al pronto soccorso di uno degli ospedali dell’Università del Colorado: “I medici hanno notato qualcosa che a prima vista pareva molto strano, quasi paradossale: quei ragazzi (ma anche gli adulti) che arrivavano dopo aver assunto cannabis per bocca sembravano stare peggio di chi la marijuana l’aveva fumata o inalata. A dirla tutta, rispetto a chi la fumava, quelli che avevano mangiato biscotti o dolcetti alla cannabis erano una piccola minoranza – uno su dieci – ma sembrava che i disturbi più gravi si concentrassero proprio su di loro. A questo punto i medici hanno deciso di analizzare 10.000 pazienti arrivati al pronto soccorso per abuso di alcol e cannabis. Le analisi hanno dimostrato che in 3.000 di loro i disturbi erano riconducibili solo e soltanto alla cannabis”.

Non solo: gli unici morti di cannabis – perlomeno in Colorado – “si sono registrati fra coloro che l’avevano presa per bocca”. “Si tratta di casi rari d’accordo – precisa il Corriere – ma qualche volta si trattava di morti violente dovute al fatto che chi abusa di questi prodotti può avere sindromi psichiatriche acute, imprevedibili e difficili da controllare”, conclude l’articolo.

Il punto vero di tutta questa faccenda, è che sappiamo ben poco di cosa ci sia davvero in questi prodotti. Lo sapevate per esempio che il THC non è distribuito allo stesso modo in un biscotto o in un pasticcino? Può perciò capitare “di assumere tutta quella che c’è con un morso solo (è soltanto una curiosità, ma la dice lunga su quanta poca uniformità ci sia in queste preparazioni)”.