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La proposta di Germania e Francia sul Recovery fund, 500 miliardi di euro da indirizzare verso i Paesi più colpiti dalla crisi innescata dalla pandemia di coronavirus, è una svolta oppure ‘solo’ un primo passo importante nella direzione giusta? È la domanda che si pone l’economista Lorenzo Codogno, che propende per la seconda opzione, riconoscendo comunque “le grandi novità” del piano. Per l’ex capo economista del dipartimento del Tesoro, la proposta ha avuto un impatto (positivo) immediato sui mercati, che ne hanno colto le potenzialità. Ma potrebbe anche essere qualcosa di più.

“Siamo al cosiddetto momento Hamilton (Alexander, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, ndr) per la zona Euro?”, è la domanda cruciale. Hamilton fu il primo a pensare a un debito comune. E dunque: siamo dinnanzi al primo caso di debito comune europeo? Non ancora. Non siamo di fronte all’equivalente europeo del compromesso di Hamilton del 1790, perché l’Unione non prenderà su di sé qualsiasi debito, ma qualcosa di simile, è la tesi di Codogno.

Nella proposta siglata Merkel-Macron, ricorda l’esperto nella sua analisi, il Recovery Fund “prevede l’erogazione di 500 miliardi di euro dalla voce spese del bilancio dell’Ue”. Non si tratta dunque di prestiti, ma di finanziamenti, di contributi a fondo perduto che “saranno messi a disposizione delle regioni e dei settori più colpiti dalla pandemia”. E poi: “Migliorerà la resilienza, la convergenza e la competitività delle economie europee e aumenterà gli investimenti, in particolare nelle transizioni ecologiche e digitali e nel rafforzamento di ricerca e innovazione”. Il finanziamento al Fondo “sarà mirato alle sfide della crisi pandemica e alle sue conseguenze” e non sarà poi erogato ai singoli Stati membri del blocco sotto forma di prestiti, ma “utilizzato per sostenere le spese di bilancio Ue. Saranno insomma contributi a fondo perduto”, non prestiti.

“Una buona notizia”, per il visiting professor in practice alla London School of Economics di Londra, che sottolinea come “si tratterebbe di spese per programmi dell’Ue con governance e sorveglianza dell’Unione, sebbene a favore dei settori e delle regioni maggiormente colpiti” dall’emergenza Covid. L’Unione europea quindi “si allontanerebbe dall’impostazione del prestito a favore di un‘espansione del bilancio dell’Ue“.

La proposta, ricorda ancora Codogno, dovrà essere approvata dalla Commissione europea il 27 maggio. “Ma sarà sostenuta da tutti i Paesi? Oppure Olanda, Austria, Danimarca e Svezia continueranno a opporsi all’idea, visto che preferiscono di gran lunga ricorrere ai prestiti?”, prosegue l’analisi. Sono passati “i bei vecchi tempi – riflette l’esperto – in cui le iniziative in Europa erano decise a Berlino e Parigi. Ora la geografia politica in Europa è molto più complicata”. La garanzia di una “governance e sorveglianza dell’Ue” per l’economista “dovrebbe comunque essere un argomento forte per convincere i ‘quattro’ a sostenere il piano franco-tedesco(possibilmente con l’intervento della Merkel). Darebbe garanzia certa che i fondi siano utilizzati in modo appropriato (soprattutto in alcuni Paesi) e in linea con le priorità dell’Ue”.    

Per Codogno, la Commissione “molto probabilmente” si sposterà nelle direzioni suggerite da Francia e Germania. Il bilancio dell’Ue “verrebbe aumentato all’interno del quadro di governance e sorveglianza. E questo dovrebbe essere considerato un buono sviluppo nella direzione di un’ulteriore integrazione economica e politica, in attesa della ‘Conferenza sul futuro dell’Europa’ menzionata anche nella proposta franco-tedesca”. In conclusione, “è un passo positivo nella direzione di contribuire a sostenere l’economia della zona euro, ma non è una svolta (o almeno non ancora)”.