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Esplode la protesta in Libano: il ‘sabato della rabbia’ a Beirut si è trasformato in un pomeriggio di caos e disordini, con centinaia di feriti e il presidente, Michel Aoun, che ha chiesto l’intervento dell’esercito.

Scene di guerriglia nel centro della capitale, dove i manifestanti hanno tentato di marciare fino al Parlamento per denunciare i ritardi della classe politica nel dar vita a un nuovo governo (più di due mesi dopo le dimissioni del premier, Rafic Hariri) e nel varare riforme che risollevino il Paese dei cedri dalla crisi economica.

I cortei si erano radunati in diverse zone della capitale e marciavano verso il centro sotto lo slogan “Non pagheremo noi il prezzo”. Ma quando i manifestanti hanno tentato di avvicinarsi al Parlamento lanciando sassi, insegne stradali, petardi e bombe molotov, sono stati fermati con idranti e gas lacrimogeni.

La violenza è scoppiata proprio davanti a una delle principali porte d’ingresso del Parlamento, quando i manifestanti, alcuni con il volto coperto, hanno attaccato i poliziotti antisommossa schierati dietro le barricate.

Nella ‘battaglia’, secondo la Croce Rossa, oltre 200 persone sono rimaste ferite, 80 delle quali hanno dovuto essere ricoverate in ospedale.

Il presidente Aoun ha chiesto all’esercito di riportare la calma. E il primo ministro dimissionario, Hariri, ha denunciato gli scontri e gli atti di sabotaggio, avvertendo che minacciano la “pace sociale” e assicurando che Beirut non tornerà ad essere un luogo di “distruzione e scontri”, chiaro riferimento alla guerra civile.

Superata la pausa natalizia, le manifestazioni in Libano – iniziate lo scorso 17 ottobre – hanno avuto una recrudescenza negli ultimi giorni. Dopo le dimissioni di Hariri, è stato nominato un nuovo premier, Hassan Diab, 60 anni, proposto dal blocco parlamentare sciita, capeggiato da Hezbollah.

Proprio il sostegno del movimento sciita ha nuovamente alimentato la rabbia dei manifestanti, in particolare della fazione sunnita del Paese (l’incarico di premier, secondo la divisione settaria in vigore in Libano, spetta a un rappresentante dell’ala sunnita). I manifestanti tra l’altro adesso chiedono tecnocrati e personalità indipendenti dai partiti tradizionali. E le manifestazioni vengono alimentate dalla crescente crisi economica, considerate le restrizioni che le banche stanno imponendo al ritiro di denaro. Il Libano ha un debito superiore a 80 miliardi di euro, oltre il 150% del suo Pil; e la Banca Mondiale ha avvertito a novembre che i tassi di povertà potrebbero raggiungere il 50% della popolazione (adesso si è a un terzo).