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Certo, non poteva non creare malumori – all’interno dell’Arma dei Carabinieri – la lettera scritta dal Generale Nistri e inviata alla sorella di Stefano Cucchi, Ilaria, e a tutta la sua famiglia, per i tanti anni di omertà che hanno avvolto il caso del ragazzo arrestato e poi ucciso di botte all’interno di una caserma di Stato. “Mi creda, e se lo ritiene lo dica ai suoi genitori, abbiamo la vostra stessa impazienza che su ogni aspetto della morte di Suo fratello si faccia piena luce e che ci siano infine le condizioni per adottare i conseguenti provvedimenti verso chi ha mancato ai propri doveri e al giuramento di fedeltà”, preannunciando così la costituzione di parte civile dell’Arma al fianco della famiglia.

A due giorni dalla pubblicazione dell’epistola, il sindacato interno fa sentire la propria voce dissonante e chiede le dimissioni del generale: “Nistri si deve dimettere” titola La Stampa a pag. 14 dando così voce, peso e corpo all’”ira” finora sopita all’interno dell’organismo di rappresentanza sindacale dei militari, il Sim, che ha per suo Presidente proprio il capitano Sergio De Caprio, più famoso come Capitano Ultimo, colui il quale eseguì l’arresto di Totò Riina, il capo di Cosa Nostra, il responsabile delle morti dei magistrati Falcone e Borsellino nel 1992.

È uno scontro interno durissimo, quasi all’arma bianca. Proprio ieri, era stato lo stesso Ultimo – sempre attraverso le colonne de La Stampa, che l’ha anticipato – a dare sfogo al sentimento di disagio interno, “perché per dieci anni il vertice dell’Arma ha ignorato e negato il caso Cucchi? Ora se ne accorge. Qualcuno dirà: meglio tardi che mai. Invece no, è troppo tardi. E noi carabinieri ci sentiamo parte lesa per questo ingiustificabile ritardo». Come a dire, siamo noi che vogliamo essere risarciti per il disonore procuratoci dai vertici.

Lo si evince dal fatto, come sottolinea il giornale torinese, che “De Caprio non vuole sentirsi messo in contrapposizione con la famiglia Cucchi”, anzi, proprio il contrario: “Nessuno potrà strumentalmente allontanarci da Ilaria Cucchi e dalla sua famiglia. Siamo da sempre accanto alle vittime e per le vittime contro ogni abuso e non al servizio di altri padroni” scrive il giornale riportando la dichiarazione di Ultimo. Dichiarazione priva di equivoci in quanto lui stesso “è da sempre in rotta con le gerarchie” e in quanto tale e non solo per questo “è una leggenda vivente” come sottolineava sempre ieri il quotidiano.

Insomma, la lettera del Generale avrebbe dato ai carabinieri la sensazione di essere stati abbandonati, tanto che nel comunicato scrivono: “Il Sim Carabinieri auspica che da oggi, e per tutti i giorni a venire, il generale Giovanni Nistri senta l’impulso per chiedere all’Arma di costituirsi parte civile in ogni processo in cui ogni Carabinieri è parte lesa. Noi lo faremo, perché nessuno sarà mai più lasciato solo!”. Insomma, il problema è la gerarchia interna, sotto accusa sono proprio i vertici. In rotta con la politica ma anche con l’opinione pubblica.

E ancora: “Il Sim Carabinieri allo stesso modo non può non dichiarare con fermezza, la profonda delusione e amarezza per non aver mai sentito dagli stessi vertici dell’Arma, la possibilità di costituirsi parte civile in favore e a difesa dei Carabinieri che subiscono sputi e insulti da manifestanti nelle piazze o negli stadi, dai Carabinieri che vengono insultati solo per avere indosso una divisa, dai Carabinieri che sui social vengono posti come bersaglio di frasi di odio e nefandezze al loro indirizzo e dei loro familiari”. Insomma, “un’amara delusione. Noi di questo ci occupiamo, delle inerzie e dei ritardi, per creare un sistema migliore e non certo per sciacallaggio.

Per il quotidiano torinese, si legge oggi, si tratta di “una sventola durissima contro la gerarchia”.  Del resto, prosegue, “conoscendo la tormentata storia di De Caprio, in perenne lotta contro i superiori, non meraviglia. E il comando generale, sentita la bufera in arrivo, prova a chiarire che non è affatto vero, come il nascente sindacato aveva lamentato, che i carabinieri vengono lasciati soli nella aule di giustizia” ricordando che proprio l’Arma “ha promosso la costituzione di parte civile nel procedimento penale a carico di Luigi Preiti per il tentato omicidio del brigadiere Giuseppe Giangrande (il 28 aprile 2013 a Roma); nel procedimento a carico di Gaetano Azzinnaro e altri 24 per i disordini (a Roma il 15 ottobre 2011)quando degenerò una manifestazione; a Caserta, dove il vicebrigadiere Emanuele Reali è deceduto (il 6 novembre 2018), dopo essere stato investito da un treno nel corso di un inseguimento a piedi; e nel procedimento penale a carico di Roberto Vignozzi, imputato per l’omicidio del maresciallo Antonio Taibi (a Massa, il 27 gennaio 2016)”.

 “Anziché pensare di costituirsi parte civile nel caso di Stefano Cucchi, sarebbe stato forse più utile per la dignità dell’Arma dare le dimissioni, senza tanti equivoci e come segnale di discontinuità” diceva Ultimo ieri, incipit dell’articolo di oggi.

Su la Repubblica, Carlo Bonini, passa in rassegna “le parole dei politici” in questi anni per dimostrare come “ la difesa dell’Arma è diventata un atto d’accusa verso la vittima”: “’Morto perché drogato’, da La Russa a Salvini nove anni d’infamie” il titolo.