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Il Chelsea ha vinto la Supercoppa europea, primo trofeo della stagione battendo a Belfast il Villarreal. La partita si è decisa solo ai calci di rigore dopo che i tempi regolamentari e i due supplementari si erano chiusi sul punteggio di 1-1.

I londinesi, che attendono l’arrivo di Lukaku, sono passati in vantaggio grazie a una rete di Ziyech. Il ‘sottomarino giallo’, dopo aver colpito un palo e una traversa, ha riequilibrato il match con un pregevole gol di Gerard Moreno.

La lotteria dei rigori si è chiusa sul 6-5, quando Albiol, ex difensore del Napoli, ha commesso l’errore decisivo. Il portiere del Chelsea, Kepa – subentrato a Mendy all’ultimo minuto di gioco proprio per l’abilità nel parare i calci di rigore – ha così riscattato mesi bui, caratterizzati da critiche e prestazioni deludenti.

La mossa del cambio del portiere ha permesso all’allenatore tedesco dei Blues, Tuchel, di sconfiggere la compagine spagnola guidata da Emery, arrivato a un passo dal compiere quella che sarebbe stata una vera impresa.

Lo sviluppo delle energie rinnovabili è una vera sfida per i Paesi del Sud-Est asiatico. Si tratta di una delle regioni del mondo più colpite dal cambiamento climatico; per questo è prioritario per i governi nazionali imboccare la strada dello sviluppo sostenibile e abbandonare al più presto l’impiego di combustibili fossili. In questo senso, gioca un ruolo strategico la peculiare geografia regionale, con la presenza di bacini fluviali che rendono appetibile lo sviluppo del settore idroelettrico. Ma nell’agenda politica regionale esiste un trade-off che non può essere ignorato: oltre a ricorrere a politiche energetiche più virtuose, le economie del Sud-Est asiatico devono sostenere la crescita dei floridi mercati emergenti.

Il diffondersi del benessere tra le popolazioni locali è stato determinante per l’incremento della domanda di energia, che negli ultimi anni si è impennata notevolmente, crescendo due volte più velocemente rispetto alla media mondiale. Secondo l’International Energy Agency (IEA), la regione del Sud-Est asiatico inciderà fortemente sui trend energetici globali anche per via del suo enorme potenziale demografico.

Anche se l’idroelettrico rappresenta una risorsa notevole per soddisfare la domanda energetica e le istanze di sviluppo sostenibile, senza compromettere lo sviluppo economico, nella diversificazione del mix regionale si intersecano istanze economiche, sociali e ambientali.

Il mix energetico e le fonti di energia rinnovabile

La crescente domanda di energia nel Sud-Est asiatico comprende sia combustibili fossili – che contano più della metà dell’approvvigionamento energetico regionale – che fonti di energia rinnovabile, a seconda del mix energetico di ciascun Paese. A livello regionale, sostengono la domanda il carbone e il gas naturale, per quanto riguarda la produzione di elettricità, oltre al petrolio per quanto concerne invece i trasporti. Tra le fonti di energia pulita, spicca il potenziale idroelettrico della regione, cui si associano poi anche i settori geotermico e bioenergetico. Secondo un rapporto del 2018 dell’International Renewable Energy Agency (IRENA), le fonti energetiche rinnovabili nel 2015 rappresentavano il 17 percento della produzione totale di elettricità della regione, con l’idroelettrico come settore di punta (oltre i tre quarti dell’energia prodotta). Proprio le centrali idroelettriche hanno rappresentato il motore principale della crescita delle rinnovabili nell’area. Tra il 2000 e il 2016, secondo il rapporto, la capacità idroelettrica della regione è cresciuta da quasi 16 GW a 44 GW, con i Paesi rivieraschi del bacino del Mekong in prima fila: Cambogia, Laos, Myanmar e Vietnam. Il Vietnam, ad esempio, ha anche destinato ingenti investimenti nei settori idroelettrici dei paesi limitrofi a scopo di esportazione. In generale, la produzione di energia nel 2015 comprendeva gas naturale (41 percento) carbone (33 percento) ed energia idroelettrica (16 percento).

L’aumento del benessere economico nei Paesi del Sud-Est asiatico ha rappresentato il principale fattore di crescita per la domanda energetica regionale. Secondo l’IRENA tra il 1995 e il 2015 il consumo di energia è cresciuto a un tasso del 3,4 percento annuo, spinto anche dall’innalzamento dei redditi. Il rapporto prevedeva che la domanda di energia sarebbe cresciuta in media del 4,7 percento all’anno entro il 2035. Inoltre, il tema della crescita economica va di pari passo con quello della sicurezza energetica: se, per sostenere la domanda, gran parte delle economie emergenti fa affidamento sull’importazione di fonti energetiche quali petrolio e gas, quello dell’approvvigionamento è un tema di importanza strategica. Gran parte di queste risorse arriva nel Sud-Est asiatico attraverso lo Stretto di Hormuz e quello di Malacca. Nel caso del petrolio, la dipendenza dalle importazioni supererà l’80 percento nel 2040, rispetto al 65 percento del 2018, secondo la IEA. Per questo i paesi dell’area sono chiamati a cooperare per costruire network per la sicurezza energetica a livello regionale, e a questo proposito l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN) rappresenta un hub di inestimabile importanza. In più, oltre a non essere una fonte infinita di energia, i combustibili fossili sono annoverati tra i responsabili del cambiamento climatico e del deterioramento ambientale. Questo apre la strada al tema della diversificazione energetica, che si lega alla valorizzazione di fonti energetiche rinnovabili nel mix energetico regionale, in modo da coniugare impegno sostenibile e vantaggi socio-economici per le popolazioni autoctone.

Il potenziale dell’idroelettrico nella regione

Nel 2018 l’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) ha riferito che il 18 percento dell’energia del Sud-Est asiatico proviene proprio dal settore idroelettrico, che ha il vantaggio di poter produrre energia su larga scala ma anche su piccola scala. I progetti su piccola scala – indipendenti rispetto alla rete elettrica nazionale (off-grid) – possono essere implementati con costi di avviamento minori; per questo sono considerati la soluzione ottimale per le aree rurali, dove l’elettrificazione è ancora una sfida. Oltre ad essere economicamente molto dispendiosi, sono necessarie anche ingenti risorse tecniche e logistiche. Secondo l’Alliance for Rural Electrification, il vantaggio competitivo dell’energia idroelettrica consiste nel fatto che, rispetto ai combustibili fossili, ha un’impronta di carbonio vicina allo zero. Combinata a questi sistemi di elettrificazione rurale, tale fonte energetica potrebbe rappresentare una soluzione ottimale per rispondere alla crescente domanda regionale e favorire al contempo la condivisione dei benefici della crescita economica anche nella campagna asiatica.

Quando si tratta di energia idroelettrica nel Sud-Est asiatico, il dibattito ruota intorno alla rilevanza strategica del Mekong, uno dei maggiori fiumi dell’Asia. Partendo dall’altopiano del Tibet, il Mekong attraversa Cina meridionale, Myanmar, Laos, Cambogia e Vietnam, ed è una fonte insostituibile di cibo, acqua, reddito ed energia per le popolazioni locali. La Mekong River Commission prevede che la domanda di energia per quanto concerne il bacino del fiume Mekong inferiore (lower mekong basin, LMB) crescerà del 6-7 percento all’anno, anche grazie all’aumento degli investimenti in infrastrutture elettriche. Per poter generare energia idroelettrica si fa ricorso alla costruzione di dighe, che hanno costi di esercizio ridotti rispetto alle infrastrutture adibite alla produzione di altri tipi di energia. Secondo l’Alliance for Rural Electrification, laddove il corso d’acqua incontra punti più ripidi, viene generata ancora più energia. Ecco perché anche Paesi come il Laos hanno dozzine di centrali idroelettriche, e possono arrivare a godere di una capacità idroelettrica totale di 7 GW. Le dighe hanno l’obiettivo di controllare il flusso d’acqua e di immagazzinare potenziale energetico, e potrebbero sopperire alla carenza energetica regionale. Nel Sud-Est asiatico hanno un ruolo cruciale nell’approvvigionamento idrico anche i fiumi Irrawaddy e Chao Phraya, anche se gran parte dei progetti in corso di implementazione sono stati rallentati o sospesi a causa della crisi sanitaria dello scorso anno.

Esistono una serie di costi sociali e ambientali legati alla costruzione di queste infrastrutture sui bacini fluviali. Nonostante siano pensate per generare energia pulita e avviare le economie regionali verso lo sviluppo sostenibile, le dighe costruite lungo i fiumi possono causare danni irreparabili al fiume stesso e alla sua fauna, e dunque alle comunità locali che basano il proprio sostentamento sulle risorse fluviali. Esiste quindi un prezzo da pagare legato ai rischi di interruzione dei corsi d’acqua che arrestano il flusso di sostanze nutritive per il benessere degli ecosistemi, oltre a ostacolare la migrazione dei pesci. Le comunità autoctone devono poi fare i conti con il pericolo di esondazioni che può causare danni ai sistemi socio-economici locali. Il settore idroelettrico può comportare rischi di deterioramento di quello stesso ambiente che le rinnovabili vorrebbero proteggere. 

Vantaggi e svantaggi del settore

Secondo la Mekong River Commission, il settore idroelettrico nel Sud-Est asiatico presenta quindi vantaggi e svantaggi. Se da una parte, stima la Commissione, potrebbe registrare guadagni economici pari a oltre 160 miliardi di dollari entro il 2040, implicando lo sviluppo di altri settori, tra cui quello agricolo – legato alla sicurezza alimentare e alla riduzione della povertà – esistono una serie di conseguenze nefaste legate al suo sviluppo. La Commissione osserva come il declino della pesca potrebbe costare quasi 23 miliardi di dollari entro il 2040. Inoltre, la perdita di foreste, zone umide e mangrovie potrebbe costare fino a 145 miliardi di dollari. A fare le spese di questa situazione è anche la crescita del riso lungo il Mekong, fonte di sostentamento delle comunità autoctone.

Alcuni esperti ritengono che il ricorso agli accordi energetici possa rappresentare una soluzione, poiché ridurrebbe il numero di dighe necessarie a rispondere alla domanda regionale. L’ASEAN gioca un ruolo fondamentale in questo senso: l’ASEAN Power Grid è il progetto infrastrutturale pensato per connettere le economie dell’area creando una rete elettrica integrata. L’idea è stata discussa per la prima volta negli anni Novanta ed è ancora in fase di sviluppo. L’iniziativa ha l’obiettivo di soddisfare la crescente domanda di elettricità e migliorare l’accesso ai servizi energetici nella regione. Ad oggi sono state realizzate sei interconnessioni a livello bilaterale, che collegano Singapore e la penisola malese, Thailandia e Malesia peninsulare, Thailandia e Cambogia, e infine Laos e Vietnam. Secondo alcuni osservatori, le principali fonti di domanda energetica (prime fra tutte, le città) saranno in questo modo collegabili a più siti di produzione, e si spera che questo possa ridurre la pressione sui bacini fluviali e i rischi ad essa associati. La cooperazione regionale promossa dall’ASEAN può quindi rappresentare la soluzione all’eterno trade-off tra crescita economica e protezione dell’ambiente, e mitigare i rischi connessi al ricorso al settore idroelettrico, che pure rappresenta una risorsa inestimabile data la peculiare geografia della regione.

* Valerio Bordonaro è direttore della sede di Roma e advisor del presidente dell’Associazione Italia-ASEAN, organizzazione fondata e presieduta da Romano Prodi per favorire scambi e conoscenza reciproca tra Italia e paesi del Sud-Est asiatico. Articolo pubblicato sul numero di luglio 2021 di We World Eenergy

“WE World Energy è il magazine internazionale sul mondo dell’energia pubblicato da Eni – diretto da Mario Sechi – che con il suo portato di esperienza e scientificità si è guadagnato una posizione di grande rilievo nel panorama internazionale dei media di settore”.

AGI – È la Lombardia la locomotiva del miracolo azzurro alle Olimpiadi di Tokyo: quasi un terzo delle 40 medaglie italiane proviene dalla regione settentrionale ma la vera sorpresa di questi Giochi è la Puglia che ha regalato ben tre ori e un argento con Vito Dell’Aquila, Massimo Stano, Antonella Palmisano e Luigi Samele, rispettivamente delle province di Brindisi, Bari, Taranto e Foggia.

Il bilancio di Tokyo2020 recita Italia in decima posizione nella classifica generale, con il tricolore a sventolare sul podio per 40 volte: il miglior risultato azzurro di sempre ai Giochi Olimpici, superando il primato di 36 medaglie stabilito nell’edizione di Roma1960 e Los Angelese1932.

La distribuzione delle medaglie italiane – 10 ori, di cui la metà nell’atletica, 10 argenti e ben 20 bronzi, record nel record – è spesso frutto di lavoro di squadra e quindi superiore alle 40 assegnate per disciplina. La mappa che emerge è dominata dagli atleti delle Regioni settentrionali: ben 36, infatti, provengono dal Nord, 18 dal Centro, 17 dal Sud e dalle isole.

Leader indiscussa del medagliere per regioni è la Lombardia che può vantare 19 podi, più di intere aree territoriali. Un riscatto sportivo per la Regione simbolo dell’Italia settentrionale, duramente colpita dalla pandemia e dalla crisi economica, che adesso festeggia sei ori, quattro argenti e nove bronzi dei suoi concittadini, in cima alle classifiche per ogni metallo.

A debita distanza seguono il Lazio con 8 e il Veneto con 7 medaglie. Poco dietro Campania con 5.  Tra le sorprese la Puglia e la Sicilia, 4 volte sul podio, e il Friuli Venezia Giulia per tre volte. Deludenti Toscana ed Emilia-Romagna che a fronte di numerosi atleti incassano solo 7 medaglie in due (3 la prima, 4 l’altra (ma nessuna del materiale più pregiato. Lo stesso vale per la Sardegna, ferma a due.

Solo un sorriso invece per Trentino, Liguria, Umbria, Marche e Molise. Chiudono a zero Valle d’Aosta,  Abruzzo, Basilicata e Calabria. Per quanto riguarda il materiale delle medaglie la classifica non cambia: per l’oro il Nord domina con 10, seguono il Sud con 5 e il Centro con 2, tra cui spicca quella del marchigiano Gianmarco Tamberi.

Più equilibrato l’argento: 7 al Nord, 4 sia al Centro che al Sud. Egemonia netta invece per il terzo posto: 19 dalle Regioni settentrionali, 10 da quelle centrali, 8 da quelle meridionali. Per quanto riguarda le discipline l’atletica parla lombardo, ne sono la prova Jacobs e i due compagni corregionali nella staffetta, il canottaggio è campano, la marcia è pugliese grazie a Stano e Palmisano, due facce della stessa medaglia. 

Il ciclismo ha casa tra il Friuli e il Veneto, la carabina parla umbro e il salto in alto marchigiano. Ma al di là delle origini tutti indossano la maglia azzurra che segna il record della sua storia e si riscopre miniera di atleti olimpici, per la gioia di un Paese che da luglio non ha più smesso di festeggiare.

 

AGI – La pioggia di medaglie azzurre alle Olimpiadi di Tokyo costerà al Coni sette milioni e cinquanta mila euro. Per questa edizione dei Giochi sono stati infatti aumentati del 20% lordo i premi per gli atleti italiani che salgono sul podio, portandoli a 180mila euro per l’oro, 90mila per l’argento e 60mila per il bronzo.

Calcolando anche le competizioni di squadra come staffette ed equipaggi del canottaggio, le 40 medaglie azzurre si traducono in 73 premi, di cui 18 per l’oro, 17 per l’argento e 38 per il bronzo. Per le medaglie più nobili l’AGI ha calcolato che ci sarà quindi una spesa di tre milioni e 240 mila euro, per gli argenti oltre un milione e mezzo, per i bronzi più di due milioni.

Come aveva spiegato Giovanni Malagò, presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, l’aumento è “un atto dovuto verso gli atleti che in questo anno hanno fatto tanti sacrifici”. Del resto per la vittoria agli europei a ogni calciatore azzurro erano andati 250mila euro a testa (sia pure con aliquota sul lordo del 42%), erogati direttamente dalle casse della Figc.

Italia chiude al decimo posto 

Intanto l’Italia chiude il medagliere olimpico al decimo posto, pur avendo lo stesso numero di ori di Paesi Bassi, Francia e Germania, 10. Con il primo posto nella pallamano femminile, infatti, i francesi hanno superato in extremis gli azzurri nel medagliere olimpico, posizionandosi all’ottavo posto.

Con quattro nazioni con 10 ori, la posizione in classifica è decisa dal numero di argenti raccolti dalle squadre. Delle quattro posizionate tra il settimo e il decimo posto, la prima e’ l’Olanda con 10 ori, 12 argenti e 14 bronzi (36 medaglie complessive), la seconda la Francia con 10 ori, 12 argenti e 11 bronzi, (33 complessive) la terza e’ la Germania con 10 ori, 11 argenti e 16 bronzi (37 complessive), quarta l’Italia con 10 ori, 10 argenti e 20 bronzi (40 complessive). 

 “Quella di Eugene è un’ottima pista, non vedo l’ora di ritornare in gara, per me sarà riconfermare quello che ho fatto qui e restare davanti al mondo”. Così Marcell Jacobs parlando da Casa Italia a Tokyo in occasione della conferenza stampa del quartetto azzurro della staffetta 4×100 che ieri ha conquistato l’oro alle Olimpiadi.

Filippo Tortu invece torna ai momenti della vittoria: “Essere l’ultimo frazionista è la cosa più bella ma anche la cosa più brutta, vivi la gara da spettatore e hai una tensione addosso che non provi durante la gara individuale: portare il testimone al traguardo è stato fantastico”.

“Questa volta non c’è Lukaku che tenga, speriamo il calcio lo mettano da parte”, ha detto invece Lorenzo Patta, che ha raccolto il pensiero dei compagni di squadra e ha risposto a una domanda se il calcio nei prossimi giorni si riprenderà le prime pagine dei giornali italiani in occasione della conferenza stampa a Casa Italia a Tokyo.

“Dipende molto da voi (rivolto ai giornalisti presenti, ndr), noi più che correre e vincere cinque ori non so cosa possiamo fare di più: a fare i titoli e gli articoli siete voi, la squadra ha fatto qualcosa di storico”, ha aggiunto Filippo Tortu. Dello stesso parere anche Marcell Jacobs e Fausto Desalu.

AGI – Mancano tre giorni al termine delle Olimpiadi di Tokyo 2020 e l’Italia ha già in cassaforte ben 35 medaglie, 7 d’oro, 10 d’argento e 18 di bronzo. C’è già un primo record: mai nella storia lo sport italiano aveva conquistato così tanti bronzi. Era da Atlanta 1996, l’edizione del Centenario, che lo sport azzurro non conquistava così tante medaglie.

A Sydney 2000 i podi erano stati 34. Il record di medaglie è di 36 e risale alle edizioni di Los Angeles 1932 e Roma 1960 dove gli ori erano stati rispettivamente 12 e 13. Nelle ultime tre edizioni le medaglie conquistate non avevano superato quota 30, 27 a Pechino 2008, 28 sia a Londra 2012 che Rio de Janeiro 2016.

Ad oggi l’Italia nel medagliere è al nono posto, al settimo per il numero di medaglie vinte, al quinto a livello europeo.Con 7 ori l’Italia Team si trova assieme Francia, Olanda e Nuova Zelanda. Il medagliere di Tokyo 2020 per il momento è composto da 81 Nazioni su un totale di 205

L’attesa per la lotta, la marcia e la staffetta

Quella di venerdì 6 agosto è stata una mattinata senza medaglie per l’Italia ai Giochi Olimpici di Tokyo, in attesa di un pomeriggio pieno di speranze. Dopo il trionfo di Massimo Stano nella 20 km di marcia, gli azzurri della 50 km non sono riusciti ad avvicinarsi alla zona medaglie.

Al Sapporo Odori Park il migliore è stato Andrea Agrusti, che ha chiuso 23esimo in 4h01’10”. La gara è stata vinta dal polacco Dawid Tomala in 3h50’08”. Medaglia d’argento per il tedesco Jonathan Hilbert in 3h50’44”, bronzo per il canadese Evan Dunfee in 3h50’59”. Non hanno tagliato il traguardo gli altri due azzurri al via, Marco De Luca e Teodorico Caporaso.

Fuori dalla zona medaglie anche Mattia Busato nel kata, specialità del karate che ieri ha regalato all’Italia la prima, storica medaglia con Viviana Bottaro. L’azzurro ha chiuso al 4° posto il gruppo B dell’elimination round, restando escluso dalla fase decisiva.

Nel pomeriggio giapponese le speranze tricolori saranno invece riposte in Luigi Busà, impegnato nel kumite, categoria -75 kg. Sconfitta nei quarti di finale per Abraham Conyedo Ruano nel torneo di lotta libera, categoria 97 kg. Dopo aver battuto 6-1 il rumeno Albert Saritov, l’azzurro si è arreso 6-0 all’americano Kyle Frederick Snyder e ora dovrà tifare per lo statunitense per sperare di finire nei ripescaggi per il bronzo.

Le altre speranze dell’Italia Team per la quattordicesima e terzultima giornata dei Giochi Olimpici di Tokyo sono riposte nella 20 km di marcia femminile con Eleonora Giorgi, Antonella Palmisano e Valentina Trapletti; nella madison femminile con Letizia Paternoster ed Elisa Balsamo; nel pentathlon con Alice Sotero ed Elena Micheli, nella finale di Frank Chamizo per la medaglia di bronzo e nella staffetta 4×100 maschile di atletica leggera che vedrà il ritorno di pista di Jacobs.

 

AGI – Parte alla grande la tredicesima giornata dei Giochi Olimpici di Tokyo per l’Italia. Due medaglie, l’incredibile bronzo di Gregorio Paltrinieri nel fondo e lo splendido argento di Manfredi Rizza nella canoa, arricchiscono ancora il bottino azzurro, ora con 32 podi e diverse speranze nei giorni finali.

Dopo l’argento negli 800 stile in piscina, Paltrinieri è riuscito a stupire ancora, cancellando l’ormai lontano ricordo della mononucleosi che ne ha frenato in modo decisivo la preparazione neppure due mesi fa. In una 10 km davvero complicata, caratterizzata dal forcing imposto subito dal tedesco Florian Wellbrock, vincitore con merito in 1h48’33”, Paltrinieri ha saputo resistere nella parte iniziale prima di portare a termine una grande rimonta chiudendo terzo in 1h49’01”, a due secondi dall’argento dell’ungherese Kristof Rasovszky.

“Sono contento – ha dichiarato il 26enne carpigiano – è stato il massimo che potevo fare, la giusta ricompensa dopo due mesi di inferno. Ho combattuto sino in fondo, non ce l’ho fatta a superare l’ungherese, ma vado via da qui con due medaglie: sembrava un obiettivo impossibile, posso ritenermi soddisfatto. Volevo tre ori, ci riproverò“.

Sulle acque del Sea Forest Waterway di Tokyo è arrivato poi uno strepitoso argento per la canoa tricolore. A conquistarlo è stato Manfredi Rizza nel K1 200 con una praticamente perfetta. Il 30enne lombardo, già oro europeo e bronzo mondiale, ha lottato per la vittoria fino all’ultimo centimetro chiudendo in 35″080, battuto soltanto dall’ungherese Sandor Totka (35″035), mentre il britannico Liam Healt, campione olimpico a Rio, ha chiuso sul gradino più basso del podio in 35″202.

Nel mattino giapponese sono arrivate buone notizie anche dalla lotta libera: Frank Chamizo ha esordito nel torneo olimpico, categoria -74 kg, battendo 5-1 il georgiano Avtandil Kentchadze e poi ha conquistato l’accesso in semifinale (dove troverà il bielorusso Mahamedkhabib Kadzimahamedau) superando 3-1 l’azero Turan Bayramov.

Un’altra possibile medaglia potrebbe arrivare dal karate, specialità kata, con Viviana Bottaro qualificata alla finale per il bronzo: affronterà l’americana Sakura Kokumai. Si è invece ritirato dal torneo di kumite, categoria -67 kg, Angelo Crescenzo dopo aver perso la prima sfida contro il venezuelano Madera Delgado.

Nell’atletica, infine, comincia bene l’avventura della staffetta 4×100 trascinata dal campione olimpico Marcell Jacobs: Lorenzo Patta, Eseosa Desalu e Filippo Tortu hanno chiuso al 3 posto la seconda batteria in 37″95, nuovo record italiano, conquistando l’accesso alla finale con il quarto crono complessivo.

Nono tempo, invece, per la staffetta femminile, prima esclusa dalla finale. Ottimo quinto posto per Zane Weir nella finale del peso, delusione invece nel triplo con Andrea Dallavalle 9 ed Emanuel Ihemeje 11 in finale, mentre Alessia Trost ed Elena Vallortigara hanno fallito la qualificazione alla finale del salto in alto.

AGI – L’Italia all’interno del Comitato Olimpico Internazionale ha un suo peso specifico. Con l’elezione di Federica Pellegrini nella Commissione atleti, salgono a tre i membri italiani nel Cio.

Infatti, attualmente siedono ai vertici dello sport mondiale anche Ivo Ferriani, piemontese che fa parte dell’Esecutivo (il Governo), e Giovanni Malagò, romano presidente del Coni e nominato nell’ottobre 2018 membro a titolo individuale.

Pellegrini, che domani compirà 33 anni e in autunno disputerà la sua ultima gara di una stupenda carriera, è stata eletta membro con 1658 voti su 30 candidati. 

Tra il 13 luglio e il 3 agosto scorso, 6.825 atleti accreditati alle Olimpiadi di Tokyo, il 61,27% degli aventi diritti per una delle più elevate partecipazioni di sempre, hanno votato i loro rappresentanti in seno alla Commissione atleti del Comitato Olimpico Internazionale. 

Oltre alla Pellegrini, soprannominata ‘La Divina’, cinque volte partecipante alle Olimpiadi, campionessa olimpica a Pechino 2008 nei 200 stile libero, argento olimpico ad Atene 2004 e campionessa del mondo nel 2009, 2011, 2017 e 2019, sono stati eletti nuovi membri Cio anche, Pau Gasol, giocatore di basket spagnolo, cinque volte olimpionico (argento a Pechino 2008 e Londra 2012, bronzo a Rio 2016), Maja Wloszczowska, ciclista di mountain bike polacca, quattro volte olimpionica (argento a Pechino 2008 e Rio 2016) e Yuki Ota, schermitore giapponese quattro volte olimpionico (argento a Pechino 2008 e Londra 2012).

L’annuncio dei nuovi membri è arrivato oggi al Tokyo Big Sight nei pressi del centro stampa allestito per i Giochi di Tokyo 2020. 

Pellegrini resterà in carica per 7 anni (non 8 a causa del differimento delle elezioni a causa del rinvio dei Giochi) ed entrerà automaticamente in Giunta e Consiglio Nazionale del Coni. La nuotatrice azzurra sarà tra i membri che avranno diritto al voto in occasione dell’elezione del prossimo presidente del Coni nel 2025.

Completano il loro mandato iniziato a Londra 2012, la presidente della Commissione atleti, Kirsty Coventry, la vicepresidente Danka Barteková, Tony Estanguet, James Tomkins e Stefan Holm.

Il 6 agosto i membri della Commissione atleti, quindi anche la Pellegrini, eleggeranno il nuovo presidente e vicepresidente. Il presidente diventerà automaticamente membro dell’Esecutivo del Cio. 

AGI – Wuhan, la città dove il Covid-19 si è manifestato per la prima volta, effettuerà tamponi a tutti i residenti dopo che sono stati registrati i primi casi di contagio da oltre un anno. Lo hanno reso noto le autorità della provincia dello Hubei, di cui Wuhan è capoluogo.

“Wuhan sta affrontando una situazione grave per la prevenzione e il controllo” della pandemia, ha dichiarato un funzionario locale citato dai media cinesi, dopo i casi di sette lavoratori migranti risultati positivi al tampone nella zona di sviluppo economico e tecnologico della città, i primi da giugno 2020. “Per garantire la salute della popolazione della città”, ha aggiunto, “è stato deciso di avviare il test dell’acido nucleico per tutti i residenti e verranno esaminati prontamente i casi positivi e asintomatici per eliminare pericoli nascosti”. 

Nelle ultime 24 ore, la Cina ha registrato altri 90 casi Covid, in lieve calo rispetto ai 98 del giorno precedente, cui si sommano 41 casi asintomatici. Il Paese asiatico sta varando forti restrizioni ai trasporti e imponendo lockdown per milioni di persone per contrastare la nuova ondata di contagi, la peggiore dalla fine dell’isolamento a Wuhan, dopo lo scoppio dell’epidemia fino ad aprile 2020.

Dei 90 nuovi contagi registrati nell’ultimo aggiornamento della Commissione Nazionale per la Sanità cinese, 29 provengono dall’estero; dei 61 locali, invece, 45 si registrano nel Jiangsu, dove si trova Nanchino, epicentro della nuova ondata, e sei nella provincia dello Hunan. Il timore delle autorità è legato alla presenza della variante Delta, riscontrata anche a Pechino, che ha tagliato i collegamenti con le aree più colpite dai contagi e imposto i primi lockdown nei quartieri dove si sono verificati casi accertati di infezione.

AGI – Seconda sconfitta consecutiva per le azzurre del volley nel torneo olimpico di Tokyo. L’Italia del ct Davide Mazzanti ha perso 3-2 (21-25 25-16 25-27 25-16 15-12) contro gli Stati Uniti e ha visto sfumare la possibilità di chiudere al primo posto il girone B per assicurarsi un incrocio più semplice nei quarti: le azzurre dovranno invece attendere il sorteggio per capire se affronteranno la Serbia o la terza classificata del gruppo A.

Finisce con un pareggio, invece, il girone di qualificazione del Settebello nel torneo olimpico di pallanuoto. Costretti ancora una volta a rincorrere dall’inizio, contro l’Ungheria gli azzurri di Sandro Campagna hanno trovato il definitivo 5-5 nei minuti finali. La larga vittoria (14-5) della Grecia sugli Stati Uniti ha relegato l’Italia al secondo posto del gruppo, in attesa di conoscere il nome dell’avversaria nei quarti di finale in programma mercoledì. 

Nell’atletica niente da fare per Filippo Randazzo: dopo l’ottimo 8,19 in qualificazione, l’azzurro non e’ andato oltre il 7,99 nella finale del salto in lungo vinta dal greco Miltiadis Tentoglou (8,41), chiudendo all’ottavo posto. “Bronzo abbordabile? Ci credevo, ci ho provato”, ha dichiarato Randazzo. “Il salto di qualificazione – ha aggiunto – faceva presagire qualcosa di più ma oggi non sono riuscito a ripetermi. So di valere più di 8.20”.

Buon esordio nei 200 metri piani per Gloria Hooper e Dalia Kaddari che hanno ottenuto la qualificazione alle semifinali. Stessa sorte per Gaia Sabbatini nei 1.500 metri, mentre è stata eliminata Federica Del Buono.

Nella canoa sprint comincia bene Francesca Genzo, qualificata alle semifinali del K1 200 metri con il secondo posto in batteria. In semifinale anche Samuele Burgo, che però è stato costretto a passare dai quarti dopo il 3° posto in batteria.