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Il neo premier spagnolo Pedro Sánchez ha deciso di accogliere la nave Aquarius dell’ong SOS Mediterranée con a bordo oltre 600 migranti, finita al centro di un  braccio di ferro tra l’Italia e Malta. Il leader del partito socialista ha messo a disposizione il porto di Valencia, che però dista più di 1.500 chilometri. Ma la Spagna se lo può ‘permettere’? Dopo anni di relativa calma e di calo del numero degli sbarchi, dallo scorso anno Madrid si è ritrovata a frontale una vera e propria emergenza.

Arrivi più che triplicati nel 2017

Secondo l’ultimo report dell’Oim (International Organization for Migration), da quando la rotta mediterranea meridionale è diventata ormai impercorribile, il numero di arrivi in Spagna è triplicato nel 2017 rispetto al 2016: 21.468 migranti sono arrivati nell’ultimo anno, in quello precedente erano solo 6.046. Il trend prosegue anche per quest’anno: sempre secondo l’IOM dal 1 gennaio al 31 marzo 2018 sono sbarcati in Spagna 3.369 migranti. Contro i 6.296 dell’Italia che comunque registra un crollo degli arrivi rispetto agli oltre 20mila dello stesso periodo del 2017. A fine maggio, i migranti che hanno messo piede sul suolo spagnolo sono 10.639. Dei migranti arrivati nel 2017, oltre il 65% dei migranti passati per i 7 centri di detenzione di stranieri operanti in Spagna non è stato rimpatriato. In totale sono stati 8.837 gli stranieri trasportati nei centri. Di questi, 3.041 sono rimpatriati nei Paesi d'origine, mentre il resto – 5.796 persone, pari al 65,5% – "è tornato in libertà", nell'impossibilità di eseguire gli ordini di espulsione.

Dati molto diversi da quelli che riguardano l'Italia, dove, dal primo gennaio del 2018 ad oggi, secondo il ministero dell'Interno, gli stranieri sbarcati in Italia sono stati 14.330:  un calo del 76,8% rispetto al 2017 (61.799) e del 72,37% rispetto al 2016 (51.863). In particolare, quelli provenienti dalla Libia sono scivolati dai 59.277 dei primi sei mesi del 2017 ai 9.832 dell’anno in corso: l’83,4% in meno nell’arco di 12 mesi.

I numeri, scrive Il Sole 24 Ore, aggiornati quotidianamente dal Viminale, fotografano una dinamica che sembra sposarsi male con gli allarmi sulla "invasione" e il "traffico di esseri umani" pubblicizzati nel vivo della campagna elettorale. A questo ritmo, scrive il quotidiano di Confindustria, è inverosimile che il bilancio dell’intero 2018 riesca anche solo ad avvicinarsi agli standard del biennio precedente:  181.436 migranti sbarcati nel 2016 e 119.369 nel 2017. 

L’effetto Libia

Ma perché questa ripresa degli sbarchi in Spagna? Per l’OIM, riporta Il Post, una delle ragioni per cui migranti e trafficanti stanno iniziando a spostarsi verso la Spagna è che la rotta che porta fino alle coste del Marocco è ritenuta più sicura rispetto a quella che passa per la Libia. Per arrivare in Spagna dall’Africa occidentale i migranti devono attraversare Senegal, Mauritania e infine Marocco, tutti paesi relativamente stabili e sicuri. Per arrivare in Libia, dove è ancora in corso una guerra civile, bisogna invece attraversare il Mali, un altro Paese ritenuto molto pericoloso. La parte più difficile per i migranti che scelgono di andare verso il Marocco e la Spagna è l’ultimo tratto della rotta. A far impennare il numero degli sbarchi c’è anche il fatto che gli accordi siglati tra Italia e Libia hanno fatto registrare un calo degli arrivi nel nostro Paese.

Come Madrid aveva contenuto i flussi

Negli anni la Spagna ha investito molto per frenare i flussi di migranti, sia in sistemi di sicurezza e sorveglianza lungo le coste e ai confini delle due enclavi africane, Ceuta e Melilla, sia in accordi per i rimpatri con i paesi dell’Africa nordoccidentale, come Marocco e Algeria. In particolare, secondo un accordo tra Madrid e Rabat, la Spagna ha il diritto di rimpatriare i cittadini marocchini entrati clandestinamente entro 48 ore. Gli altri vengono smistati in centri di identificazione chiusi dove possono essere trattenuti fino a 60 giorni in strutture che molto spesso assomigliano a delle carceri.