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L’accesso è permesso solo grazie al riconoscimento oculare e ognuno ha una card blockchain. Non è la sede di un’azienda della Silicon Valley o una scena di ‘Minority Report’ ma il campo profughi di Zaatari, il più grande centro di accoglienza di rifugiati siriani in Giordania. Una tendopoli che ospita 80.000 persone, più della metà bambini, scappate dai bombardamenti in Siria dal 2012. Molti hanno ancora negli occhi le immagini del milione di persone che a piedi si incamminarono quattro anni fa da Homs e da Aleppo verso l’Europa e quella straziante del piccolo Aylan.

Angela Merkel rischiò la stabilità del suo governo annunciando che avrebbe accolto quel popolo in fuga, ma Ungheria e Austria per prime chiusero le frontiere. Si aprì una delle più gravi crisi migratorie degli ultimi decenni e l’Unione europea decise di aiutare i paesi confinanti con la Siria, soprattutto Turchia, Libano e Giordania, mettendo mano al portafoglio per bloccare l’esodo lontano dai suoi confini.

Ai campi sorti in modo spontaneo, gestiti solo grazie all’impegno di Onu e di alcune ong, giunsero fondi, oltre 18 miliardi, impensabili per altri conflitti. E il campo di Zaatari, come quello di Azraq, sono diventati modelli e luoghi di sperimentazione per l’azione di cooperazione delle agenzie delle Nazioni unite che si occupano di emergenze: Unhcr e Wfp.

La vita nel campo non è rose e fiori. Ci sono bambini che in otto anni non hanno mai visto altro che le tende e i container degli aiuti internazionali, la luce elettrica non c’è tutto il giorno, l’acqua è contingentata. Quando piove e le stradine tra le tende diventano fango, o quando il sole batte impietoso non è facile vivere qui. Molti hanno lasciato le loro case distrutte dalle bombe, intere famiglie sono spezzate dalla guerra, una famiglia ogni cinque è composta solo di madre e figli, i mariti persi nei combattimenti contro o pro Assad. Ma l’assistenza è ai massimi livelli e la tecnologia ha fatto fare passi da gigante alla cooperazione.

Gli abitanti del campo, visitato nei giorni scorsi da Sergio Mattarella, sono infatti censiti da Unhcr grazie al riconoscimento oculare: chi esce grazie a un permesso può rientrare solo guardando una telecamera biometrica. Questo ha permesso di evitare l’ingresso nel campo di persone non registrate, ha garantito al governo giordano un controllo dei flussi e ha impedito le infiltrazioni dell’Isis.

Il World food programme, che assicura il cibo nelle situazioni di emergenza in tutto il mondo e assiste un milione di persone in Giordania, ha avviato un progetto pilota: una tessera ricaricabile con cui le famiglie possono fare acquisti nei due supermercati del campo. Un aiuto innovativo che raggiunge 110.000 siriani nei diversi campi in Giordania e che evita di inflazionare con cibo portato da fuori economie già fragili come quelle dei paesi che ospitano i profughi, alimentando invece il mercato locale.

“Cash for food” che gira su tessere simili ai bancomat gestite con tecnologia blockchain, il modello innovativo di distribuzione e controllo di dati sensibili che ha permesso di abbattere i costi di gestione e di aumentare la percentuale di stanziamenti che dai paesi donatori si trasformano direttamente in aiuti. Anche il riconoscimento oculare è usato per la distribuzione di aiuti: gli stessi supermercati hanno un visore biometrico che assicura la distribuzione di cibo alle persone in modo sicuro e affidabile. Tutti i dati sono basati sul nuovissimo sistema EyeCloud che garantisce ai rifugiati il diritto alla privacy.

Da poco più di un anno poi è stato costruito un impianto solare che ha permesso di aumentare da 8 a 14 le ore di copertura di energia elettrica del campo. Un impianto di 13 megawatt, donato da grandi aziende private, talmente potente che a volte quando il sole batte permette di avere un surplus di energia che il campo vende alla rete elettrica giordana. E già si pensa a rendere una piccola città permanente questa struttura, una volta terminata la guerra in Siria, perché molte famiglie che a casa hanno perso tutto e qui hanno trovato accoglienza e un lavoro, non intendono tornare in patria.

Per questo diversi studi di ingegneria e architettura stanno studiando materiali innovativi per rendere i prefabbricati più stabili. Insomma, la vita è dura, ma i massicci aiuti internazionali garantiscono a tutti servizi sociali gratuiti, dalla scuola alla sanità, e in questo angolo dolente del mondo ancora la speranza non è stata sconfitta e nei negozietti che si affacciano sul corso centrale di Zaatari, accanto alle piccole panetterie, hanno aperto anche alcuni negozi di abiti da sposa e altri di giocattoli.