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L’ultima ipotesi per portare Paolo Savona all’Economia è uno spacchettamento del ministero, dividendolo in Finanze e Bilancio, strada che consentirebbe di affidare all’81enne economista, in questi giorni oggetto di tensione tra il nascente governo Lega-M5s e il Quirinale, le Finanze, mentre ad una secondo ministro il Bilancio. Il nome di questo secondo ministro sarebbe quello di Rainer Masera, banchiere 74enne di lungo corso e gradito ai Cinque stelle. Un ‘ticket’ insomma per permettere al governo di uscire dall’impasse.

“La strada dello spacchettamento non è una novità assoluta”, scrive l’Huffington Post che ha rivelato questa ipotesi. Il sito ricorda come il ministero dell’Economia, così come siamo stati abituati a conoscerlo oggi, in realtà esiste solo da 20 anni, a seguito della riforma del 199 quando c’era “il Tesoro, le Finanze e il Bilancio". Quindi "alle Finanze erano affidate tutte quelle deleghe che avevano a che fare con tasse, gabelle e fisco in generale. In sostanza era una specie di grosso dicastero delle entrate. Al Bilancio invece toccava stendere i piani di politica economica e avere i rapporti in sede internazionale, quindi si potrebbe definirlo come un altrettanto grosso ministero delle uscite”. 

Rainer Masera, classe 1944 e nato a Como, fino al 2013 è stato membro esperto della Banca europea per gli investimenti, dopo un passato che lo ha visto capo del servizio studi e direttore centrale della ricerca economica di Bankitalia tra il 1975 e il 1988. Masera è stato inoltre amministratore delegato e presidente del Gruppo SanPaolo IMI di Torino, presidente della Rete ferroviaria italiana, ministro tecnico del Bilancio e della Programmazione economica del Governo Dini nel 1994.

Nel suo curriculum risulta essere stato l'ultimo presidente delle "Financial Institutions", istituzioni finanziarie, per l’Italia di Lehman Brothers, fino al 2008, anno in cui la banca d’affari statunitense avviò la procedura di fallimento, oggi ricordato tra le cause principali del crack finanziario che portò alla peggiore crisi economica dal secondo dopoguerra. Nel 2013 invece, tre mesi dopo la sua nomina a presidente di Banca Marche, si dimette dopo aver riscontrato l’impossibilità di finanziare le imprese locali puntando il dito contro i capitani di industria colpevoli di non aver svolto il ruolo di “perno per il necessario rafforzamento patrimoniale della Banca”.