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L'Unione Europea non vuole distruggere l'ordine mondiale e si allea con la Cina contro i venti del protezionismo. Mentre a Helsinki va in scena il summit tra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il presidente russo, Vladimir Putin, a Pechino il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, avverte Usa, Russia e Cina di non dare vita a una guerra commerciale e di non distruggere un ordine internazionale che per decenni ha assicurato la pace in Europa, lo sviluppo in Cina e la fine della guerra fredda. “C’è ancora tempo per prevenire i conflitti e il caos”, ha detto Tusk, in un messaggio diretto sia al principale interlocutore, il primo ministro cinese Li Keqiang, che ospitava il ventesimo summit tra Cina e Europea tenutosi a Pechino. Parole rivolte anche – e soprattutto – ai protagonisti del vertice finlandese

Tusk aveva già risposto ieri, a Trump, su Twitter, definendo “fake news” le affermazioni del presidente Usa rilasciate alla Cbs, nelle quali definisce l’Unione Europea un “nemico”, termine utilizzato nella sfumatura di antagonista sul piano del commercio, assieme a Russia  “sotto certi aspetti”, e “sul piano economico”, la Cina. Stati Uniti e Unione Europea sono “i migliori amici” nella visione di Tusk, che oggi ha voluto ampliare il suo pensiero durante la conferenza stampa alla Grande Sala del Popolo, il palazzo del parlamento cinese che affaccia su piazza Tian'anmen. “E’ nostro dovere non distruggere questo ordine e non avviare guerre commerciali che sono spesso sfociate in conflitti, ma coraggiosamente e responsabilmente riformare l’ordine globale fondato sulle regole”, ha spiegato il presidente del Consiglio Ue – in un messaggio successivamente ribadito anche su Twitter – con al fianco lo stesso Li Keqiang, e il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker.

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“Siamo consapevoli che l’architettura del mondo sta cambiando sotto i nostri occhi, ed è nostra comune responsabilità fare un cambiamento per il meglio”, ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo. “Questo è il motivo per cui chiedo ai nostri ospiti cinesi, ma anche ai presidenti Trump e Putin di cominciare assieme questo processo da una riforma del Wto”, l’Organizzazione Mondiale del Commercio. Il sostegno al multilateralismo per la costruzione di “un’economia globale aperta” e la riforma del Wto sono stati tra i principali punti di accordo tra Cina e Unione Europea, che dichiarano di volere “resistere al protezionismo e all’unilateralismo”. Pechino e Bruxelles si impegnano a “cooperare sulla riforma del Wto per assisterlo nell’andare incontro alle nuove sfide e a stabilire, per questo fine, un gruppo di lavoro congiunto sulla riforma del Wto, presieduto a livello vice-ministeriale”, si sottolinea nel documento. L’importanza del multilateralismo è stata ribadita anche in relazione agli accordi sul clima di Parigi, da cui gli Usa hanno annunciato il ritiro lo scorso anno, per la sua capacità di “costruire soluzioni giuste ed efficaci ai più importanti problemi del nostro tempo”.

Sul piano della cooperazione bilaterale, Cina e Unione Europea si dicono d’accordo nell’attribuire “priorità assoluta” ai negoziati in corso per l’accordo sugli investimenti e si rallegrano per gli scambi di offerte di accesso ai rispettivi mercati, nonostante permangano alcune divergenze tra i due giganti commerciali. Pechino e Bruxelles si sono impegnate anche ad accelerare i negoziati sull’accordo per la cooperazione sulle indicazioni geografiche protette, da concludere “se possibile” entro la fine di ottobre, come annunciato dallo stesso primo ministro cinese, Li Keqiang: per l’Ue, però, la Cina può fare di più. La Cina “può aprire la propria economia se lo vuole”, ha dichiarato Juncker, sottolineando che l’Unione Europea è “aperta, ma non è naive”. In più occasioni, la Ue ha sottolineato di condividere alcune preoccupazioni statunitensi rispetto alla Cina, pur non apprezzando i metodi usati da Washington. Le preoccupazioni di Bruxelles sono riemerse anche oggi: Tusk, nel suo intervento, ha sottolineato la necessità di “nuove regole” in diversi settori, tra cui quelli della protezione della proprietà intellettuale, dei sussidi alle industrie e dei trasferimenti forzati di tecnologia, chiedendo metodi “più efficaci” di risoluzione delle controversie.