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AGI – Otto segretari (uno con due mandati, per la precisione) in tredici anni di storia: quella del Partito democratico è una lunga carrellata di leader, qualcuno più ‘longevo’ di altri, ma tutti accomunati dal dovere fare i conti con le grane delle correnti e il relativo ‘fuoco amico’ sul quartier generale. Bombardamenti finiti sempre con la sconfitta o, più di frequente, con le dimissioni del segretario in carica. Vediamoli da vicino, dalla fondazione alle dimissioni di Zingaretti:

WALTER VELTRONI: primo segretario nazionale, dopo aver vinto le elezioni costituenti del 14 ottobre 2007, si dimette due anni dopo in seguito alle elezioni regionali sarde dove Renato Soru, governatore uscente e uomo di punta del Pd, viene sconfitto dal candidato Pdl, Ugo Cappellacci. Ma a pesare è anche la sconfitta alle politiche del 2008, attribuita dall’anima più di sinistra del Pd a una precisa scelta: Veltroni, inseguendo il principio della “vocazione maggioritaria” rifiuta alleanze con i partiti della sinistra, accettando solo quella con Italia dei Valori e Radicali. Qualcosa di molto simile avviene dieci anni dopo, quando Matteo Renzi, ancora in nome della vocazione maggioritaria, rifiuta ogni alleanza. Da allora, Veltroni si è allontanato progressivamente dalla sua creatura e dalla politica in generale, preferendo dedicarsi alla passione per la letteratura e il cinema.

DARIO FRANCESCHINI: il 21 febbraio 2009 viene convocata l’Assemblea Nazionale che elegge il vicesegretario in carica Dario Franceschini nuovo segretario nazionale del partito, con 1.047 preferenze contro i 92 voti raccolti da Arturo Parisi. Non vengono celebrate le primarie nè il Congresso per la prossimità delle elezioni regionali, contro la volontà di una larga fetta di partito che chiedeva – a soli due anni dalla nascita del Pd – un cambiamento profondo della classe dirigente. Le primarie sono fissate a ottobre 2009 e il segretario in carica viene sconfitto al congresso – uno dei rari casi – da Pier Luigi Bersani. Oggi Franceschini è ancora un ‘azionista di maggioranza’ del Pd e, con Areadem, è in grado di decretare la vittoria o la sconfitta di un segretario o un candidato alla segreteria.

PIER LUIGI BERSANI: la segreteria Bersani si apre con la fuoriuscita di Francesco Rutelli, che denuncia la trasformazione del Pd in ‘un partito di sinistra’. Bersani alle amministrative del 2011 stipula accordi con Italia dei valori e Sinistra Ecologia e Libertà. A novembre appoggia Monti e un anno dopo vince le primarie di coalizione (Italia Bene Comune). La coalizione vince di misura le elezioni 2013, ma Bersani non riesce a formare il governo, lasciando la palla a Enrico Letta che si troverà a guidare un governo di larghe intese. Ma a spingerlo a lasciare la guida dei dem, il 19 aprile 2013, è la mancata elezione di Franco Marini prima e di Romani Prodi poi a Presidente della Repubblica, con i ‘100 traditori’ del Pd che votarono contro la linea ufficiale del partito. Uscito dal Pd, Bersani ha concorso a fondare Liberi e Uguali. 

GUGLIELMO EPIFANI: in seguito alle dimissioni di Bersani, è Guglielmo Epifani a subentrare attraverso il voto dell’assemblea, l’11 maggio 2013. L’8 dicembre dello stesso anno si celebrano le primarie che vengono vinte da Matteo Renzi che aveva ricevuto l’appoggio di varie correnti del partito, da Areadem di Franceschini ai veltroniani, passando per alcuni esponenti di spicco del partito. Il diretto competitor, Gianni Cuperlo, è invece sostenuto dall’area socialdemocratica del partito, con il segretario uscente, Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema, i Giovani Turchi di Matteo Orfini. Il giorno dell’Immacolata, Matteo Renzi vince le primarie e diventa segretario del Pd. Epifani è oggi deputato di Liberi e Uguali, avendo seguito Pier Luigi Bersani dopo la scissione del 2017.

MATTEO RENZI I: la prima segreteria Renzi dura dall’8 dicembre 2013 al 19 febbraio 2017 quando, dopo mesi di scontro con la minoranza del partito, rassegna le dimissioni da segretario. In questo arco di tempo, Renzi diventa anche premier, dopo una lunga guerra di logoramento nei confronti di Enrico Letta. Si dimette a sua volta da presidente del Consiglio la notte tra il 4 e il 5 dicembre 2016, dopo aver perso il referendum costituzionale, al termine di una campagna referendaria fortemente politicizzata e centrata sulla sua persona. Alle dimissioni di Renzi, il partito passa nelle mani del presidente dell’Assemblea, Matteo Orfini, che ne diventa reggente ad interim in attesa della convocazione dl Parlamentino dem. Ma il 20 febbraio si consuma lo strappo di Pier Luigi Bersani, Roberto Speranza e altri esponenti della sinistra interna che vanno a formare gruppi autonomi in Parlamento.

MATTEO RENZI BIS: il 30 aprile 2017 Matteo Renzi vince le primarie contro il ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Meno di un anno dopo, il 4 marzo 2018, il Pd subisce la più dura sconfitta della sua storia, attestandosi al 18% dei consensi. Il giorno dopo, Renzi annuncia in conferenza stampa le dimissioni, che vengono formalizzate il 12 marzo davanti alla Direzione del partito, che nomina Maurizio Martina segretario ad interim. 

MAURIZIO MARTINA: all’Assemblea nazionale del 7 luglio 2018, il segretario reggente, Maurizio Martina, si candida come segretario e viene eletto seduta stante, con il compito di guidare la fase congressuale straordinaria aperta dal suo stesso intervento. Il 17 novembre 2018 si dimette e il presidente Orfini scioglie l’Assemblea, dando così inizio alla fase congressuale tenutasi a marzo 2019 e che vedrà la vittoria di Nicola Zingaretti. Ancora nel Pd, Maurizio Martina è vicedirettore della Fao dal 13 gennaio.