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La finta suspense è finita. Vladimir Vladimirovich Putin ha confermato ieri quello che già tutti sapevano: correrà alle presidenziali del prossimo anno per conquistare il suo quarto mandato e rimanere al Cremlino fino al 2024. Ha esercitato il potere sul Paese più esteso della Terra e ora si appresta a diventare anche il leader russo più longevo in carica dai tempi di Stalin.

Se alle urne a marzo vincerà, come ci si aspetta, al termine del suo mandato avrà 71 anni, di cui 25 trascorsi al potere, contando sia gli anni da presidente che quelli da primo ministro. Si tratterebbe, comunque, del suo ultimo mandato, perché la Costituzione impedisce di ricoprire la carica di capo di Stato più di due volte, in modo consecutivo.

Proprio questo fu il motivo per cui nel 2008, Putin (o VVP, come lo chiamano i russi dalle iniziali del suo nome) lasciò la guida del paese all'allora premier Dmitri Medvedev, in quello che è passato alla storia che "l'arrocco" (lo scambio di poltrone tra i due) e che causò malcontento, quando al termine della presidenza Medvedev, Putin si ricandidò presidente nel 2012: forti proteste scoppiarono nelle grandi città e soprattutto a Mosca, dove si concentra l'elettorato più liberale che chiedeva cambiamento e maggiore competizione politica. 

L'annuncio, un rituale studiato

"Putin è un politico per il quale non è importante solo il risultato, ma la scalpore che deriva dalla campagna elettorale", ha spiegato a Bloomberg Konstantin Kostin, ex funzionario al Cremlino che ora guida un think tank di consulenza politica. "Questo determina molto di quello che lui fa", ha aggiunto.

Dopo mesi di speculazioni e indiscrezioni su quale sarebbe stato lo scenario dell'atteso annuncio, Putin ha scelto Nizhni Novgorod, città sul Volga che ospiterà i Mondiali di Calcio: come palcoscenico, uno degli impianti automobilistici più gloriosi dell'Unione sovietica, la Gorkovsky Avtomobilny Zavod (Gaz), che ieri compiva 85 anni e dove ora i russi producono con Volkswagen, e come pubblico gli operai della fabbrica, sicuro bacino del suo elettorato. "Non c'era posto migliore di questo per fare questa dichiarazione", ha sottolineato Putin.

Sessantacinque anni, ex agente del Kgb, Vladimir Vladimirovich ha preso il posto di Boris Yeltsin nel 1999, mettendo fine all'era dell'economia post-sovietica e dei tumulti politici. Sotto Putin, la quota dello Stato nell'economia nazionale è arrivata al 70%, mentre l'opposizione è stata marginalizzata.

Gli alti prezzi del petrolio hanno contribuito nei suoi primi due mandati (che prima della riforma costituzionale erano di quattro anni) a generare maggiore ricchezza nel paese. Dopo la peggiore recessione degli ultimi 20 anni, vissuta tra il 2014 e il 2016 a causa del crollo del barile e delle sanzioni occidentali per le responsabilità russe nella crisi ucraina, l'economia è tornata a crescere.

Le previsioni per quello che è diventato il maggiore esportatore al mondo di energia si fermano però sotto il +2% annuo, mentre tra il 2000 e il 2008 la Federazione correva a una media annua del 7%. 

Un verdetto già scritto?

Una vittoria facile: i rivali di Putin sono già tutti schierati, ma nessuno può realmente degli filo da torcere. I sondaggi lo incoronano già vincitore, con una popolarità che viaggia quasi all'80%. Il blogger e avvocato Aleksei Navalny – leader più carismatico della debole opposizione di piazza, e che già da un anno sta conducendo una vivace campagna elettorale in tutte le regioni – difficilmente sarà ammesso alla presidenziali, per via dei suoi problemi con la giustizia, creati – a suo dire – ad hoc per tenerlo lontano dalla politica. 

La candidatura ufficiale di Putin arriva all'indomani della clamorosa decisione del Comitato olimpico internazionale (Cio) di sospendere la Russia dai Giochi invernali in Corea del Sud per il presunto programma del doping di Stato. Per alcuni non è un caso. Il verdetto del Cio, che già in passato le autorità russe hanno denunciato rispondere a logiche politiche, sarà usato per cementare l'elettorato intorno al messaggio: il mondo è contro di noi.

"La pressione esterna sulla Russia, letta come politicamente motivata e orchestrata dagli Usa, porterà a una maggiore coesione nazionale", ha dichiarato il direttore del Centro Carnegie di Mosca, Dmitri Trenin. Presentando la decisione del Cio come un complotto occidentale contro la Russia potrebbe aiutare il Cremlino a mobilitare l'elettorato, in un momento in cui l'incubo peggiore di Putin non sono le preferenze ma l'affluenza alle urne. "La pressione esterna ci rende solo piu' forti", ha detto a Reuters una fonte anonima vicina al governo.

Il presidente proprio ieri ha garantito che la Russia non boicotterà l'appuntamento in Corea del Sud ma poche settimane fa aveva dichiarato che dietro tutto questo scandalo ci sono gli Usa intenzionati a indebolire il Paese e influenzare le elezioni del prossimo anno.

Il rischio che al Cremlino sieda un'anatra zoppa

La vera sfida per Putin, quindi, non è alle urne a marzo, ma inizierà dal suo insediamento e andrà avanti fino al 2024, quando dovrà lasciare definitivamente il Cremlino, sollevando rischi di lotta interna ai vertici de potere. "Il maggior problema di Putin ora è creare un sistema di potere stabile, che possa funzionare dopo la sua uscita di scena. – secondo Aleksei Makarkin, vice capo del Centro Tecnologie politiche di Mosca – Il sistema attuale è costruito su una sola persona".

La vera minaccia per Putin inizierà una volta preso di nuovo il potere, a maggio del prossimo anno, ha avvertito Olga Kryshtanovskaya, sociologa che studia l'elite presso l'Accademia delle Scienze russa. "Sarà un periodo pericoloso, perché Putin diventerà un'anatra zoppa", ha spiegato, ipotizzando una frantumazione dell'elite, in cui campi opposti inizieranno a coalizzarsi intorno ai potenziali successori. In teoria, Putin potrebbe ritentare l'arrocco del 2008 anche nel 2024, provando a ottenere un quinto mandato nel 2030, all'età però di 78 anni. Media e analisti hanno cominciato a speculare sul fatto che cercherà di mantenere un ruolo influente, anche dopo la fine del suo mandato. Alcuni suggeriscono che si assisterà a una transizione già prima del 2014, con Putin che potrebbe passare a ricoprire il posto di capo del Consiglio di Stato, un organismo ora per lo più cerimoniale, che potrebbe essere riformato con nuove funzioni e autorità per permettergli di mantenere un controllo sul sistema politico del Paese. Secondo Gleb Pavlovksy, consigliere di Putin durante i suoi primi due mandati, "l'attenzione delle figure più potenti nell'elite ora è concentrata su come prepararsi a una Russia senza Putin".