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Era il 2016 quando Daniel Smith vinceva il Game Making Award (15-18) dei BAFTA con SPECTRUM, un puzzle game in prima persona. Dopo due anni, grazie alla collaborazione con Ripstone Games. il giovane designer ci propone l’evoluzione di quel progetto: The Spectrum Retreat. Le idee fondamentali del gioco sono rimaste le stesse: dovremo manipolare i colori e la gravità all’interno di stanze che metteranno alla prova il nostro ingegno. A questo si sommerà una trama leggera (forse un po’ troppo) fondata su un misterioso mondo digitale.

The Spectrum Retreat

Il mistero inizia proprio da noi: non sappiamo chi siamo e, quando ci svegliamo in una stanza d’albergo, siamo senza indizi. Il direttore dell’hotel ci bussa alla porta e ci invita a far colazione: quello che ci si para di fronte, però, è un manichino parlante. In nostro soccorso arriva una figura femminile che ci contatta tramite un cellulare. La donna ci spiega che siamo intrappolati in una simulazione e promette di liberarci: tutto ciò che dobbiamo fare è raggiungere il tetto dell’edificio. Purtroppo, non abbiamo le credenziali per usare l’ascensore dell’albero: ecco quindi che dobbiamo accedere a una “zona di verifica” per ottenere i diritti utili a salire di piano. I cinque piani dell’hotel racchiudono altrettante sfide divise in livelli: per accedervi, però, dobbiamo prima vivere la routine dell’albergo (per non destabilizzare la simulazione) e trovare una chiave d’accesso per la successiva “zona di verifica”.

The Spectrum Retreat

L’opera si divide quindi in due fasi ben distinte. Inizieremo con un’esplorazione delle stanze dell’hotel, con qualche piccolo puzzle ambientale poco intrigante e un po’ di narrazione che ci aiuterà a capire chi siamo e per quale motivo siamo rinchiusi in questo luogo. Questi momenti sono inizialmente misteriosi e latori di un discreto livello di tensione, purtroppo però ben presto il ritmo calerà (anche a causa della grandezza inutilmente generosa dell’hotel) e perderemo un po’ di interesse nella vicenda.

La narrazione è a dir poco minimalista: la trama di fondo è carina ma fin troppo esile e non avrà modo di dipanarsi con calma anche a causa della brevità dell’opera. Incredibilmente, le fasi narrative sono troppo lente ma, al tempo stesso, troppo brevi per far immedesimare il giocatore all’interno di questo mondo digitale. In tal senso, viene in soccorso l’ottimo doppiaggio: la voce femminile che ci guiderà in queste fasi saprà sopperire, per quanto sia possibile, alla limitatezza narrativa. L’opera propone anche due finali: scegliere l’uno invece che l’altro, però, non farà differenza. In entrambi i casi, infatti, verremo mandati ai titoli di coda senza avere accesso a un filmato o anche solo a un dialogo esclusivo.

The Spectrum Retreat

The Spectrum Retreat rimane pur sempre un puzzle game e la maggior parte del tempo di gioco sarà dedicata alla risoluzione di sfide d’ingegno. Il nostro unico strumento sarà il suddetto cellulare: con questo potremo scambiare i colori con dei cubi luminescenti. Ogni livello limiterà i nostri movimenti con delle barriere: per superarle sarà necessario che il nostro telefono sia dello stesso colore. Nella seconda metà, inoltre, si aggiungeranno dei pulsanti che invertiranno l’orientamento delle stanze portandoci a camminare sulle pareti e sui soffitti.

Nel complesso, The Spectrum Retreat non è mai troppo complicato: di piano in piano la difficoltà sale ma non diventa mai elevata; proprio per questo il titolo è adatto soprattutto ai giocatori in erba e non agli esperti di puzzle game. Se a colazione mangiate The Witness e The Talos Principle, giusto per fare due esempi famosi, troverete il gioco di Dan Smith molto semplice. Proprio quando le cose cominciano a farsi un po’ più elaborate, l’opera si conclude. Indipendentemente da questo, le sfide sono ben pensate e “cresceranno” in modo interessante.

The Spectrum Retreat


The Spectrum Retreat è ovviamente una piccola opera di un piccolo creativo che ha appena iniziato a liberare il proprio talento (o almeno così speriamo). Anche l’apparato tecnico rispetta questi limiti produttivi. Il gioco di Dan Smith deve essere visto come un punto di partenza, tanto per lui quanto per i giocatori meno avvezzi ai puzzle game. Se volete approcciarvi al genere e volete un’opera che sappia anche raccontarvi una storia, The Spectrum Retreat è un’ottima scelta (soprattutto in sconto): le circa quattro ore di gioco sapranno intrattenervi; se siete enigmisti navigati, invece, questo gioco sarà al massimo uno scacciapensieri usa e getta.

L’articolo The Spectrum Retreat – Recensione proviene da GameSource.