Ultime News
Share on FacebookShare on Google+Tweet about this on TwitterEmail this to someone

AGI – E’ il Chelsea ad alzare al cielo la Champions League 2020-2021: la squadra londinese ha battuto per 1-0 il Manchester City nella finale giocata allo stadio Dragao, a Porto. La rete del successo dei Blues allenati da Tuchel è stata siglata al 42′ da Havertz, al suo primo sigillo in questa edizione del massimo torneo continentale per club. Per il Chelsea è la seconda volta in Champions League, dopo la vittoria nell’edizione 2011-2012, mentre il ManCity resta ancora a secco.

La missione affidata cinque anni fa a Pep Guardiola, già vincitore di due Champions nel 2009 e 2011 con il Barcellona, di portare il trofeo nella bacheca del City non ha avuto finora un buon esito, questa è stata la prima finale del City in Champions e i tifosi speravano di arrivasse anche il trofeo. Tuchel invece si prende la rivincita: lo scorso anno allenava il Psg e venne sconfitto dal Bayern Monaco nella finale disputata a Lisbona ad agosto 2020. 
E’ stata una partita che ha registrato occasioni da gol da una parte e dall’altra, ma alla fine la rete è stata solo una. Diversi gli infortuni registrati durante la gara, girandola di sostituzioni. Buono l’arbitraggio dello spagnolo Lahoz. Era la 66^ edizione del torneo che assegna la ‘coppa dalle grandi orecchie’, un tempo chiamata Coppa dei Campioni e poi denominata Champions League. 

Contro ogni pronostico iniziale, da vera outsider, il Chelsea dunque batte i campioni d’Inghilterra del Manchester City. È la favola di Tuchel, che conquista il primo grande trofeo europeo della propria carriera dopo la sconfitta con il Bayern alla guida del Psg lo scorso anno. È la favola di Kante, dei giovanissimi Mount, Werner e dello stesso Havertz, è la favola di un popolo, quello londinese, che ritrova la gloria europea contro le quotazioni di ogni bookmakers, come successo con il Bayern Monaco nel 2012. È l’incubo invece per il Manchester City, che vede svanire il proprio sogno alla prima finale della sua storia. Neanche Guardiola è finora riuscito nell’impresa di scrivere il nome dei citizens nell’albo d’oro della competizione. 

La cronaca della gara. Ritmi forsennati e un’incredibile intensità di gioco la fanno da padrone per tutto il primo tempo. Partono meglio e più spigliati i Blues di Tuchel, capaci di mettere in mostra trame brillanti sfiorando più volte la rete del vantaggio. Le opportunità più ghiotte capitano sui piedi di Werner, poco freddo dalle parti di Ederson. Più contratti e intimoriti invece gli uomini di Guardiola, la cui chance più grande è cancellata da una scivolata provvidenziale di Rudiger in chiusura su Foden. Sembra mancare solo la rete in 45 minuti di grande calcio, ma proprio a ridosso dell’intervallo arriva la fiammata del Chelsea: Mount pesca tra le linee Havertz, bravissimo a saltare Ederson in uscita e depositare in rete l’1-0 che sblocca il risultato.

Come prevedibile, nella ripresa, il City prova a prendere in mano il comando delle operazioni alzando la pressione alla ricerca del pareggio, ma la retroguardia del Chelsea è attenta e perfetta nel chiudere tutti i varchi possibili. Tant’è che la prima clamorosa occasione del secondo tempo è per i londinesi al 73′, con Havertz e Pulisic che orchestrano una grande ripartenza, gettata al vanto dall’americano a tu per tu con il portiere. I Citizens rimangono in vita e tentano ogni disperato assalto nel finale, anche nel lunghissimo recupero di 7 minuti (tante le interruzioni per infortuni), ma voglia e cuore non bastano alla squadra di Guardiola. L’ultima chance è per Mahrez, che sfiora di un nulla la traversa con un destro da fuori. Il trofeo è del Chelsea.

AGI – La marcia di avvicinamento dell’Italia agli Europei inizia con la vittoria in amichevole contro San Marino, battuto a Cagliari con un severo 7-0.

Alla Sardegna Arena, aperta per l’occasione a 500 spettatori, il ct Mancini approfitta del test ‘morbido’ per lanciare un 11 sperimentale e con un tridente inedito, formato da Kean, Grifo e capitan Bernardeschi.

Ed e’ proprio l’ex Juventus a dare il via alle marcature dopo una prima mezz’ora degli azzurri senza guizzi. Dopo il minuto di raccoglimento nel ricordo delle vittime della tragedia del Mottarone e per la scomparsa di Tarcisio Burgnich, l’Italia ha bisogno di tempo per trovare le giuste misure e passa in vantaggio solamente al 31‘ con la conclusione da fuori di Bernardeschi.

Le incertezze di San Marino

Il castello del ‘Titano’, in campo con un prudente 4-5-1, si arrende poi ad alcune gravi incertezze: al 34′ il portiere Benedettini esce male e regala la gioia del gol al debuttante Ferrari, nella ripresa bastano solamente 4′ minuti a Politano (subentrato a Kean) per approfittare di uno scivolone di Fabbri e segnare col suo mancino il 3-0.

Il Gallo in rete

Impiega poco a entrare nel tabellino dei marcatori anche Belotti: il ‘Gallo’ cala il poker al 67′ dopo il doppio scambio nello stretto con Bernardeschi, protagonista nelle azioni successive che portano ai due gol di Pessina, intervallati dalla rete di Politano per la doppietta personale all’interno del 7-0 conclusivo.

Serata serena, invece, per i due estremi difensori azzurri Cragno e Meret, che si sono avvicendati a meta’ della ripresa e in ballottaggio per il posto da terzo portiere alle spalle di Donnarumma e Sirigu.

L’Italia tornera’ in campo il 4 giugno al Dall’Ara per affrontare la Repubblica Ceca, ultimo test prima dell’esordio agli Europei contro la Turchia, in programma l’11 giugno all’Olimpico di Roma. 

AGI – Colpo di scena nel valzer delle panchine che ad ogni fine campionato si registra in Italia. Simone Inzaghi è a un passo dalla panchina dell’Inter. Una improvvisa virata verso il club nerazzurro, quando invece sembrava mancare solo la firma per sancire un rinnovo con il club biancoceleste di Claudio Lotito che pareva ormai acquisito e dato per scontato.

Indiscrezioni raccolte in ambienti milanesi parlano di un contratto biennale per Inzaghi con un compenso di 4 milioni a stagione.

L’ufficialità della notizia dovrebbe arrivare dall’Inter nelle prossime ore.

La gelida replica della Lazio

“Rispettiamo il ripensamento di un allenatore”. La Lazio “ufficializza” l’addio di Simone Inzaghi con una breve nota sul proprio sito web. Nel comunicato della SS Lazio non viene mai citato il nome di Inzaghi: “Rispettiamo il ripensamento di un allenatore e, prima, di un giocatore che per lunghi anni ha legato il suo nome alla famiglia della Lazio e ai tanti successi biancocelesti”. 

Juve, il ritorno di Allegri  

Massimiliano Allegri torna a occupare la panchina di allenatore della Juventus. Manca ancora l’ufficialità da parte del club bianconero ma le indiscrezioni insistenti delle ultime ore riportate anche da media solitamente ben informati sulle cose di casa bianconera danno ormai per certo che per il tecnico toscano il nuovo contratto e’ un quadriennale, fino al 2025. Allegri prenderà il posto di Andrea Pirlo, il cui contratto con la Juventus scade nel 2022.

AGI – ll primo giugno del 1967 tramontava la Grande Inter di Helenio Herrera con la papera di Giuliano Sarti che la condannò alla sconfitta a Mantova, regalando lo scudetto alla Juve. Pochi giorni prima i nerazzurri erano stati battuti a Lisbona dal Celtic in finale di Coppa dei Campioni. Cosa resta, 54 anni dopo, di quello squadrone capace di vincere tre scudetti, due Coppe dei Campioni e altrettante Intercontinentali tra il 1963 e il 1966? Con la morte di Tarcisio Burgnich sono cinque i giocatori di quella formazione conosciuta a memoria da generazione di tifosi (“Sarti, Burgnich, Facchetti…”) che ci hanno lasciato.

Gli addii di Picchi, Sarti, Facchetti e Corso

Il primo ad andarsene era stato il capitano, Armando Picchi, deceduto il 27 maggio 1971, a soli 36 anni per una terribile malattia. Nel 2006 un tumore si era portato viaGiacinto Facchetti,  all’epoca presidente dell’Inter e amatissimo dai tifosi nerazzurri. Nel 2017 si è spento il portiere Giuliano Sarti e appena un anno fa, il 20 giugno 2020, se ne è andato Mariolino Corso, il “piede sinistro di Dio”.

La bandiera Mazzola 

Degli altri quello che compare più spesso in pubblico è Sandro Mazzola, 78 anni, bandiera nerazzurra e figlio di Valentino, capitano del Grande Torino scomparso a Superga. Dopo le esperienze da dirigente all’Inter negli anni ’90 e poi al Torino, era stato una presenza fissa in Rai come commentatore e ora da Monza, dove risiede da mezzo secolo, rilascia spesso interviste e dichiarazioni sulla Beneamata.  

Suarez e gli altri

L’86enne Luisito Suarez, unico Pallone d’Oro spagnolo, si divide tra Milano, Barcellona e Madrid: nel 1995 aveva chiuso la sua carriera di allenatore con una fugace apparizione sulla panchina nerazzurra. Della difesa, resta in vita il cremonese Aristide Guarneri, “lo stopper gentiluomo”, 83enne. Di sette anni più giovane è il mediano Gianfranco Bedin che con l’Inter vinse anche lo scudetto del 1971.
In attacco ci sono il brasiliano Jair da Costa, la Freccia nerazzurra, che ha 80 anni, e il 79enne bergamasco Angelo Domenghini, l’attaccante dei record che chiuse la carriera facendo vincere all’Atalanta la sua unica Coppa Italia e al Cagliari il suo unico scudetto. 

AGI – È morto il calciatore Tarcisio Burgnich, aveva 82 anni. L’ex difensore della grande Inter di Helenio Herrera è scomparso durante la notte.

“Tarcio roccia”, questo il suo soprannome, è stato tra i protagonisti del successo azzurro agli Europei del 1968 oltre che vice campione ai Mondiali del 1970 quando l’Italia perse in finale contro il Brasile. Famoso il suo gol che, prorpio ai Mondiali messicani, rimise in corsa l’Italia nella mitica vittoria per 4 a 3 contro la Germania in semifinale.

Burgnich era considerato uno dei difensori più bravi in circolazione tra gli anni Sessanta e Settanta, un terzino d’acciaio capace di fermare anche i migliori attaccanti dell’epoca sempre con lealtà e correttezza. Con lui se ne va il quinto giocatore della Grande Inter di Herrera, quella del mantra “Sarti, Burgnich, Facchetti..”, dopo il portiere Giuliano Sarti, l’altro terzino Giacinto Facchetti, il libero Armando Picchi e Mariolino Corso, il “piede sinistro di Dio” scomparso appena un anno.       

Friulano di Ruda, e quindi uomo riservato ma tenace, è stato un marcatore coi fiocchi, colonna portante della Grande Inter di Helenio Herrera. In nerazzurro giocò dal 1962 al 1974, con 467 presenze e vincendo tutto quello che era possibile vincere: 4 scudetti, due coppe dei Campioni, due coppe Intercontinentale.

Non altissimo (1.75 cm) era dotato di una prestanza fisica notevole. Corretto nei tackle, il meglio lo dava nella fase di anticipo sia che giocasse da stopper o da libero. Negli anni milanesi, fu ovviamente il perno della nazionale azzurra: conquistò nel 1968 gli Europei anche se raggiunse l’apice della sua notorietà nel 1970, ai Mondiali del Messico, quando segnò un gol nella partita del secolo contro la Germania.

Ceduto al Napoli, sfiorò lo scudetto nel 1975. Dopo il ritiro, nel 1977, divenne allenatore e girò una dozzina di squadre spesso venendo richiamato anche dopo anni (come con Catanzaro, Genoa, Como e Livorno).

“Ciao Tarcisio, sarai sempre la nostra “Roccia”’. Così l’Inter, nel sito ufficiale, ricorda Burgnich. “Ci sono degli uomini che vorresti sempre avere al tuo fianco, dei calciatori che vorresti sempre nella tua squadra, delle leggende che vorresti facciano sempre parte della tua storia. Tarcisio Burgnich ha incarnato la forza e i valori del nostro Club e l’Inter ha avuto il privilegio di vederlo lottare per i propri colori: statuario, implacabile, umile e sempre leale”, scrive il club nerazzurro.

“La SSC Napoli esprime profondo cordoglio per la scomparsa di Tarcisio Burgnich. ‘La Roccia’ fu indimenticato protagonista con la maglia azzurra negli anni ‘70”, scrive il club partenopeo su Twitter, ricordando Burgnich che nel Napoli, dopo la lunga militanza nell’Inter, giocò tre anni, sfiorando uno scudetto e vincendo una Coppa Italia.

AGI – Benedetta Pilato, la neo campionessa europea e primatista mondiale dei 50 rana, non ha avuto una folgorazione immediata per lo sport che poi l’ha portata a cogliere grandi risultati. Lo ha rivelato in un’intervista a ‘Radio Cittadella’ Salvatore Pilato, il papà della 16enne.

“Il nuoto – ha affermato – è lo sport più completo che c’è e noi abbiamo pensato di farglielo fare. Inizialmente lei non l’ha presa bene, nel senso che quando vedeva l’acqua era un po’ titubante, poi come in ogni sua cosa è stato un clic ed è andata“.

“Domani la vado a prendere a Bari”, ha aggiunto Pilato a proposito del rientro a Taranto, sua città natale, della figlia. “Grazie per l’esempio che dai a tutti noi, Benedetta. Taranto ti aspetta”, ha dichiarato il sindaco Rinaldo Melucci. Salvatore Pilato, a proposito delle prime manifestazioni che già ieri sera ci sono state a Taranto (con la facciata del Palazzo di Città e del Castello Aragonese della Marina Militare illuminate di rosso e di blu, i colori della città), ha detto di considerarle “molto importanti” aggiungendo che “un’atleta, soprattutto a quella età, può anche vincere medaglie e trofei ma se non c’è l’affetto della gente che ti sostiene, queste medaglie non è che abbiano tutto questo valore”.

Circa i due risultati ottenuti in sequenza a Budapest, Salvatore Pilato ha detto che “Benedetta, sino a 15 giorni fa, stava benissimo a livello fisico nel senso che era andata a Roma ed aveva fatto dei test. Era pronta per entrambe le distanze. Per fare i 100 e per fare i 50”.

“Martedì – ha proseguito – ha fatto i 100, è andata bene, ha fatto una bella gara, purtroppo negli europei c’è un regolamento che non permette a tutte le atlete di una stessa Nazione di andare avanti. Ha avuto chiamiamola la sfortuna che lei ha fatto il terzo tempo assoluto di tutte, però le prime due erano le altre due italiane di cui la seconda per otto centesimi ha fatto meglio di lei. Quindi lei – prosegue Salvatore Pilato riferendosi alla figlia Benedetta – è uscita fuori dalle semifinali”.

Questo probabilmente le ha messo una rabbia giusta, una rabbia sportiva, da farle fare questo tipo di risultati che, a mio parere, nella distanza dei 50 rana prima o poi li avrebbe fatti. Perché aveva degli ampi margini di miglioramento, si trattava soltanto di perfezionare determinate cose. È arrivato ora, bello, perché in una manifestazione più importante”.

Spiegando poi il rapporto con la figlia, Salvatore Pilato ha detto che “io e lei abbiamo un rapporto molto intenso, però non così da chiamarci dopo le gare. Lei parla con mia moglie. E io di riflesso poi riesco a sapere come sta”.

Salvatore Pilato non ha assistito da Taranto in diretta tv alla doppia impresa della figlia. “Le gare di Benedetta, soprattutto certe gare – ha detto ancora – io non riesco a vederle. Chi mi conosce bene, lo sa. Dovrei andare da un cardiologo con urgenza. Vado proprio via da casa – ha raccontato – spengo Internet e attendo solo la chiamata di mia moglie che mi dice come sono andate le cose. Poi me la vedo su RaiPlay con tranquillità, sia nel caso che è andata bene, sia che è andata male”.

“Io penso che a quell’età qualche insuccesso, fa parte del percorso di crescita. Non bisogna suicidarsi per questo”, ha aggiunto. E sulla passione di Benedetta del nuoto, il padre ha spiegato come è andata: “Io ho nuotato una decina di anni, ho avuto anche qualche buon risultato, stiamo parlando dei lontani anni ’80, ma il nuoto era completamente diverso sotto tutti i punti di vista. Si nuotava senza cuffie, non c’erano tutti gli allenamenti che ci sono ora”.

AGI – Alla fine saranno Juventus e Milan, oltre alle già qualificate Inter e Atalanta, a giocarsi le proprie carte nella prossima Champions League.

I bianconeri approfittano dell’incredibile passo falso del Napoli con il Verona, vincendo a Bologna e prendendosi il quarto posto negli ultimi 90 minuti della stagione.

I rossoneri invece mettono in mostra una grande prestazione di carattere a Bergamo, portandosi a casa un 2-0 firmato dall’ex Kessie, che vale inoltre il secondo posto in classifica proprio a discapito dell’Atalanta.

Il Napoli quindi deve accontentarsi dell’Europa League insieme alla Lazio, mentre nella nuova Conference League ci va la Roma con il brivido. I giallorossi rimontano lo Spezia sul 2-2 nel finale, rendendo vano il bel successo del Sassuolo contro i biancocelesti di Inzaghi.

AGI – Il monegasco Charles Leclerc (su Ferrari) partirà domani in pole position nel Gran Premio di Monaco, il quinto del Caampionato mondiale di F1, che si svolge per le strade di Monte Carlo. 

In serata, la Ferrari ha spiegato che “le prime analisi effettuate sul cambio della vettura di @Charles_Leclerc non hanno evidenziato danni gravi. Ulteriori verifiche saranno effettuate domani mattina, quando sarà presa una decisione definitiva in merito all’utilizzo di questa unità in gara”.

 

UPDATE: Le prime analisi effettuate sul cambio della vettura di @Charles_Leclerc non hanno evidenziato danni gravi. Ulteriori verifiche saranno effettuate domani mattina, quando sarà presa una decisione definitiva in merito all’utilizzo di questa unità in gara.#MonacoGP

— Scuderia Ferrari (@ScuderiaFerrari)
May 22, 2021

 

Nel finale del Q3, il ferrarista è finito sul guard-rail alle Piscine, forti danni alla vettura e rischio di penalizzazione di 5 posizioni in griglia se dovesse essere necessaria la sostituzione del cambio. Per la ‘rossa’ è l’11esima pole nel Principato.

Lo seguiranno Max Verstappen (Red Bull) e Valtteri Bottas (Mercedes). Il pilota in testa al campionato, l’inglese Lewis Hamilton (su Mercedes), partirà settimo. 

AGI – Claudio Ranieri non sarà l’allenatore della Sampdoria nella prossima stagione. Dopo il lungo tira e molla sul rinnovo del contratto in scadenza a giugno, è lo stesso tecnico romano ad annunciare, alla vigilia dell’ultima di campionato col Parma, la sua partenza.

Voglio porre fine alla telenovela del mio contratto – le sue parole – ho detto alla squadra che non resterò per un altro anno, non ci sono i presupposti per restare”.

Da Ranieri tanti ringraziamenti, in primis ai suoi giocatori: “Sono stati dei ragazzi meravigliosi, soprattutto l’anno scorso durante il lockdown quando mandavamo loro le mail per farli lavorare e hanno lavorato alla grande. I risultati si sono visti dato che ci siamo salvati grazie alla loro professionialità.

Quello di quest’anno è stato un campionato bello, combattuto, lottato, abbiamo fatto ottime partite e qualcuna l’abbiamo sbagliata ma ci sta e li ringrazio di cuore”.

Ranieri non dimentica i tifosi: “Mi è dispiaciuto tantissimo non averli avuti allo stadio, non poter fare loro vedere una Samp che ha lottato su ogni pallone e contro ogni avversario. Spero di essergli piaciuto come allenatore del Doria”.

Ma Ranieri, che in apertura di conferenza stampa ha voluto rendere omaggio anche ai protagonisti dello storico scudetto del 1991 (“dei ragazzi eccezionali guidati da un allenatore come Boskov e dal presidente Paolo Mantovani, hanno realizzato il sogno della tifoseria doriana”), vuole congedarsi con una vittoria.

“Il Parma è già retrocesso ma sta giocando in tranquillità, ha perso a Roma al 95′ su un gol rocambolesco – il riferimento alla sconfitta dei ducali con la Lazio – Ci sarà da correre se vogliamo chiudere la stagione a 52 punti”. 

AGI – Le sette persone componenti dell’equipe sanitaria che erano state ascoltate in relazione alle indagini sulla morte di Diego Maradona e finora sospettate di omicidio colposo, potrebbero invece essere perseguite per omicidio colposo con circostanze aggravanti e rischiano ora da 8 a 25 anni di carcere. Lo si apprende da una fonte giudiziaria. La Procura della Repubblica di San Isidro (sobborgo di Buenos Aires), incaricata delle indagini, ritiene che la morte di Maradona sia il risultato di cattiva condotta professionale e negligenza da parte dell’equipe medica e che ha causato il deterioramento della sua salute e la morte. “Dopo tante ingiustizie, il cerchio si è chiuso. La cosa più importante è il cambiamento dell’accusa di omicidio colposo con circostanze aggravanti”, ha detto all’AFP una persona a conoscenza del caso.

In base alla precedente ipotesi di reato, i sette componenti dell’equipe medica di Maradona rischiavano – in caso di colpevolezza accertata – pene dai 5 ai 15 anni di carcere. Saranno interrogati dal 31 maggio da un giudice istruttore che deciderà poi se incriminarli o meno. Secondo una fonte giudiziaria intervistata da AFP, “c’è il 99% di possibilià che vengano incriminati”.

Maradona, che soffriva di problemi ai reni, al fegato e al cuore, è morto per una crisi cardiaca il 25 novembre 2020, poche settimane dopo aver subito un intervento al cervello per un coagulo di sangue. Aveva 60 anni. Questa nuova fase del lavoro giudiziario segue la pubblicazione all’inizio di maggio di una perizia secondo cui l’ex calciatore era stato “abbandonato al proprio destino” dalla sua squadra medica, il cui trattamento “era inadeguato, carente e sconsiderato”.