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Matteo Salvini insiste, e Sergio Mattarella decide di riceverlo lunedì 9 luglio. Ma l'incontro non avrà comunque avere per oggetto un iter giudiziario a carico del partito o apparire come una messa in mora della magistratura.

Dopo due giorni di toni alti da parte del Carroccio – ulteriormente accesi dal caso Morrone – e di irritazione per il clamore da parte del Quirinale, il presidente della Repubblica conclude la sua visita di Stato nelle tre Repubbliche baltiche, ma dribbla le domande sulla querelle legata alla sentenza sui fondi della Lega. "L'hanno disturbata anche qua…", esordisce un giornalista per avanzare una domanda sulla richiesta di Salvini, ma il Presidente si allontana subito e risponde "assolutamente non parlo".

Salvini, nel confermare la sua domanda, aveva circostanziato modalità e termini della sua richiesta: "Spero di avere il prima possibile la gioia e l'onore di conferire con il mio presidente della Repubblica. Attendo rispettosamente la fissazione di una data per parlare delle tante cose belle che stiamo facendo qui al Viminale". Dunque un approccio più soft rispetto a quello dei giorni scorsi e con un tema limitato all'azione di governo, pur con la sottolineatura del ruolo, quello di ministro dell'Interno, che lo rende figura istituzionale a cui prestare ascolto.

Appena tornato a Roma, Mattarella ha valutato la richiesta di incontro, sapendo che ci sono diversi aspetti da considerare. È ovvio infatti che il Presidente della Repubblica non può intervenire in un iter giudiziario in corso, azione per la quale, tra l'altro, non ha nemmeno strumenti previsti, come non ne ha il Csm. Oltre a non potersi trasformare in una sorta di quanto grado di giudizio, il Capo dello Stato non può e ovviamente non ha intenzione di essere, o anche solo apparire, come parte all'interno di una contesa tra un partito e la magistratura.

Per questo sicuramente l'ammorbidimento dei toni e il cambio di oggetto dell'incontro chiesto non possono che rasserenare il clima. Certo anche le ultime parole del sottosegretario leghista alla Giustizia, Jacopo Morrone, non hanno aiutato a svelenire l'atmosfera, tanto che dopo le repliche piccante della magistratura lo stesso Morrone ha derubricato la maggior parte del suo intervento a "un'uscita irruente e infelice".