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Contrastare il mobbing in ambito lavorativo. Ecco come: “Chiunque, nel luogo o nell’ambito di lavoro, si rende responsabile di atti, omissioni o comportamenti di vessazione, discriminazione, violenza morale o persecuzione psicologica, reiterati nel tempo in modo sistematico o abituale, che provochino un degrado delle condizioni di lavoro tale da compromettere la salute fisica o psichica ovvero la professionalità o la dignità della lavoratrice o del lavoratore, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da euro 30.000 a euro 100.000″.

Quella del carcere è solo una delle misure previste da una proposta di legge targata Movimento 5 stelle depositata alla Camera che introduce nell’ordinamento una disciplina organica a tutela del lavoratore mobbizzato. La pena è aumentata della metà se la violenza morale e psicologica è compiuta nei confronti di una donna in stato di gravidanza o nel corso dei primi quattro anni di vita del figlio. Di un terzo se “gli atti, le omissioni o i comportamenti sono commessi dal superiore gerarchico”.

Le responsabilità del datore di lavoro

Nella proposta di legge, già in discussione sulla piattaforma Rousseau, si punta a responsabilizzare il datore di lavoro che in presenza di una denuncia deve obbligatoriamente accertare in modo tempestivo i comportamenti e “prendere subito provvedimenti”, facendo in modo che “il risarcimento del danno dovuto al lavoratore comprenda in ogni caso anche una somma a titolo di indennizzo del danno biologico”.

Ma se è proprio il datore di lavoro il responsabile dell’atto, viene disposta – dietro richiesta del giudice – la pubblicazione della sentenza su almeno due quotidiani a tiratura nazionale, “omettendo il nome della persona oggetto di molestia morale”. In ogni caso il lavoratore mobbizzato può chiedere che il provvedimento di condanna venga comunicato a tutti i dipendenti dell’azienda, mediante una lettera.

“Se dal punto di vista civilistico il mobbing è quantomeno inquadrato, è invece nell’ambito penale che si registrano i maggiori problemi”, si sottolinea nella proposta di legge firmata dai deputati M5s Rossini e Galantino. Anzi “la mancata previsione di una precisa fattispecie incriminatrice fa apparire la via della sanzione punitiva come non preferibile o, come addirittura espressamente rilevato dalla Corte di Cassazione, ‘non praticabile'”, si fa notare. Per questo motivo c’è la volontà di intervenire. Per mettere ordine ad una normativa sul mobbing, “un concetto elaborato dalla giurisprudenza ma colpevolmente poco considerato dal legislatore”.

Si denuncia l’assoluta inadeguatezza nella repressione del fenomeno e soprattutto “l’assoluta incertezza sull’esito delle denunce penali”. L’obiettivo è di contrastare in primis il cosiddetto ‘mobbing orizzontale’, in quanto troppo spesso “il datore di lavoro, per disinteresse o per un preciso intento escludente, evita di intervenire per porre fine a comportamenti mobbizzanti posti in essere dai colleghi di lavoro della vittima”.

Le fattispecie da sanzionare

La proposta di legge declina i casi in cui negli ambienti lavorativi si arriva alla molestia morale e alla violenza psicologica. Ovvero:

  • Con “la rimozione da incarichi” o l’esclusione dalla comunicazione e dall’informazione aziendale”.
  • Attraverso “la svalutazione sistematica dei risultati, fino a un vero e proprio sabotaggio” o “il sovraccarico di lavoro o l’attribuzione di compiti impossibili o inutili, che acuiscono il senso di impotenza e di frustrazione”.
  • Mediante “l’attribuzione di compiti inadeguati rispetto alla qualifica e preparazione professionale o alle condizioni fisiche e di salute”. 
  • Tramite “l’esercizio da parte del datore di lavoro o dei dirigenti di azioni sanzionatorie, quali reiterate visite fiscali o di idoneità, contestazioni o trasferimenti in sedi lontane, rifiuto di permessi, di ferie o di trasferimenti, tutte finalizzate alla estromissione del soggetto dal posto di lavoro”.

La proposta di legge agisce contro “gli atti persecutori e di grave maltrattamento” e contro “le molestie sessuali”. Ed ancora: contro “la squalificazione dell’immagine personale e professionale”, “le offese alla dignità personale, attuate da superiori, da pari grado o da subordinati ovvero dal datore di lavoro”. Per difendere il lavoratore mobbizzato si introduce così un nuovo articolo nel codice penale (l’articolo 610 bis) che “stabilisce l’entità della pena per coloro che provochino un degrado delle condizioni di lavoro tale da compromettere la salute fisica o psichica ovvero la professionalità o la dignità della lavoratrice o del lavoratore”.

Nella proposta di legge si ricorda come la Corte di Cassazione abbia riconosciuto anche una forma attenuata di mobbing, denominata ‘straining‘. che causa “una situazione di stress forzato sul posto di lavoro”. Si prevedono riunioni aziendali periodiche “improntate alla trasparenza e alla correttezza nei rapporti” e che i servizi delle Asl organizzino “annualmente corsi sul fenomeno del mobbing, obbligatori e a carico del datore di lavoro, per i dirigenti, i medici competenti, i responsabili della sicurezza aziendale, nonché per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza”.

Nella scorsa legislatura il problema del mobbing era stato affrontato con la proposta della senatrice Taverna con la richiesta di “introdurre nel codice penale il reato di atti vessatori in ambito lavorativo” e con la legge del 14 luglio 2017 sul whistleblowing che prevedeva – grazie al lavoro della pentastellata Businarolo – un nuovo articolo contro “chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della liberta’ personale o affidata alla sua custodia”.

Il mobbing può essere di diverse tipologie: si parla di mobbing verticale – il più diffuso – quando le vessazioni sono realizzate dal datore di lavoro o, più in generale, da un capo nei confronti di un suo sottoposto. Un’altra tipologia, invece, è il mobbing orizzontale, ovvero quello posto in essere dai colleghi della vittima, spesso scelta come capro espiatorio sul quale scaricare le tensioni lavorative. Il mobbing, secondo le statistiche, è un fenomeno in crescita. I più colpiti sono i soggetti dai 45 anni in poi, vittime frequenti sono poi le donne, anche in ragione – si legge nella legge – “dei legami tra mobbing, discriminazioni e molestie sessuali”.