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Il cibo è un argomento sovraesposto, su questo siamo tutti concordi. È un argomento multidisciplinare, che coinvolge tante questioni. Non possiamo stare senza mangiare e a quanto pare non possiamo stare senza parlarne. Nonostante la sovrabbondanza di canali, media e messaggi, l’interesse per l’argomento infatti non declina mai.

A proposito di televisione il vero avanguardista nella storia fu Mario Soldati che già 1957 aveva pensato un programma che attraversava l’Italia proprio in cerca della nostra storia più profonda: Viaggio nella Valle del Po.

Lo seguì, invitato dalla Rai, il grande Luigi Veronelli che dal 1971 al 1976 condusse Colazione allo Studio 7 che cambiò nome in A Tavola alle sette andando in onda la sera all’ora di cena. Ad accompagnarlo vari attori come Umberto Orsini, Delia Scala e Ave Ninchi, che l’affiancò per più edizioni.

Veronelli presenziò poi altre trasmissioni come Viaggio sentimentale nell’Italia dei vini, Meridiana – Lezioni di cucina e Star bene a tavola, trasmesse sui canali Rai nei primi anni ’80.

Qualche numero

Ma oggi cosa guardiamo? Cominciamo con i numeri: il 76% degli italiani dichiara di seguire in tv programmi food e lifestyle, 17 milioni (30%) gli italiani che ogni mese guardano almeno 2 ore di contenuti a tema food (fonte Auditel; periodo Q1 2018) Il 40% dell’ascolto tv è generato da maschi.

Si contano più di 70 programmi tv e almeno tre canali tematici interamente dedicati all’argomento: Gambero Rosso Channel fondato nel 1999 da Stefano Bonilli prematuramente scomparso (il primo canale a tema in Italia – mentre il primo programma Rai è di un anno più vecchio: Eat Parade di Bruno Gambacorta nato nel 1994 su Rai2), Alice TV ( dal 2000) e il neonato amatissimo Food Network

I programmi sono per lo più giochi a premi, sfide ai fornelli e food show dove lo chef si esibisce in prove sempre più ardue che lo vedono quasi sempre intento a spadellare.

La radio

E in Radio cosa succede? Qui, Sandro Capitani di RadioRai1 mi è venuto in soccorso raccontandomi il suo programma, dove la rubrica settimanale è interamente dedicata al mondo della terra, ai suoi protagonisti, ai suoi prodotti, alle sue storie con particolare attenzione alla nuova agricoltura, all’innovazione e ai giovani che si avvicinano al settore con idee contemporanee.

La Radio, che permette di fare altro mentre la si ascolta e tutto il pubblico di giornalisti del nostro panel, provocati dalla mia domanda, ha risposto di ascoltarla in auto, prova a giocare un ruolo diverso, dove l’informazione e la valorizzazione del prodotto e del rapporto tra tradizione e innovazione la fa, fortunatamente, da padrona.

Altri programmi radio oltre a “Coltivare il futuro” riscuotono successo su questo media. Ricordiamo “Decanter” a proposito di vino a cura di Fede e Tinto su RaiRadio2, “il Gastronauta” di Davide Paolini su Radio24, “Mangia come parli” condotto da Pierluigi Pardo e lo chef Davide Oldani su Radio24, “Indovina chi viene a cena” di Valentina Furlanetto, FoodLAB di Chiara Albicocco e Federico Pedrocchi sempre su Radio24, Show Food di Enrico Camelio e Francesco Vergovich su Radio Radio.

In streaming

Di recente è nato poi un bel progetto web streaming, dove la Radio si dedica completamente all’argomento per tutta la programmazione a cominciare dal nome: Radio Food. Anche qui il discorso sembra più serio ed approfondito, forse proprio per il carattere del media e delle sue potenzialità.

Web e FoodBlogger invece hanno davvero un impatto gigantesco in termini di quantità di contenuti proposti, stiamo parlando di più di 1000 siti tematici, e 30mila food blogger sparsi sulla rete. ( fonte “FoodFWD” del centro media Mec)

Con Pamela Panebianco di Agrodolce abbiamo osservato come il pubblico qui sia molto e vario e come le ricerche sul tema del food on line, spazino dalle ricette alla ricerca di news su nuovi ristoranti o sulle prodezze degli chef stellati.

Tanti contenuti ripostati, quasi ogni ora (minimo 5 post al giorno in media ci rassicura Pamela)  sui social delle testate on line, per attrarre il maggior numero possibile di click e conversazioni.

I siti più influenti

Nella lista dei siti più influenti di Italia (in ordine rigorosamente sparso ) ecco apparire: Gambero Rosso, Puntarella Rossa, Italia a Tavola, Food24, Identità Golose, il mio Food Confidential ( ovviamente ), Mangiare da Dio, Munchies, Dissapore, Cucina & Vini, La Repubblica Sapori, Ansa Terra & Gusto, Luciano Pignataro Blog, Fine Dining Lovers, Gazza Golosa, Reporter Gourmet, La Cucina Italiana, VanityFood, CucinaCorriere, Spaghetti Mag, Porzioni Cremona; Mangia e Bevi, Excellence Magazine, Scatti di Gusto, Sala e Cucina, Cibario, Le Strade della Mozzarella.

Tanti tantissimi dunque, con tante notizie che si somigliano l’una con l’altra, con la caccia alle nuove aperture soprattutto ma anche per raccontare i nuovi trend asiatici o le intolleranze e la cucina del “senza”, oltre alle immancabili ricette.

Sul fronte delle istituzioni come nel caso di CREA, il tema di come rendere attraente l’informazione scientifica è sfidante. Qui Cristina Giannotti mi ha raccontato un progetto molto accattivante dove, attraverso la realizzazione di una serie web, i cittadini sono chiamati ad indentificarsi con i suoi personaggi che, con l’aiuto di esilaranti alter ego, non fanno altro che domandarsi quale sia il regime alimentare corretto da rispettare per restare in salute. La serie, con ben 90 episodi, invita alla fine, non solo ad una dieta equilibrata ma anche alla pratica costante di attività sportiva.

Importanti poi le visualizzazioni prodotti da“Cucina da uomini”. Un canale youtube, dove il meccanismo di scelta da parte degli autori è quello degli ashtag che funzionano meglio su Instagram. Instagram condiziona un trend fortissimo di curiosità che coinvolge soprattutto la generazione Z. Video di improbabili ricette come quella dei biscotti industriali fritti in pastella o dei bubble waffle, realizzati da giovani e aiutanti chef in maglietta che generano centinaia di migliaia visualizzazioni.

Insomma un panorama, ampio, complesso e superaffollato, dove il cibo imperversa in ogni salsa.

Tuttavia la strada che mi piace più percorrere per la comunicazione sui tanti temi aperti dal cibo (salute, aggregazione, territorio, tecnologie, tradizione, progettazione, food design ) resta l’insegnamento.

All’Università

Anche le Università, per fortuna, hanno scoperto l’urgenza di parlare di cibo con competenza. Inutile citare oramai l’arcinota Università di Pollenzo di Slow Food che propone il corso di successo per diventare Gastronomo. A RomaTre, per esempio, nel Dipartimento dei Scienze c’è il corso triennale di Scienze e Culture Engastronomiche, dove curo le materie umanistiche come specialista di alta qualificazione e all’Università Internazionale di Roma, sono titolare del corso di “Food and Wine Industry” in inglese della Facoltà di Economia ( nuovissima edizione ) inserito nel percorso magistrale di “Beni di Lusso, Made in Italy e Mercati Emergenti”.

È in aula, nello scambio docente discente, che il cibo prende la forma migliore, cibo come racconto dei popoli, strumento economico e di manifestazione pura del Made in Italy.

Insomma i luoghi dove le conversazioni sul cibo si moltiplicano sono sempre di più, chi si occupa di comunicazione ha la responsabilità del messaggio e chi ascolta deve avere la maturità per valutarlo e comprenderlo con attenzione e coscienza.