Ultime News
Share on FacebookShare on Google+Tweet about this on TwitterEmail this to someone

Non solo le ceneri contaminate vendute alle Cementir di Taranto e finite nel cemento prodotto rendono il materiale meno resistente, ma potrebbero costituire un serio rischio per la salute. Nell'inchiesta Araba Fenice che ha portato al sequestro per 60 giorni della centrale Enel di Cerano (Brindisi), della Cementir e dei parchi loppa d'altoforno dell'Ilva di Taranto, emerge un altro inquietante aspetto che irrobustisce le durissime accuse della procura di Lecce. Secondo gli inquirenti, quel materiale da destinare agli smaltimenti speciali, sarebbe stato riutilizzato per la produzione del cemento. Trasformando così un costo in un ricavo. Un giro per il quale 31 persone sono state iscritte nel registro degli indagati per i reati di traffico illecito di rifiuti e attività di gestione di rifiuti non autorizzata. Il gip ha disposto il sequestro degli stabilimenti con parziale facoltà d'uso per 60 giorni e il sequestro per equivalente dell'ingiusto profitto dell'Enel per una cifra pari a mezzo miliardo di euro in depositi, titoli, crediti, immobili.

I rischi per la sicurezza 

L'azoto ammoniacale indebolisce il cemento

Nelle ceneri contaminate è stata rilevata la presenza di ammoniaca, nichel, vanadio e mercurio. Tra tutte, osserva il Fatto Quotidiano, è lo ione ammonio il più pericoloso perché può causare decalcificazione e perdita di resistenza meccanica. Tradotto: materiale meno resistente. La presenza di “sostanze alcaline come l’azoto ammoniacale”, a parere del pm, influisce “sulla qualità e sulla composizione del prodotto finale, privando il cemento così ottenuto di alcune caratteristiche chimico-fisiche coessenziali alle sue funzioni in impiego in campo civile e industriale”. In particolare, aggiunge, “lo ione ammonio può essere alla base del processo di decalcificazione del calcestruzzo che inficia le proprietà leganti del più utilizzato materiale di costruzione”.

La decalcificazione, ad avviso dei magistrati, trasforma in “prodotti progressivamente meno leganti” i silicati idrati. E questo processo chimico, che potrebbe scaturite dalla presenza dell’ammoniaca, si manifesta con “un aumento di porosità” del calcestruzzo e “soprattutto con una perdita di resistenza meccanica”.

I pericoli per la salute

L'ultima parola sulla tossicità per la salute dell'uomo spetterà agli esperti di Arpa e al ministero della Salute, "ma mi sento di dire al momento che non ci sono problemi", ha detto il procuratore de Castris. "Secondo la consulenza tecnica disposta, le ceneri provenienti dalla combustione di idrocarburi sono state qualificate dal nostro consulente tecnico come rifiuti pericolosi contenenti metalli come vanadio, mercurio e nichel e ammoniaca". Per Francesco Tomei, professore di medicina del lavoro e tossicologo dell'Università Sapienza di Roma, non è ancora possibile escludere danni alla salute. "Per affermarlo bisogna avere tra le mani gli esiti degli esami sull'aria, sull'acqua, misure effettuate dai tecnici sul terreno, altrimenti si tratta solo di un'ipotesi", ha dichiarato all'Agi. Non solo. Per Tomei è necessario indagare a tutto tondo: "Nella zona si registra una maggior incidenza di patologie oncologiche?". "Per ora gli inquirenti hanno rilevato un'anomalia grave, quella dell'utilizzo di un prodotto contenente agenti chimici tossici e potenzialmente cancerogeni. E sicuramente ciò comporta un rischio maggiore per la salute della popolazione. Ma un conto è il rischio e un conto è il danno". 

L'Enel sapeva cosa stava facendo?

La normativa Uni En 197-1 sulla composizione dei cementi, come apprende Il Fatto, delinea chiaramente quali “ceneri volatili” possano essere impiegate per la produzione del calcestruzzo: sì a quelle residuo della combustione di carbone, no alla “cenere ottenuta mediante altri metodi”. Ed è per questo, stando alla ricostruzione della procura di Lecce che Enel respinge fermamente, che per gli inquirenti c’era “piena consapevolezza dell’illecita condotta” da parte degli 11 indagati tra i dirigenti dell’azienda energetica.

Un caso che dura da 5 anni

Secondo una ricostruzione di Repubblica, a fare scattare le indagini fu il sequestro di due aree dello stabilimento Cementir di Taranto adibite a discarica di rifiuti industriali, gran parte dei quali originati dall'adiacente stabilimento siderurgico Ilva, effettuato cinque anni fa dalle Fiamme gialle. Da allora una serie di intercettazioni telefoniche e ambientali, lo studio approfondito di documenti, l'incrocio di dati e una perizia tecnica hanno consentito di ipotizzare che le materie prime utilizzate da Cementir per la produzione di cemento non fossero a norma.