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Per uno dei tanti paradossi della politica, lo scontro al fulmicotone tra Roma e Parigi sui migranti potrebbe portare ad una fase di profonda comprensione tra Palazzo Chigi e l’Eliseo. Giuseppe Conte ed Emmanuel Macron, con il loro faccia a faccia di oggi, hanno l’opportunità di chiarirsi le idee su una serie di dossier lasciati in sospeso negli ultimi mesi, e stabilire – come spesso accade in queste occasioni – un contatto diretto. Non mediato o influenzato da terze persone.

Anche se i dossier nelle complicate relazioni tra Roma e Parigi sono tanti, e riguardano anche zone di influenza considerate primarie da entrambi i Paesi.

Le navi non sono solo l’Aquarius

Certo, le espressioni di rincrescimento pronunciate a mezza bocca dal presidente francese, nella sua telefonata con il premier italiano, hanno sbloccato l’impasse, ma il tema migrazioni resta al momento il più scottante tra quelli in cima all’agenda. L’annuncio della Triplice Intesa di Matteo Salvini con gli omologhi di Germania e Austria (si badi: Angela Merkel è su altre posizioni) potrebbe spingere i due capi di governo a cercare di elaborare una linea comune da portare, magari con l’assenso della Cancelliera, al prossimo vertice europeo di fine mese.

Del resto le navi che solcano il Mediterraneo non sono solo quelle delle Ong o delle rispettive guardie costiere, e la recente intesa tra Fincantieri ed Stx – che ha chiuso un lungo contenzioso – indica che percorsi comuni possono essere individuati. La politica di acquisizioni francesi in Italia, forte da alcuni lustri, ha subito nelle ultime settimane i contraccolpi delle vicende giudiziarie di Vincent Bollorè.

Occhi puntati sul Maghreb

Gli interessi geostrategici dei due Paesi non sono sempre facili da comporre. Lo dimostra la vicenda del Niger, legata a doppio filo al tema dell’immigrazione. Il governo Gentiloni, protagonista di una lunga offensiva diplomatica nell’Africa Subsahariana, ha tentato l’invio di un contingente militare per bloccarvi i flussi migratori. Piano approvato anche dal Parlamento, ma poi bloccato per l’intervento delle autorità locali, cui pare non sia stata estranea Parigi, già tradizionalmente presente militarmente nell’ex colonia.

Ma gli attriti più forti sono stati registrati lungo la sponda sud del Mediterraneo, ad iniziare dal Maghreb.

La Quarta Sponda che piace a Parigi

In Libia l’attivismo macroniano ha fatto alzare più di un sopracciglio dalle parti di Roma. La Francia, forte anche di un forte rapporto con l’Egitto di Al-Sisi, è stata più volte indicata come vicina alle milizie cirenaiche del generale Haftar, contrapposto al governo riconosciuto dalla comunità internazionale di Al-Sarraj, di base a Tripoli e apertamente sostenuto dall’Italia.

Macron, poi, è sembrato voler assumere un’iniziativa solitaria promuovendo all’Eliseo il cosiddetto “Vertice delle due Libie”, l’incontro tra i due rivali di cui Roma è stata lontana spettatrice. Una mossa che ha fatto ricordare a molti che la attuale crisi della Libia (con le sue conseguenze ancora una volta sulla questione migrazioni) è stata innescata proprio da una fuga in avanti francese, l’offensiva scatenata contro Mohammar Gheddafi dall’allora inquilino dell’Eliseo, Nicholas Sarkozy.

Un ricordo reso ancor più vivido dalla conferenza sulla Libia convocata, sempre a Parigi, lo scorso maggio.

Ma in Tunisia Macron deve rincorrere

E se Macron, da allora, è stato più volte in visita in Libia, l’aumento dei rapporti commerciali tra Roma e la Tunisia, che ha visto l’Italia scalzare la Francia nel ruolo di partner privilegiato, lo ha costretto a recarsi anche a Tunisi per cercare di riequilibrare lo stato delle cose. Dopo aver detto no ad una missione italiana nel Paese, naturalmente. Altro punto di partenza dei barconi degli scafisti.

Insieme in Europa, compatibilmente

Ora, non è sfuggito al governo francese che Matteo Salvini, oltre a prendere le sue decisioni sul destino della nave Aquarius, oltre anche ad annunciare l’intesa a tre con Vienna e Berlino, ha fatto sapere che proprio a Tunisi si recherà, e poi in Libia, e alla fine in Egitto (magari sacrificando la ricerca della verità sul caso Regeni).  

Con Conte, pertanto, Macron potrebbe avere interesse anche a stabilire un rapporto più forte da giocare non solo in ambito mediorientale, ma anche europeo.

La sua elezione all’Eliseo è avvenuta in buona parte anche grazie al no che molti francesi hanno detto alla prospettiva dell’elezione della sovranista e populista Marine Le Pen. Parlando all’Europarlamento, il presidente francese ha chiesto una riforma dell’Eurozona a livello politico ed economico, che passa per la creazione di un Fondo Monetario Europeo, di un ministro delle finanze europeo e di un’unione bancaria. Temi su cui è possibile un’intesa con Conte ed il ministro degli esteri Moavero Milanesi.

Trump è solo un giro di valzer

Certo, i risultati del G7 in Canada, con Conte che rompe il fronte europeo sul problema dei dazi, non lascia immaginare una perfetta corrispondenza di vedute, ma temi come il nucleare iraniano registrano una certa convergenza. E se Conte in Canada ha cercato un rapporto personale con Donald Trump, Macron sa per esperienza personale che quelle del presidente americano sono simpatie passeggere, se non altalenanti.

E il prossimo anno ci sono le europee

C’è poi un ultimo capitolo, tutto da scrivere, nel grande libro dei rapporti tra governi italiano e francese. Macron, si è detto, teme il sovranismo della Le Pen. Conte, ma soprattutto il Movimento 5 Stelle, la debordante crescita leghista nei sondaggi e alle elezioni. Il prossimo anno, infine, ci sono le europee. Cosa ci sarebbe di meglio di un’intesa cordiale tra i due, per isolare e depotenziare gli uni i sovranisti degli altri? Già dopo il 4 marzo dal Parlamento Europeo filtrarono voci che volevano En Marche, il partito creato da Macron, strizzare l’occhio ai 5 Stelle. Ora sono questi che lasciano intendere che la cosa, a loro, non dispiacerebbe per nulla