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AGI – Ore febbrili di contatti, telefonate e calcoli sul pallottoliere per tentare di arrivare all’appuntamento del voto in Aula con numeri sufficienti a garantire la sopravvivenza del governo. Giuseppe Conte lavora al discorso alle Camere previsto per lunedì e martedì, ma almeno per il momento quota 161 al Senato sembra un obiettivo difficile da raggiungere. Matteo Renzi, che oggi ha riunito i gruppi parlamentari di Iv, sprona le truppe e ribadisce che l’orientamento di Italia Viva resta quello dell’astensione.

“Al Senato i 18 senatori saranno decisivi visto che la maggioranza al momento è tra 150 e 152. Non rispondiamo alle provocazioni e lavoriamo sui contenuti”, dice l’ex premier. Intanto Clemente Mastella, protagonista di un ‘corpo a corpo’ mediatico con Carlo Calenda, si chiama temporaneamente fuori dall’agone.

“Il prezzo della crisi voluta da Iv è immenso – dice il Pd – per garantire una piena trasparenza si vada nelle sedi appropriate, quelle parlamentari, dove tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità per salvaguardare gli interessi del Paese”.

Il centrodestra si riunisce a Milano e ribadisce una linea “unita e compatta”: lavoriamo per “costruire una alternativa alla sinistra, forte e capace di affrontare le difficili sfide che l’Italia si trova davanti”. Ma mentre Lega e FdI continuano a chiedere il voto, FI frena, “sarebbe l’ultima ipotesi”, dice Antonio Tajani.

Al momento dunque, nonostante il lavorio continuo e pressante di chi nella maggioranza e nel governo (tra cui lo stesso Conte) sta lavorando al ‘dossier costruttori’, i numeri al Senato sarebbero ancora lontani da quota 161, ovvero la maggioranza assoluta. Non che per ottenere la fiducia serva necessariamente raggiungere quella vetta, basterebbe un voto in più e il governo Conte II potrebbe dirsi ‘salvo’. Ma e’ altrettanto vero che non incassare la maggioranza assoluta sarebbe un segnale politico non indifferente.

L’Udc, i cui senatori nelle ultime ore erano indicati tra i papabili a traslocare nella maggioranza, si sfila dalla partita: “Non ci prestiamo a giochi di palazzo e stiamo nel centrodestra. I nostri valori non sono in vendita”.

Ma nel Maie, il movimento fondato da Riccardo Merlo – e che si appresta ad ospitare i cosiddetti ‘costruttori’ per dar vita alla quarta gamba dell’attuale maggioranza – regna l’ottimismo: “La fiducia passera’” al Senato, anche se “i numeri li sapremo solo martedì”, pronostica lo stesso sottosegretario, che tiene a precisare: “Non vogliamo assolutamente diventare il partito di Conte ma siamo un gruppo di parlamentari che hanno in Conte un punto di riferimento, crediamo nel suo progetto politico”. E mentre il renziano Luigi Cucca nega che sia pronto ad abbandonare Italia viva per aggiungersi ai ‘salvatori’ dell’esecutivo (“basta illazioni senza fondamento”), volano gli stracci tra Carlo Calenda e Clemente Mastella.

Il candidato sindaco di Roma svela in un tweet di essere stato contattato dal primo cittadino di Benevento: “Anche io ho avuto l’onore di una telefonata del simpatico Clemente. Una roba tipo tu appoggi Conte e il Pd appoggia te a Roma”. L’ex ministro non ritiene che dietro ci sia lo zampino dei dem, ma osserva: “Considero questa offerta un insulto personale e un dato politico rilevante per capire il quadro di degrado in cui versiamo”. Replica al vetriolo di Mastella: “Sei una persona di uno squallore umano incredibile”.

In attesa di capire se lunedì alla Camera e, soprattutto, martedì al Senato il ‘drappello’ di responsabili sarà sufficiente a mantenere in vita l’esecutivo, si rincorrono ipotesi sulle prossime mosse del premier. Tra queste, Conte potrebbe intervenire in Aula alla Camera per poi non attendere il voto di fiducia e recarsi al Colle per rassegnare le dimissioni e poi dar vita a un Conte ter, frutto di una nuova maggioranza politica, di cui i costruttori sarebbero la quarta gamba assieme a Pd, M5s e Leu.

Secondo il senatore ex M5s ora Maie Saverio De Bonis, “lunedì alla Camera e martedì al Senato il governo supererà lo scoglio. Poi ci sarà una crisi lampo e il presidente Conte dovrà riformulare la squadra di Governo”.

Ma per governare, torna a mettere in chiaro il Pd, non basta “avere un numero in più”. Per questo, spiega il vicesegretario Andrea Orlando, “il tema che si porrà un minuto dopo la fiducia, se ci sarà, è consolidare la maggioranza, siglare un nuovo patto di legislatura e lavorare alla ricostruzione di un campo con le forze che hanno dato segnali ma che non si sono ancora sentite di fare questo passo, pur volendo prendere le distanze dalla destra sovranista”. Il numero due del Nazareno non nasconde che, sebbene ci sia “una disponibilità di forze intermedie a garantire la stabilità in questa fase, non abbiamo alcuna sicurezza”.

Intanto da Italia viva, dopo lo strappo e le dimissioni delle due ministre – e nonostante la nettezza con cui Pd e M5s hanno sbarrato la porta agli ormai ex alleati – continuano ad arrivare segnali ‘distensivi’. Renzi ha annunciato l’astensione dei suoi gruppi se Conte dovesse presentarsi in Aula con un “intervento di apertura a pezzi di Forza Italia, del centro o altri che vorrebbe portare dentro per sostituirci”, ha spiegato ieri in serata. E oggi ribadisce la disponibilità a parlare di contenuti: “Da noi nessuna preclusione, se si parla di contenuti ci siamo”, convinto che la maggioranza non avrà i numeri: “Secondo me senza di noi sono lontani da quota 161 al Senato”.

Ma gli spiragli offerti dai renziani non sembrano trovare terreno fertile nel Pd. “Le parole non bastano e mi pare che i margini siano pressoché esauriti”, spiega Orlando.