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C’è una lezione che riguarda la vita di ogni startup e che Amazon ha rappresentato in maniera egregia. Meglio di qualunque altra azienda nata dalla rivoluzione digitale. La lezione è quella che Peter Thiel dà agli imprenditori digitali nel suo “Da 0 a 1” (in Italia lo ha pubblicato Rizzoli, 2016). Suona più o meno così: il perfetto mercato per una startup è un mercato piccolo, un piccolo gruppo di persone particolari che necessitano di un servizio che nessuno offre. Un mercato dove in sostanza non c’è concorrenza. Dopo aver conquistato quello, la nicchia (pensate a Mark Zuckerberg che crea il suo social per gli studenti di Stanford, per dire), si può pensare ad allargarsi. 

La lezione ha anche una premessa. Anche qui cito a memoria: la concorrenza per i paesi occidentali è un’ideologia, ma la verità è che il capitalismo e la concorrenza non vanno d’accordo. Il capitalismo è accumulazione del capitale (Thiel cita proprio Marx, non è una libera ricostruzione), e la concorrenza invece implica che i ricavi siano erosi da altre aziende. In sostanza concorrenza e capitalismo sono in contraddizione, perché il capitalismo tende al monopolio per massimizzare i profitti. 

Il fondatore di PayPal, tra gli uomini più ricchi della Silicon Valley e convinto sostenitore dell’America Trumpiana, per sostanziare questa sua tesi a proposito delle startup e dell’economia digitale racconta un po’ di storie di successo. Tra queste quella di Amazon, il colosso dell’ecommerce che due giorni fa ha compiuto 25 anni e che ha chiuso l’ultimo anno con un fatturato di 233 miliardi di dollari. Chiaro dunque che questo consiglio non vale per chi vuole aprire un bar, o una trattoria. 

Scrive Thiel: “La visione complessiva di Jeff Bezos era dominare tutto il retail online, ma ha iniziato con i libri in modo assolutamente consapevole. Esistevano due milioni di libri a catalogo, ma avevano tutti più o meno la stessa forma, erano facili da spedire e alcuni dei titoli che si vendevano più raramente – quelli meno profittevoli da tenere in magazzino per qualsiasi libraio – attiravano i clienti più entusiasti”. In sostanza Amazon divenne un prodotto perfetto per quelli che cercavano libri insoliti. Una volta ottenuto questo mercato ‘di nicchia’, arriva però il passo successivo. Come crescere? E anche qui c’è una strategia. 

O aumentano i lettori. O aumenta l’offerta. Amazon con Bezos “ha scelto la seconda, iniziando con i mercati più simili”: CD, video e software. “Poi ha continuato ad aggiungere gradualmente categorie fino a che è diventata il più grande magazzino del mondo. Il nome stesso racchiudeva brillantemente la strategia di crescita: la biodiversità della foresta pluviale amazzonica rifletteva l’obiettivo iniziale di Amazon di catalogare ogni libro nel mondo, e sta lì a indicare ogni cosa nel mondo. Punto”. Amazon oggi è un monopolio. E soddisfa i principi ‘ideologici’ del capitalismo raccontati da Bezos. Come li soddisferebbe Facebook, o in qualche modo Airbnb o Uber.  

Curiosità. Amazon nel nome è oggi un inno alla diversità della vita. Eppure il primo nome della società in realtà era Cadabra. Ma, ricorda AGI in un pezzo che ne ha celebrato i 25 anni, quando il primo consulente legale lo legge per la prima volta, fa notare a Bezos che suona molto simile a “cadaver”. Cadavere.

@arcangeloroc