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L’ex agente Derek Chauvin è stato riconosciuto colpevole dell’omicidio dell’afroamericano, George Floyd, morto soffocato durante l’arresto a Minneapolis, in Minnesota, il 25 maggio dell’anno scorso. Lo ha deciso la giuria, che si è riunita per due giorni, al termine di un processo che ha monopolizzato l’attenzione dei media, della politica e dell’opinione pubblica statunitense. 

Il verdetto arriva dopo tre settimane di audizioni, 46 testimoni, tra cui una bambina, e la continua riproposizione delle ultime immagini da vivo di Floyd. Chauvin, 44 anni, è stato riconosciuto colpevole di tutti i capi di imputazione, ovvero omicidio preterintenzionale, di secondo grado (ovvero senza averne l’intenzione, ma assumendone il rischio) e omicidio di terzo grado cioè per “indifferenza alla vita umana”.

Chauvin, che per nove minuti e 29 secondi tenne il ginocchio premuto sul collo di Floyd, era l’unico imputato nel processo. Qauutro dei 12 giurati erano afrioamericani.

“Il ginocchio sul collo di Floyd non era una mossa non autorizzata”, ha detto terminando la sua arringa Eric Nelson, l’avvocato difensore di Chauvin. Fuori dal Tribunale i familiari di Floyd e di Daunte Wright, il ragazzo di 20 anni ucciso dalla polizia, hanno tenuto una veglia di preghiera.

“Abbiamo sentito dire che George Floyd combatteva con la dipendenza dalla droga e che era stato indagato per aver spacciato una banconota falsa da venti dollari, ma non ci sono prove che sapesse che quella banconota era falsa. Lui non è imputato qui e non ha avuto un processo quando era vivo. Le sue ultime parole sono state ‘per favore, non respiro'”, aveva precedentemente detto il procuratore Steve Schleicher nel corso della requisitoria finale. “Questo – aveva aggiunto – non è un processo alla polizia, è il processo a un imputato. E per la buona polizia non c’è niente di peggio di una cattiva polizia”. 

Nell’ultima giornata di dibattimento, l’accusa, portata avanti dal procuratore Steve Schleicher, ha concentrato la requisitoria su quei 9 minuti e 29 secondi in cui l’agente ha tenuto il suo ginocchio premuto sul collo di Floyd, steso per terra, a faccia in giù, le mani bloccate dietro la schiena con le manette.

E alla vigilia la famiglia aveva invocato giustizia, anzi ha detto di aver “bisogno di una condanna”. Il processo è stato trasmesso in diretta tv: è stato concesso l’accesso nell’aula a tre telecamere dell’emittente Court TV, una rete statunitense che trasmette i processi. “Le sue ultime parole – ha detto il procuratore – sono state ‘per favore, non respiro’. Floyd non stava facendo del male a nessuno, non voleva fare male a nessuno”.

“Questo – ha aggiunto – non è un processo alla polizia, è il processo a un imputato. E per la buona polizia non c’è niente di peggio di una cattiva polizia”. Il legale di Chauvin, Eric Nelson, ha sostenuto come “la mossa del ginocchio non fosse non autorizzata”, nonostante molti poliziotti e addestratori, chiamati a testimoniare, abbiano detto il contrario. L’avvocato ha puntato sulla dipendenza di Floyd dagli oppioidi, legando la morte a una cattiva condizione dei polmoni, già logorati dalla droga.