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Chiuso nella sua stanza al Nazareno, tanto da comunicare solo per telefono anche se l’interlocutore è qualche stanza più in là. Nicola Zingaretti mette a punto la relazione che porterò all’assemblea dem e con la quale vuole lanciare la doppia sfida di rinnovamento del partito.

Una interna, con l’insediamento della Commissione di Riforma dello Statuto e del Partito; l’altra esterna, con il Viaggio per l’Italia, già avviato, e soprattutto con la Costituente delle Idee, l’appuntamento da tenere a Bologna in autunno con il quale intende stringere quelle alleanze civili e politiche che sole possono offrire una possibilità di vittoria alle elezioni.

Due sfide che, tuttavia non slegate l’una all’altra. La Commissione di Riforma del Partito e dello Statuto sarà insediata sabato e sarà formata da un minimo di 11 a un massimo di 15 membri scelti nel rispetto del pluralismo interno. Ad essa spetterà la proposta di riforma dello statuto da sottoporre ai territori. Al momento c’e’ una sola certezza: l’automatismo che prevede la candidatura a premier del segretario in carica è da modificare. E questo perché, in un sistema largamente proporzionale come è quello previsto dalla legge elettorale vigente, è indispensabile prevedere primarie di coalizione.

Zingaretti ne è consapevole e studia l’unico precedente, quello delle primarie di “Italia Bene Comune” indette con la segreteria di Pier Luigi Bersani e da lui vinte contro Matteo Renzi, Nichi Vendola, Laura Puppato e Bruno Tabacci. Nulla di deciso, affermano comunque esponenti dem vicini al segretario: spetterà alla Commissione di Riforma del Partito e dello Statuto trovare i giusti meccanismi.

Su questo non dovrebbero esserci tensioni con la minoranza. Domenica, nel corso della due giorni di Base Riformista, Lorenzo Guerini aveva sottolineato: “Sento parlare del tema della divisione della leadership dal tema della premiership: io credo sia un errore” ma “se questa dovesse essere la scelta vorrei essere chiaro: il candidato che presenteremo alle elezioni per guidare il Paese si sceglie attraverso le primarie, non attraverso liturgie o giochi interni”.

E’ Maurizio Martina a dare rassicurazioni: “Uno strumento come le primarie per me non è affatto in discussione, anzi. Ne va rilanciato proprio il senso e il significato aperto, anche in ragione della legge elettorale che abbiamo oggi. Con questo spirito penso che potremo fare un buon lavoro tutti per rafforzare il Pd”.

Altro capitolo su cui si potrebbe intervenire è quello riguardante le primarie per la scelta del segretario. L’ultima volta ci sono voluti sette mesi per completare l’iter dall’apertura del congresso, con il voto nei circoli, alle primarie nazionali. Troppo, in una fase in cui la politica si muove a ritmi vorticosi.

Questo lavoro di riorganizzazione interna si sposerà, per forza di cose, con il lavoro di costruzione dell’alternativa di governo, a partire dalle idee raccolte durante il Viaggio per l’Italia e che andranno a rappresentare il nucleo del programma del Partito democratico per l’alternativa, vero fulcro dell’appuntamento di Bologna.

I pilastri su cui costruire questo programma ci sono già: fisco, con il taglio del costo del lavoro; sostenibilità ambientale come leva di crescita e sviluppo; investimenti in istruzione. Su questi tre pilastri – ma non mancheranno i passaggi sul mondo delle imprese, sulle infrastrutture, sulla sanità e sulla sicurezza – sarà costruita la proposta del Pd agli elettori, ma anche ai possibili alleati.

Il segretario dem non vuole operazioni “politiciste” e per questo ha avviato già da tempo un lavoro di tessitura che dovrebbe portare ad una rete formata da forze politiche – +Europa, Democrazia Solidale e da Articolo 1 – e da forze civiche, sociali, territoriali. Il segnale che Zingaretti lancia è, dunque, che senza Pd non può esserci alternativa.

Occorre andare avanti a lavorare senza perdersi in chiacchiere, è il ragionamento del segretario. Un messaggio valido anche per chi, all’interno del partito, non perde occasione per rimarcare la sua differenza rispetto alle scelte del nuovo corso. E non sembra un caso che proprio lunedì, a poche ore dall’evento dell’area Lotti-Guerini a Montecatini, Zingaretti abbia concluso la sua visita a Genova, tra i camalli e gli operai della Bombardier di Vado Ligure con lo slogan “fuori dalle chiacchiere, tra le persone”.

Tra le pieghe di questa discussione, Zingaretti non mancherà di fare delle incursioni sullo scenario politico, toccando inevitabilmente i temi dell’Europa e delle implicazioni del caso riguardante i presunti fonti russi alla Lega. Per il segretario, non è nemmeno il passaggio di denaro l’aspetto più grave della vicenda, quanto il tentativo di disarticolare la collocazione estera dell’Italia, membro di Unione Europea e Alleanza Atlantica. Una collocazione che, dai governi Dc-Psi passando per Romano Prodi e Silvio Berlusconi, non è stata mai messa in discussione.