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Chelsey Manning, Edward Snowden, ma anche l’anonimo “John Doe” dietro i Panama Papers. E le tante altre fonti, anche meno note e clamorose, che negli ultimi anni hanno avvicinato giornalisti attraverso l’uso di strumenti e comunicazioni digitali. La Rete ha fatto emergere con forza la figura del whistleblower, termine che ancora con difficoltà viene reso in italiano e che indica chi, da dentro una organizzazione, denunci pubblicamente un abuso di potere, corruzione, malversazioni; insomma qualcuno che faccia una rivelazione nel pubblico interesse prendendosi però anche dei rischi.

La Rete agevola le fughe di dati, le comunicazioni a distanza e riservate, ma nello stesso tempo queste stesse interazioni digitali possono essere estremamente fragili, possono tradire proprio la fonte. Che magari rischia il posto di lavoro, o di mettere a repentaglio la propria vita professionale, sociale, famigliare. A volte la propria vita e basta, specie in alcuni Paesi. E l’anonimato in cui si possono muovere in alcuni casi, se da un lato può essere un’opportunità, dall’altro solleva problemi nuovi per i reporter.

Per tutti questi motivi a livello internazionale è in corso una riflessione, nel mondo dei media e dei ricercatori, su quali possano essere le indicazioni e i comportamenti migliori da adottare. La giornalista e studiosa australiana Julie Posetti, nell’ambito del progetto Blueprint for Free Speech, sta cercando di definire una sorta di decalogo, di manuale per giornalisti su “Come lavorare con i whistleblower nell’era digitale”. E ha presentato una prima bozza di questo lavoro al Festival del giornalismo di Perugia. Ecco alcune delle indicazioni tracciate finora:

 

  • Primo, proteggi le tue fonti
     
  • Riconosci i costi di rivelare queste informazioni affrontati dalla tua fonte (whistleblower)
     
  • Difendi l’anonimato quando è richiesto
     
  • Sottoponi ogni storia che includa una fonte confidenziale a una valutazione del rischio digitale
     
  • Sii responsabile della tua igiene e difesa digitale
     
  • Abbraccia e usa la crittografia
     
  • Difendi la crittografia come diritto umano connesso alla libertà di espressione e all’accesso all’informazione
     
  • Su storie sensibili, insegna ai tuoi whistleblower alcune norme di sicurezza di base rispetto ai dati conservati (a riposo)
     
  • Fai lo stesso rispetto ai dati in transito
     
  • Pubblica documenti originali quando è possibile e sicuro farlo
     
  • Riconosci l’importanza dei dataset come storie e pubblicali nella loro interezza quando è possibile
     
  • Cancella i dati forniti da fonti quando ti viene chiesto per la loro protezione, in modo coerente con obblighi etici e legali
     
  • Cancella i dati quando non sono più necessari, e fallo in modo sicuro
     
  • Assicurati che le piattaforme per ricevere segnalazioni offrano un buon livello di sicurezza e anonimato
     
  • Verifica i materiali concentrandoti sulle informazioni di pubblico interesse, non sulle tue opinioni rispetto alla fonte
     
  • Incoraggia la tua organizzazione a fornire corsi di sicurezza digitale
     
  • Se hai a che fare con fonti molto a rischio, aiutale a immaginare come gestire quello che succederà quando la storia esce fuori
     
  • Comprendi la cornice legale locale, statale e internazionale necessaria per proteggere fonti confidenziali