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(AGI) – Roma, 12 ago. – La Cina ha svalutato di nuovo lo yuan, dopo una prima svalutazione avvenuta ieri. La banca centrale ha fissato il tasso di cambio odierno a 6.3306 contro il dollaro e ha definito queste mosse una tantum, nel quadro di un nuovo sistema di gestione dei cambi che dovra’ far piu’ riferimento al mercato. “Attualmente – spiega la banca centrale – non ci sono le basi per un sostenuto trend di dprezzamento”.

Tuttavia i mercati non gradiscono la decisione, che di fatto mira a sostenere l’export cinese, e temono l’avvio di una guerra valutaria. Lo yuan in due giorni ha perso il 3,5% del suo valure in Cina e circa il 4,8% sui mercati globali. A risentirne oggi sono la rupia indonesiana e il ringgit malese, ai minimi da 17 anni, mentre il dollaro australiano e quello neozelandese scendono ai minimi da sei anni. Le borse europee affondano per i timori: Londra cede l’1,4%.

Piazza Affari prosegue in ribasso, giu’ Fiat e lusso

A Milano l’indice Ftse Mib segna -2,44%. Francoforte perde il 2,4% e Parigi il 2,77%. Madrid cala dell’1,92% e Atene dell’1,5%. Eppure, il Fondo monetario internazionale considera il nuovo meccanismo deciso dalla Cina per fissare le oscillazioni giornaliere dello yuan come “un passo che appare positivo”, perche’ consentira’ ai mercati di avere un maggiore ruolo nel determinare i tassi di cambio.

“Riteniamo – spiega un portavoce del Fmi – che la Cina possa raggiungere un tasso di cambio effettivamente fluttuante sui mercati entro due o tre anni”. Intanto, sono forti in Cina le pressioni politiche sulla banca centrale per svalutare ancora lo yuan e favorire l’export e l’economia. Lo rivelano fonti vicine ai circoli governativi, secondo cui la spinta e’ per svalutazioni graduali, che evitino fughe di capitali e non disincentivino l’utilzzo dello yuan nelle transazioni internazionali.

Secondo gli esperti cinesi, il deprezzamento per essere efficace e aiutare veramente l’economia dovrebbe essere intorno al 10%. Il ministero del Commercio di Pechino ieri ha ufficialmente apprezzato la svalutazione e le fonti assicurano che nel dicastero si e’ brindato per la decisione della banca centrale di abbandonare la politica dello yuan forte, che favorisce il potere d’acquisto interno e spinge le imprese cinesi a usare lo yuan negli investimenti esteri.

Fino alle recenti svalutazioni, lo yuan si era apprezzato in 12 mesi del 14%. Il premier Li Keqiang aveva ripetutamente negato che Pechino intendesse procedere a svalutazioni, pur lanciando l’allarme per il rallentamento dell’economia. Probabilmente a far pendere l’ago della bilancia verso la svalutazione e’ stato il dato shock di luglio sul calo dell’8,3% delle esportazioni. Il governo di Pechino ha fissato un target di crescita del 7% quest’anno e intende non scostarsi troppo da questo obiettivo nei prossimi cinque anni. (AGI)