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Il grande matrimonio bancario in Germania è saltato: dopo solo cinque settimane di discussioni, Deutsche Bank e Commerzbank, rispettivamente prima e seconda banca tedesca, hanno annunciato oggi che l’ipotesi di fusione “non avrebbe creato sufficienti vantaggi per superare i rischi connessi a una tale operazione”.

I due Ceo, Christian Sewing di Deutsche Bank e Martin Zieke di Commerzbank, hanno sottolineato in un comunicato congiunto che la fusione avrebbe comportato notevoli costi di ristrutturazione e avrebbe fatto scattare requisiti di capitale molto ingenti. Vengono rilanciate così le possibilità di un accordo che coinvolga la sola Commerzbank, per cui da mesi girano i nomi di tre candidati: la francese Bnp Paribas, l’olandese Ing e l’italiana Unicredit.

Quest’ultima potrebbe proporre la fusione con la controllata HypoVereinsBank, quinta banca tedesca. Dall’operazione nascerebbero importanti sinergie e lo Stato tedesco potrebbe mantenere un’importante quota nella banca che si verrebbe a creare. Uno degli azionisti di Commerzbank, Lyxor Asset Management, si è augurato che la banca esplori la possibilità di un accordo alternativo con uno di questi istituti, sostenendo che la fusione con Deutsche Bank andasse a vantaggio solo di questa.

Mettere insieme due zoppi non sembrava una buona soluzione

Finisce senza rimpianti intanto un’ipotesi di aggregazione che aveva sempre trovato più critici che estimatori. Le banche tedesche hanno gravi problemi di costi e di scarsa redditività e mettere insieme due zoppi non sembrava una buona soluzione. Per quanto poco convinti, i management delle due banche si sono impegnati in un serio esame dei costi e dei benefici perché la fusione aveva un grosso sponsor nel ministro delle Finanze, Olaf Scholz, che ancora oggi, commentando il fallimento delle trattative, ha detto che la Germania ha bisogno di grandi banche efficienti in grado di accompagnare e sostenere la sua industria in giro per il mondo.

Con la ventilata ipotesi che la fusione avrebbe comportato 30mila esuberi, è chiaro che i primi ad essere contrari erano i sindacati. In Germania questo è determinante, perché in base alla legge sulla cogestione metà dei posti dei consigli di sorveglianza delle aziende, banche comprese, sono occupati dai rappresentanti dei lavoratori.

Sembra anche che alcuni dei principali azionisti di Deutsche Bank non vedessero di buon occhio l’operazione. Deutsche Bank ha un azionariato diffuso e i primi soci, tutti con quote inferiori al 5%, sono grandi fondi Usa come BlackRock (4,8%) e Douglas Braunstein (3,1%). La stessa BlackRock è importante socio di Commerzbank con il 5%, mentre il primo azionista è il governo tedesco che ha il 15%, quota assunta quando intervenne per salvare la banca nel 2009 iniettandovi 1,77 miliardi di euro.

Ora per rilanciare le banche servono nuovi capitali

La Borsa oggi ha reagito mandando in ribasso i titoli di entrambe le banche: Deutsche Bank perde poco meno del 2% a 7,45 euro, Commerz scende del 3,3% a 7,58 euro. Se fosse andata in porto, l’operazione si sarebbe configurata come un’acquisizione da parte di Deutsche Bank, e questo aveva spinto nell’ultimo mese acquisti speculativi su Commerzbank, con le azioni salite da fine marzo a oggi del 14%, il doppio di quanto ha guadagnato l’indice Dax dell’intero listino di Francoforte.

Il fallimento del negoziato, per quanto previsto, accende un faro sulla situazione critica del sistema bancario tedesco e in particolare del colosso Deutsche Bank. La crisi è ben riassunta dall’andamento del titolo in Borsa: -42% negli ultimi 12 mesi, -80% negli ultimi cinque anni. Insieme alla fine delle trattative, Deutsche Bank ha annunciato oggi alcuni dati preliminari dei risultati del primo trimestre 2019, che diffonderà domani in maniera più ampia.

L’utile netto è stato di circa 200 milioni di euro e si confronta con la perdita di 409 milioni registrata nell’ultimo trimestre del 2018. Il Ceo Sewing ha detto che i risultati sono in linea con il piano che prevede una forte riduzione dei costi. Due sono i grandi problemi di Deutsche Bank: una struttura ipertrofica che conta oggi 91.700 dipendenti e un’attività di trading ancora pesantemente esposta ai prodotti derivati, gli stessi che scatenarono la drammatica crisi del 2008. Secondo alcuni osservatori, per rilanciarsi la banca sarà obbligata a raccogliere nuovi capitali.

Diverso il discorso per Commerzbank. La banca conta poco meno di 50mila dipendenti, ha chiuso il 2018 con un utile netto di 865 milioni e dovrebbe sfiorare quest’anno il miliardo. Per quanto poco redditizia, la sua posizione al centro del sistema Germania la rende appetibile per un’aggregazione.