Ultime News
Share on FacebookShare on Google+Tweet about this on TwitterEmail this to someone

AGI –  “L’inflazione è balzata in prima pagina fra le preoccupazioni dei mercati e degli economisti”; “dopo tanto tempo in cui i Paesi (e le Banche centrali) paventavano la deflazione e anelavano all’inflazione, quando questa arriva (o sembra arrivare) c’è chi ammonisce contro un ritorno di quella febbre dei prezzi che ammorbava l’economia vari decenni fa. Ma gli allarmi e gli stracciamenti di vesti non sono giustificati”.

Lo affermano Fabrizio Galimberti e Luca Paolazzi in un analisi su Firstonline.

Secondo i due economisti, “si continuano a sottovalutare i potenti fattori strutturali – diversi dalla domanda e dai costi – che tengono un coperchio sui prezzi. Fattori che vanno dalla globalizzazione all’immigrazione, dalle vendite online ai mille modi – molti in atto e molti ancora in potenza – che consentono alla rivoluzione digitale di trovare modi più economici per produrre beni e servizi”.

“I tassi a lunga – proseguono Galimberti e Paolazzi – dopo varie prove di risalita negli ultimi due mesi, hanno imboccato più decisamente il rialzo.

Un rialzo che appare storicamente modesto, ma che, dopo anni di tassi schiacciati sui minimi storici, innervosisce i mercati.

Dietro questo rialzo ci sono notizie vere e notizie false: quelle vere riguardano la ripresa che continua e i deficit pubblici che si accumulano; quelle false riguardano la possibilità che le pressioni sui prezzi si aggravino e diventino permanenti”.

In Italia, l‘effetto Draghi permane: lo spread, che aveva perfino bucato all’ingiù quota 100, rimane intorno a quel numero tondo (bisogna tornare indietro di 11 anni per trovarne uno più favorevole).

La Bce segnala che l’aumento dei rendimenti a lunga non è confacente a un’economia ancora debole; i mezzi per contrastare questo andamento sono in suo possesso, e aspettiamo che alle parole seguano i fatti.

Se i tassi nominali salgono, quelli reali scendono in Europa e segnatamente in Italia, complice l’aumento dell’inflazione, peraltro influenzata da fattori una tantum.

Da segnalare che, per la prima volta da tempi immemori, i tassi reali sui BTp sono diventati negativi.

“In America, dove l’aumento dei rendimenti del T-Bond è stato più netto, i tassi reali non sono scesi, ma si mantengono vicino allo zero, se non sotto; il che, con un’economia americana che va a crescere del 6% quest’anno, configura un bell’assist a detta crescita”.

“I mercati azionari – sottolineano i due economisti -rimangono su alti livelli, anche se qualche strappo (verso il basso e poi verso l’alto) tradisce un certo nervosismo, in cui si mischiano due fattori: la sensazione che si è corso troppo e che siamo maturi per una correzione, da una parte; e, dall’altra, i già menzionati timori di un ritorno dell’inflazione con conseguente aumento dei tassi che porterebbe uno sconquasso molto maggiore del famoso taper tantrum del 2013. Il primo fattore è più serio del secondo”.

“Anche in questo caso – concludono – fare previsioni a breve sui mercati azionari è un gioco che non vale la candela. Gli ottimisti continueranno a fidarsi delle Borse, i pessimisti aumenteranno la quota di cash nel portafoglio”.