AGI – Un oro nato per caso sul web. Zane Weir, il colosso azzurro con sangue sudafricano, è il nuovo campione europeo del getto del peso. Una spallata potente che ha fatto volare la sfera da oltre sette chilogrammi a 22,06 metri, nuovo primato italiano e miglior prestazione europea dell’anno. Chapeau, tutto in colpo solo. L’oro di Zane è anche la medaglia numero 100 dell’Italia dell’atletica leggera in 37 edizioni degli Euroindoor (da Vienna nel 1970). A Istanbul, in una Turchia che dopo un mese sta cercando di risollevarsi dal devastante terremoto che ha causato oltre 51mila vittime, la finale dei colossi del peso è stata scoppiettante ed emozionante.
Weir nell’autunno ante pandemia di coronavirus era nella sua Sud Africa quando ha scritto via web all’allenatore azzurro Paolone Dal Soglio facendo riferimento sia alla voglia di crescere ancora di più e raccontato le origini triestine di suo nonno materno Mario.
Premesse che hanno acceso l’interesse di Dal Soglio. Ora questo gigante buono alto 190 centimetri per 112 chilogrammi di peso, italiano dal febbraio del 2021 e arruolato nelle Fiamme Gialle, è sul tetto d’Europa dopo essere rimasto a lungo lontano dalle pedane a seguito di un infortunio alla mano destra. In finale Zane ha messo in evidenza la sua grinta unita alla ‘forza brutà per far volare il più lontano possibile la sfera.
Il pesista azzurro in pochi minuti ha migliorato due volte il record italiano del peso al coperto del quale era già detentore. Weir dopo essere balzato al comando della gara con 21,89 metri, poco dopo è stato superato dal ceco e campione uscente Tomas Stanek con 21,90. Il 27enne lanciatore cresciuto a Durban, studente di contabilità finanziaria a Città del Capo e poi atleta professionista in quel di Johannesburg, non voleva uscire dall’Atakoy Arena della città turca senza la sognata medaglia d’oro.
Al terzo lancio il suo attrezzo è atterrato sui materassi a 22,06 metri. Quella di Zane Weir – personale outdoor è di 21,99 come quello di Leonardo Fabbri, oggi incredibilmente in giornata ‘no’ (sei nulli) – è la seconda misura di un italiano oltre i 22 metri. L’unico pesista capace di tanto era stato negli anni ’80, Alessandro Andrei: nella magica serata di Grosseto del 12 agosto 1987 l’allora poliziotto fiorentino (in pensione da alcuni anni) miglioro’ sei volte il record del mondo arrivando fino a 22.91. Weir ha riportato dopo 27 anni il titolo europeo del peso al coperto: l’ultimo era stato l’8 marzo del 1996 il suo allenatore Dal Soglio alla Globe Arena di Stoccolma con 20,50.
Stanek non è più riuscito a migliorarsi e a completare il podio è stato l’ucraino Roman Kokoshko con 21,84 metri che all’ultimo lancio ha sfilato il bronzo dal collo del croato Filip Mihaljevic (21,43). Il primo pomeriggio delle finali degli Europei indoor di Istanbul è stato contraddistinto anche dal record del mondo del pentathlon della belga Nafissatou Thiam.
La 28enne di Bruxelles, campionessa olimpica, mondiale ed europea di eptathlon, ha portato il limite a 5.055 punti strappandolo dopo undici anni all’ucraina Natalja Dobrynska (5.013). Nei 3000 metri si è fermata ai piedi del podio Nadia Battocletti.
L’italiana è stata a lunga protagonista ma non ha potuto nulla quando le due tedesche hanno incrementato: vittoria per Hanna Klein in 8’35″78 davanti a Kostanze Klosterhalfen (8’36″50). Nei 1500 vinti dal solito norvegese Jakob Ingebrigsten (3’35″95), quinto Pietro Arese (3’38″31) mentre l’atteso Ossama Meslek è stato costretto a fermarsi causa una caduta. Domani riflettori puntati soprattutto sul rettilineo da 60 metri: Marcell Jacobs andrà a caccia di confermarsi ‘Re d’Europa’ della velocità anche al coperto.
Cento bambini iscritti alla scuola tennis, adulti che occupano i cinque campi a tutte le ore, signore che si contendono un posto nei corsi collettivi, pensionati impegnati in doppi all’ultimo sangue. Se all’Adriano Panatta Racquet club di Treviso il tennis gode di buonissima salute il merito non è soltanto del potere di attrazione del campione che l’ha fondato un anno fa.
Alla vigilia del 4 marzo, ‘Giornata mondiale del tennis‘ istituita dieci anni fa per promuoverne benefici e pratica tra bambini, adulti e diversamente giovani, lo
spiega all’AGI Adriano Panatta. “Il tennis italiano sta andando alla grande, e i risultati di Sinner, Berrettini, Musetti e Sonego hanno aumentato l’interesse verso questo sport, sulla stessa scia di quanto era successo negli anni Settanta e Ottanta con me, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli”.
Ma se ad oggi il tennis con circa tre milioni di italiani con la racchetta, è il quarto sport più praticato in Italia (dopo calcio, nuoto e ciclismo), il terzo per numero di
appassionati, e la federazione (che adesso si chiama Fitp, con la p che sta per padel) con 372.964 atleti è la seconda per numero di tesserati dopo la Federazione Italiana gioco calcio, il merito, sottolinea Panatta, va anche, moltissimo alla tv.
“Ai nostri tempi non era così semplice vederci in tv, adesso la promozione televisiva sta conducendo molti bambini nelle scuole tennis. I genitori guardano Sinner and Co con i figli, sperano che possano emularli o almeno divertirsi, li iscrivono e magari si trasformano anche loro in tennisti. E’ un po’ quello che successe per lo sci con i successi di Alberto Tomba trasmessi in tv, andavano a sciare anche quelli che non avevano mai visto la neve”.
Sebbene all’Adriano Panatta Racquet club i sei campi da padel superino numericamente quelli da tennis (sei contro cinque, poi però ce ne sono altri cinque da beach volley sotto la cui sabbia si celano campi da tennis) l’ex campionissimo è convinto che le racchette non saranno mai soppiantate: “Il padel è più sociale e anche più semplice, ma i puristi del tennis non rinunceranno mai alla terra rossa. Magari giocano sia con la padella che con la racchetta, ma il tennis resta il tennis”.
“Berrettini e Sinner hanno entrambi intanto la possibilità di tornare nei primi dieci del mondo e poi di puntare più in alto. Anche perché tra i top ten ci sono già stati e anche molto bene”, aggiunge ancora Panatta chiarendo anche l’errore da non perseguire è quello di mettere fretta ai campioni, soprattutto al ventunenne Sinner.
“Sono convinto che Jannik vincerà uno Slam, ma non bisogna dimenticare che non dipende soltanto da lui, ci sono anche altri tennisti che giocano molto bene, i tifosi italiani spesso se ne dimenticano”.
“Berrettini come me? Non ero un monaco ma vincevo”
“L’esordio ad Acapulco ha dimostrato che Matteo Berrettini ha fatto benissimo a fermarsi dopo l’Australian Open, dedicandosi alla preparazione fisica” analizza Panatta, commentando anche il paragone malizioso di Nicola Pietrangeli, che davanti agli spot tv e al dominio delle cronache rosa (in compagnia della nuova
fiamma Melissa Satta) del campione lo aveva paragonato al Panatta gaudente degli anni Settanta.
“Voglio molto bene a Nicola Pietrangeli, ha 89 anni, lasciamo parlare – scherza – comunque io, è vero non sono mai stato un monaco trappista ma non me lo sono cavata male in quanto a risultati in campo, mi pare. Dove sta scritto che un campione debba fare una vita da asceta?”.
AGI – Sei gol, due traverse e tante emozioni: la Juventus, dopo esser stata sotto due volte, vince in rimonta uno dei derby della Mole più intensi ed emozionanti degli ultimi anni, beffando un Torino gagliardo ma sfortunato. All’Allianz Stadium finisce 4-2 con i gol di Karamoh e Sanabria che non bastano ai granata, ripresi prima da Cuadrado e Danilo, poi ribaltati dal grande ex Bremer e Rabiot. La squadra di Allegri sale così a 35 punti in classifica, a -6 dal sesto posto dell’Atalanta, mentre gli uomini di Juric restano fermi poco più sotto a quota 31.
Neanche due minuti sul cronometro e il primo colpo di scena è firmato Karamoh, che realizza il vantaggio granata dopo una spizzata di Buongiorno sul corner di Miranchuk. Colpiti a freddo i bianconeri sono comunque bravi a riassestarsi e a rimettere tutto in equilibrio al 16′, quando Cuadrado viene pescato da Kostic sul secondo palo e con un destro velenoso, deviato da Rodriguez, beffa Milinkovic per l’1-1. Il match è vivo e molto combattuto, Szczesny al 40′ fa un miracolo su un colpo di testa di Sanabria ma, tre giri di lancette più tardi, non riesce a respingere una bel tocco d’esterno dello stesso paraguaiano sul primo palo che vale il nuovo vantaggio del Toro.
Nel recupero, proprio a pochi istanti dall’intervallo, la Juve riesce però a pareggiare nuovamente grazie a Danilo, che stacca di prepotenza sul corner di Kostic colpendo il palo prima che la palla varchi completamente la linea di porta (inutile il bel riflesso di Milinkovic). In avvio di ripresa il copione della gara sembra non cambiare, tant’è che entrambe le squadre vanno a un passo dal terzo gol: i granata con un mancino a giro di Miranchuk impreciso, i bianconeri invece con Vlahovic che davanti al portiere centra un’incredibile traversa. Oltre al punteggio torna in parità anche il conto dei legni al 67′, con un montante colpito stavolta da Linetty con un gran sinistro dal limite al termine di una bella azione corale. Passano però pochi minuti e la Juve ribalta tutto con il più classico dei gol dell’ex di Bremer, che indovina il colpo di testa su cross del neo entrato Chiesa. All’81’ ci pensa invece Rabiot a piazzare la zampata che incrementa il punteggio sul 4-2 per i bianconeri e chiude definitivamente il discorso.
AGI – A meno di una settimana dall’inizio della nuova stagione di Formula 1, l’unica certezza arrivata dai test in Bahrain è che la Red Bull sarà ancora una volta la macchina da battere.
La scuderia austriaca riprenderà esattamente da dove aveva lasciato, ovvero da due monoposto senza apparenti punti deboli e con alcuni particolari migliorati rispetto a quelli dell’anno scorso soprattutto per quanto riguarda il fondo.
Una macchina ancora una volta pronta a dominare il circuito automobilistico, sulle ali di un Max Verstappen che ovviamente punterà al terzo titolo iridato consecutivo della sua ancor giovanissima carriera.
Sergio Perez partirà leggermente dietro, ma avrà tutte le carte in regola per stare al passo del compagno/rivale, magari con quel dente avvelenato che potrà fare la differenza dopo i favori non corrisposti della scorsa stagione, che sembravano poter inficiare sul rapporto tra i due. Gli ottimi tempi visti nei test di Sakhir, soprattutto nel passo gara, sono quindi figli di un’ottima base di partenza derivante soprattutto dal progetto 2022 che ha portato a dominare il pilota olandese.
A meccanici e ingegneri del team austriaco sono bastate poche correzioni per migliorare una macchina che a questo punto non sembra avere difetti. Velocità nel giro secco, passo gara ottimo e degrado gomme praticamente nullo con ogni mescola provata. A Ferrari e Mercedes servirà davvero qualcosa d’importante per stare al passo con la rivale numero uno.
AGI – Terza vittoria consecutiva in campionato per un ritrovato Milan, che batte una spenta Atalanta nel posticipo domenicale della 24ma giornata di Serie A. A San Siro il big match finisce 2-0 grazie all’autogol di Musso nel primo tempo su gran tiro di Theo Hernandez e al sigillo di Messias nel finale: splendida prestazione da parte della squadra di Pioli, che agguanta al secondo posto l’Inter ma che soprattutto sembra aver riacquisito tante certezze; male invece gli uomini di Gasperini, che chiudono senza tiri nello specchio e senza aver mai portato pericoli dalle parti di Maignan, rimediando la terza sconfitta nelle ultime quattro uscite.
Intensità e aggressività sono le due parole chiave di un approccio alla gara ai limiti della perfezione da parte dei rossoneri, che al 7′ gia’ sfiorano il vantaggio con una girata di Giroud su cross di Leao. La Dea resta imbrigliata nella pressione avversaria e al 26′ è costretta a piegarsi: Giroud fa una bella sponda all’indietro per l’accorrente Theo, che lascia partire un bolide mancino da fuori respinto dal palo ma deviato successivamente in rete dalla schiena di Musso.
Superata la mezz’ora il Milan crea altre due buone chances con Leao, impreciso però in entrambe le situazioni che poteva sfruttare diversamente. A inizio ripresa il copione della gara non cambia: la squadra di Pioli continua a dominare e a ridosso dell’ora di gioco crea una grande palla gol con Giroud, liberato da un tacco geniale di Diaz ma murato a tu per tu da Musso, bravo anche un minuto più tardi a dire di no a Leao. Il Milan fa incetta di occasioni e al 71′ ne avrebbe un’altra clamorosa per mettere ancora più in discesa la sfida: Theo vince un rimpallo sulla linea di fondo offrendo a Leao, che a sua volta prolunga per il liberissimo Messias, sprecone con il destro da due passi.
Il brasiliano però si rifà con gli interessi all’86’, chiudendo il discorso sul 2-0 con un bel tocco sotto dopo la splendida verticalizzazione di Leao. Per il Milan la nota positiva è anche il ritorno in campo dopo 280 giorni di Zlatan Ibrahimovic, reduce da una lunga convalescenza a seguito dell’infortunio con conseguente operazione al ginocchio. L’ultima era stata quella che ha consegnato ufficialmente lo scudetto al ‘Diavolo’ la scorsa stagione, al Mapei Stadium contro il Sassuolo (22 maggio 2022). Stefano Pioli lo ha inserito al 74mo al posto di Giroud e il popolo rossonero ha accolto il 41enne svedese con un’ovazione.
AGI – Riaffiora un pezzo di storia dell’atletica leggera di un secolo fa: le due medaglie d’oro vinte alle Olimpiadi di Amsterdam nel 1928 nei 100 e 200 metri dal leggendario velocista canadese Percy Williams, ora sono nuovamente esposte a Vancouver, 43 anni dopo il loro furto. Si tratta di copie, perché quelle che furono portate via nel 1980 dalla British Columbia Sports Hall of Fame di Vancouver dopo un’esposizione di sole due settimane, non sono mai state rinvenute. Ma rappresentano il ricordo di un’impresa poco conosciuta dietro cui c’è una grande storia di sport.
L’iniziativa di riprodurre fedelmente quelle medaglie è stata della famiglia di Percy che ha spinto il Comitato olimpico canadese di farsene portavoce presso il Cio. La carriera sportiva di Williams Percy nacque contro il volere dei medici per poi concludersi tragicamente, con un suicidio all’età di 74 anni (era il 29 novembre del 1982) eseguito con il fucile ricevuto quale riconoscimento dei trionfi olimpici. All’età di 15 anni a Williams, dopo essere stato colpito da febbre reumatica acuta, era stato detto di astenersi dal praticare qualsiasi sport. Lui non ascoltò i medici e l’anno successivo decise di iniziare a correre sognando di partecipare alle Olimpiadi.
L’atleta nativo di Vancouver per pagarsi il viaggio fino all’Ontario e partecipare ai trials canadesi iniziò a lavorare come cameriere. Qualificatosi con il record olimpico eguagliato sui 100 metri (10”6 manuale), Williams si guadagnò la trasferta per l’Olanda. Il trionfo olimpico del 30 luglio del 1928 fu una tale sorpresa che i funzionari olimpici non avevano nemmeno la bandiera canadese per la cerimonia di premiazione che poi si svolse in ritardo. Due giorni dopo Percy vinse anche la finale dei 200 diventando il terzo sprinter della storia a vincere due ori olimpici nei 100 e 200 metri dopo gli americani Archie Hahn (1904) e Ralph Craig (1924).
Al suo rientro a Vancouver, Williams venne accolto come un eroe alla stazione ferroviaria da 25.000 persone in un giorno in cui vennero chiuse le scuole. Nel 1930 vinse la gara delle 100 yard ai Giochi dell’Impero Britannico ad Hamilton nonostante alle 70 yard si strappò i tendini della parte superiore della gamba sinistra. Un infortunio dal quale Williams non si riprese mai completamente.
Dopo essere rimasto escluso dalla finale dei 100 metri delle Olimpiadi di Los Angeles del 1932, si ritirò e divenne un agente assicurativo. Nel 1972 un sondaggio della stampa canadese dichiarò Williams il più grande atleta olimpico canadese di tutti i tempi e nel 1979 fu nominato Ufficiale dell’Ordine del Canada.
“Ci siamo sentiti in dovere di rimettere in quel posto il suo riconoscimento non solo per il nostro legame familiare, ma anche perché le persone non dimentichino questo grande uomo”, ha detto Jason Beck, curatore della BC Sports Hall of Fame, “Senza dubbio Percy Williams è uno degli atleti olimpici canadesi più sottovalutati di tutti i tempi”.
La presidente del Comitato olimpico canadese, Tricia Smith ha aggiunto, “questo è un momento molto speciale e siamo entusiasti di poter celebrare nuovamente i risultati storici di Percy Williams e la straordinaria eredità lasciata allo sport canadese”.
AGI – Domenica 26 Febbraio alle 17:30 a Wembley va in scena l’atto finale della 63ma edizione della Carabao Cup, la coppa di Lega inglese, che mette di fronte il nuovo Newcastle di proprietà saudita allenato da Eddie Howe e il rifiorito Manchester United di Erik Ten Haag. I Magpies raggiungono la prima finale in una coppa nazionale dal 1999, quando furono proprio i Red Devils a sconfiggerli, e possono regalare al fondo sovrano arabo Pif
La storia
La coppa di Lega è una delle tre competizioni nazionali inglesi e anche se in Inghilterra non ha mai raggiunto il prestigio della FA CUP, nel tempo è entrata a far parte della cultura calcistica d’oltremanica. La Carabao Cup viene istituita nel 1960 dal segretario della Football League Alan Hardacker (su idea dell’ex arbitro Stanley Rous) nel tentativo di aumentare le presenze allo stadio e di generare introiti, in un periodo in cui il calcio britannico aveva perso di appeal.
Alla competizione partecipano 92 squadre, provenienti dalla Premier League fino alla quarta serie inglese, la League Two. Il vincitore della coppa ottiene la qualificazione ai playoff di Conference League, a meno che il vincitore sia già qualificato per un la Champions o l’Europa League, allora il posto passa alla squadra meglio classificata in campionato. Dal 2016 la bevanda energetica tailandese ‘Carabao’ è diventato lo sponsor della competizione in cui hanno mosso i primi passi molte stelle del calcio internazionale, da un sedicenne Cesc Fabregas alla leggenda del Manchester United Wayne Rooney, che segnò il suo primo da professionista con la maglia dell’Everton sul campo del Wrexham.
Manchester e Newcastle e il 1969
Manchester United contro Newcastle, un classico inglese con in palio la conquista di un trofeo che manca da troppo tempo per i due giganti dormienti. I Red Devils di un rinato Marcus Rashford e prelevati da Erik Ten Haag a inizio stagione, stanno ottenendo grandi risultati sotto la guida dell’allenatore olandese, dopo anni in cui hanno visto dominare i loro più grandi rivali, il Liverpool ed il Manchester City.
Nel 1969 il Manchester United di Shay Brennan e Sir Bobby Charlton fu l’unica squadra a snobbare e a decidere di non partecipare alla Carabao Cup, perché ritenuta di poco conto dagli allora campioni d’Europa. Oggi la coppa si presenta come un’occasione per tornare grandi e mettere fine al periodo senza trofei più lungo nella storia del club, durato nove anni e iniziato proprio dopo il trionfo in quella Coppa Campioni del 1968.
Lo United ha già vinto questo titolo 5 volte, e l’ultima nel 2017 con José Mourinho in panchina coincide anche con l’ultimo successo dalle parti di Old Trafford. A Newcastle upon Tyne i tifosi dei ‘Magpies’ sono in attesa di un trofeo che manca dal 1969, se si parla di un trofeo domestico addirittura dal 1955, 54 anni infiniti per uno dei club più antichi e celebrati dell’isola britannica e fondato nel lontano 1892. Dalla vittoria della coppa delle fiere contro gli ungheresi del Ujpesti Dozsa, i Toon sono arrivati due volte secondi in Premier League, tre volte in finale di FA Cup e una volta di Carabao Cup nel 1976, venendo sempre fermati a un passo dalla gloria. In quella finale del 1976 il Newcastle fu sconfitto 2-1 dal Manchester con un gol in rovesciata di Dennis Tueart, tifoso dei Magpies da bambino e a 16 anni scartato dal suo primo amore, decide di indossare la maglia degli acerrimi rivali del Sunderland.
Di mezzo ci sono state anche 4 retrocessioni, 32 allenatori diversi e diversi cambi di proprietà fino all’Ottobre del 2021 quando il club passa al Fondo per gli investimenti pubblici (PIF) dell’Arabia Saudita, diventando di punto in bianco la squadra più ricca del mondo. L’ingaggio di Eddie Howe nel Novembre del 2021 si è rivelato fondamentale per la rinascita dei bianconeri, che in solo 18 messi sono passati dalla zona retrocessione al quinto posto in premier League e una finale di coppa.
Novant’anni di rivalità, da Ferguson ad Alan Shearer
Nella storia del Newcastle, la squadra che più di tutti gli ha messo il bastone tra le ruote e tolto momenti di gioia, spesso senza scrupoli, è stato proprio il Manchester United. A partire dallo scippo dell’attaccante Andy Cole nel 1995 (uno dei migliori attaccanti dell’epoca con 55 gol in 70 partite in maglia bianconera) fino alla finale di FA Cup del 1999, vinta dai Red Devils per 2-0 con i gol di Teddy Sheringham e Paul Scholes e che a fine anno fece lo storico triplete. Chi non è amato dalle parti di St. James Park è sicuramente Sir Alex Ferguson, che dopo una lite con l’allora allenatore dei Magpies Alan Pardew disse “io sono l’allenatore del più famoso club del mondo. Non sono al Newcastle un piccolo club nel nord-est”. Ma ancor prima nel 1996, quando le due squadre erano a testa a testa in Premier League, l’allenatore scozzese fu criticato per aver utilizzato dei ‘mind games’, dichiarando alla stampa la differenza di impegno messo dalle squadre di Premier League quando affrontavano i Red Devils rispetto ai Toon.
Il coach del Newcastle Kevin Keegan rispose perdendo la calma, cascando nella provocazione, e consegnando inevitabilmente il campionato al Manchester United al termine della stagione. Nel 1996 una vittoria per i bianconeri, che soffiarono al Manchester il miglior marcatore nella storia del campionato inglese, Alan Shearer, per una cifra record ai tempi di 15 milioni di sterline. Un altro episodio incandescente a dimostrazione dell’antagonismo tra i due club
Nel 2001 nel finale di una partita rocambolesca vinta dai Magpies per 2-1 contro il Manchester United, Shearer stuzzica Roy Keane su una rimessa laterale, suscitando una plateale reazione dell’irlandese conclusa con un colpo al volto di ‘Smokey”. Un altro episodio rovente a dimostrazione della rivalità che aleggia nell’aria tra i due club.
Il regolamento e il ritorno di Karius
Superato il Southampton in semifinale per 2-1 (dopo l’1-0 dell’andata), grazie alla doppietta nei primi 20 minuti del ‘born and bred’ in Newcastle Sean Longstaff, la squadra di Howe sta vivendo una stagione incredibile in cui ha perso solo due volte, entrambe con il Liverpool. Il punto di forza è decisamente la difesa, che è al momento nettamente la migliore del campionato con solamente 15 gol subiti in 23 partite. A Wembley, a causa dell’espulsione rimediata nell’ultima gara di campionato contro il Liverpool per aver bloccato il pallone con le mani fuori dalla sua area di rigore, non sarà arruolabile il portiere titolare Nick Pope.
Per il regolamento la sospensione vale per la gara successiva, in questo caso la finale di coppa, ma non solo, anche il secondo portiere Martin Dubravka non potrà scendere in campo con i Magpies. Lo slovacco fino a gennaio è stato in prestito proprio ai Red Devils, facendo le sue due uniche presenze nei primi turni della Carabao Cup, e Il regolamento non permette di rappresentare due squadre nella stessa competizione. Di fatto Dubravka si porterebbe a casa la medaglia qualsiasi sia il risultato della finale.
Sul gong del calciomercato invernale anche Karl Darlow ha fatto le valigie direzione Hull City e lasciando vacante il posto di terzo portiere, che a pochi giorni dalla finale è una contesa a due tra Loris Karius e la quarta scelta Mark Gillespie. Sì, proprio quel Karius diventato famoso per essere stato protagonista con due errori clamorosi che consegnarono la Champions League del 2018 al Real Madrid di Zidane. Due errori che lo tormentano ancora oggi, ma a 690 giorni dall’ultima partita giocata (28 febbraio 2021 con la maglia dell’Union Berlino), si apre davanti a lui uno scenario inaspettato, con la possibilità di redimersi nella cattedrale del calcio e di scacciare i fantasmi del passato.
Anche il Newcastle beneficia dalla regola che tiene Pope fuori dalla finale: la stella della squadra Bruno Guimaraes, espulso in semifinale con sospensione di tre giornate, ha scontato la squalifica in campionato e può tornare giusto in tempo tra i convocati per la finale.
AGI – Dopo l’esonero di Luca Gotti, lo Spezia accoglie il suo nuovo allenatore. Leonardo Semplici è ufficialmente il tecnico della squadra bianconera ed è lo stesso club a darne l’annuncio dopo le voci che si sono rincorse negli ultimi giorni.
Semplici, per sei anni allenatore dell’anno Spal (2014-2020) con cui ha ottenuto una promozione in Serie B e successivamente in Serie A, allenando poi anche il Cagliari nel 2021, avrà l’obiettivo di guidare lo Spezia verso la salvezza.
Benvenuto Mister Semplici! pic.twitter.com/fC68tnJcJ7
— Spezia Calcio (@acspezia)
February 23, 2023
I bianconeri sono reduci da un solo punto nelle ultime cinque partite di campionato e distano ora solo 2 punti dalla retrocessione. Domenica alle 18, in casa dell’Udinese, sarà il primo vero banco di prova per il tecnico fiorentino.
AGI – Gli Stati Uniti sono stati investiti da un’ondata di bufere di neve che ha imposto la chiusura di delle scuole e di molte imprese in North e South Dakota, Minnesota (dove è stata mobilitata la Guardia nazionale per soccorrere gli automobilisti) e Wisconsin.
Ben 75 milioni di persone in 28 Stati, dal Nebraska al New Hampshire, sono state poste in stato d’allerta per il maltempo invernale per venti che potrebbero raggiungere gli 80 km orari e soffiare aria gelida anche a 40 sotto zero. Negli Stati settentrionali si prevedono 60 centimetri di neve in alcune zone con le nevicate più intense dell’ultimo trentennio.
I voli cancellati sono 5mila e persino la California si prepara a qualche nevicata e a venti forti. In altre zone dell’est e del sud del Paese, invece, è in arrivo un caldo record: a Washington Dc si prevede la temperatura più alta – 26 gradi – per questo periodo da 150 anni. La differenza tra zone diverse degli Usa potrebbe raggiungere superare i 50 gradi: si va dai -22 del Montana ai 35 gradi di McAllen, in Texas.