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La Francia ha già accumulato più di 1,54 milioni di metri cubi di rifiuti radioattivi e la loro quantità aumenta ogni anno in modo esponenziale, rendendo impellente la costruzione di nuovi siti di stoccaggio. A lanciare l'allarme e' l'Agenzia nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi (ANDRA) nel suo rapporto triennale, che conferma uno scenario sempre più preoccupante e la necessità di soluzioni logistiche, ma soprattutto politiche, alla sfida del nucleare. In un tentativo di dare l'idea anche visivamente, l'agenzia ha spiegato che ogni anno un cittadino francese produce l'equivalente di "mezzo litro di latte in Tetrapak" di rifiuti radioattivi.

In 2 anni prodotti 85 mila metri cubi di rifiuti

Nei fatti, però, tra il 2015 e il 2016 sono stati prodotti altri 85 mila metri cubi di rifiuti. Il 60% proviene dal parco nucleare, il 27% da attività di ricerca, il 9% dal settore difesa e il rimanente da altre industrie e dal settore sanitario. Il 3% dei rifiuti è ad alta attività o lunga vita – centinaia di migliaia di anni per il loro smaltimento – e concentra il 99,8% della radioattività totale. Il 90% dei rifiuti ha invece un livello medio, basso o molto basso di attività. Rimane il fatto che gli attuali impianti di stoccaggio sono quasi arrivati a saturazione e ne servono altri sia di breve che media e lunga durata.

Per quelli più pericolosi è stato individuato un sito nel comune di Bure, nella Meuse (nord-est), al centro di una forte contestazione delle popolazioni locali e degli ambientalisti in difesa delle foreste. Nel 2019 l'ANDRA dovrà presentare formale richiesta per la sua creazione e il futuro Centro industriale di stoccaggio geologico (Cige'o) potrebbe aprire nel 2026. La sfida dello stoccaggio riguarda anche gli altri tipi di rifiuti, destinati a crescere in relazione alle normali attività di produzione e di consumo ma soprattutto in vista della chiusura ineluttabile dei reattori più vecchi. Ad oggi ben 19 centrali nucleari sono in servizio sul territorio francese, con un totale di 58 reattori, che coprono il 71% del fabbisogno nazionale in energia elettrica. Si tratta del secondo parco nucleare al mondo, dietro quello degli Stati Uniti, ma i suoi impianti stanno pericolosamente invecchiando.

La prima centrale, di Fessenheim, è entrata in servizio nel 1977; la durata massima di vita di un impianto è di circa 50-60 anni, ma già dai 40 anni in su aumentano i rischi ambientali e per la salute umana. Molte delle centrali francesi – costruite tra il 1977 e il 1992 – stanno quindi entrando in una fase di vita più critica. Sulla carta la legge di transizione energetica, varata nel 2015, sotto la presidenza del socialista Francois Hollande, prevede una riduzione costante della produzione di energia nucleare, per un livello massimo del 50% nel 2025.

Le promesse di Macron

In campagna elettorale, il presidente Emmanuel Macron si era impegnato in prima persona a favore della riduzione della dipendenza dal nucleare, promettendo di realizzare l'obiettivo prestabilito per legge. Il primo anno della sua presidenza si è concluso, ma le notizie per il nucleare non sono delle più confortanti. Il suo ministro per la transizione ecologica, il noto ambientalista Nicolas Hulot, ha già annunciato che difficilmente l'ambizioso traguardo verrà raggiunto, quindi per ora non si parla più di chiusura di un numero significativo di centrali.

Peggio ancora, pochi mesi fa Macron, dalla politica energetica molto prudente, si è detto possibilista, non escludendo alcuna opzione, neanche quella di costruire nuovi reattori. Tra gli argomenti tecnici e scientifici quello dell'impatto ambientale della riduzione del parco nucleare: la chiusura di 20 impianti raddoppierebbe le emissioni di C02, gas responsabile del cambiamento climatico. Una teoria respinta da molte associazioni ambientalisti francesi che a gran voce chiedono al governo maggior impegno per attuare politiche di controllo dei consumi energetici e sviluppare ulteriormente fonti di energie rinnovabili.

È alta la posta in gioco per il Paese leader nel settore nucleare, sia a livello nazionale che internazionale: tanti, troppo gli interessi di 'Electricite' de France' (EDF) e del gigante dell'uranio 'Areva', per citarne solo due. E' di poche settimane fa la firma dell'accordo di cooperazione tra EDF, General Electric e New Delhi per sviluppare in India il più grande progetto nucleare al mondo, che prevede la costruzione di sei reattori di ultima generazione (EPR) nel sud-ovest del gigante asiatico.