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Roma – Il 30% dei minori vittime di maltrattamenti in Italia subisce abusi multipli, contemporaneamente presenti cioè in forme diverse: dal maltrattamento fisico alla trascuratezza grave, dall'abuso sessuale alla sindrome di Munchausen per procura, all'abuso psicoemozionale, alla violenza assistita e al bambino conteso. E' quanto emerge dal report su 3mila casi rilevati negli ultimi cinque anni da cinque grandi strutture ospedaliere specializzate, al centro del dossier 'Maltrattamento e abuso sui bambini: una questione di salute pubblica', realizzato dalla onlus Terre des Hommes Italia (Tdh) e presentato alla Biblioteca del Senato.

CHI SONO LE VITTIME DEGLI ABUSI
L'età media delle vittime rilevata nel quinquennio è intorno ai 7 anni, con una maggioranza di bambine. Il maltrattamento è stato rilevato in tutte le fasce di età e spesso è contemporaneamente presente in forme diverse, (il maltrattamento multiplo infatti raggiunge circa il 30% delle vittime intercettate dai Centri negli anni). L'indagine ha consentito di far emergere anche nuove forme di abusi. Tra queste spicca il 'chemical abuse', ovvero qualsiasi ingestione intenzionale a scopo di minaccia o ingestione intenzionale risultante da negligenza di agenti potenzialmente velenosi: per esempio i farmaci o prodotti quali l'etanolo o i solventi, così come sostanze illegali (gli stupefacenti). Riscontrati anche casi di shaken baby syndrome (la sindrome del bambino scosso), in cui sono colpiti i bambini in tenerissima età: è una forma di maltrattamento fisico in cui il bambino, di solito sotto i 2 anni, viene violentemente scosso imprimendo forze di accelerazione, decelerazione e rotazione al capo e alle altre strutture del corpo, con il risultato di provocare lesioni gravissime. Per questo Terre des Hommes ritiene sia necessario pianificare campagne d’informazione e sensibilizzazione presso le istituzioni ma anche per il grande pubblico. 

 

I CENTRI (ANCORA POCHI) D'ECCELLENZA
Per questa terza indagine Tdh ha scelto dei partner storicamente impegnati nella diagnosi della violenza sui bambini e nella loro cura: l'Ambulatorio Bambi di Torino, il SVSeD di Milano, il Centro regionale per la Diagnostica del Bambino maltrattato di Padova, il Gaia di Firenze e il Giada di Bari. Il rapporto esamina i casi di maltrattamento diagnosticati in ognuna delle 5 strutture tra il 2011 e il 2015, distinguendo per tipologia di violenza. Vengono anche fatti degli esempi concreti dei bambini diagnosticati e trattati e analizzate alcune delle forme di violenza rilevate.
 

COME AFFRONTARE LA PIAGA DELL'ABUSO SUI MINORI
Terre des Hommes formula 4 raccomandazioni chiave per le Regioni, gli Ospedali, le Università e il Governo.

  • Ogni Regione disponga di un centro ospedaliero pediatrico referente per il territorio con specifica struttura ed expertise in materia
  • Ciascun centro sia dotato di equipe multidisciplinari e specializzate con dotazioni strumentali che permettano una diagnosi differenziale completa
  • Il maltrattamento e abuso all’infanzia diventi materia di studio nel curriculum della Facoltà di Medicina e Chirurgia
  • Il maltrattamento sui bambini venga inserito nel Piano Nazionale di Prevenzione Sanitaria

 

PERCHE' LA DIAGNOSI PRECOCE SALVA LA VITA
“L’impegno di Terre des Hommes nel contrasto della violenza sui bambini segna oggi un importante passo in avanti, grazie alla preziosa partnership con queste eccellenze ospedaliere”, ha spiegatoFederica Giannotta, Responsabile Advocacy e Programmi Italia di Terre des Hommes. “Dopo le indagini per quantificare il numero di minori maltrattati in Italia presi in carico dai Servizi Sociali e il costo sociale della mancata prevenzione della violenza, questo nuovo lavoro torna a confermare l’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce del maltrattamento in un’ottica specificamente sanitaria. Vogliamo portare all’attenzione delle istituzioni il prezioso lavoro che viene quotidianamente svolto da strutture in prima linea nella diagnostica del maltrattamento e favorire la condivisione delle loro metodologie nel resto d’Italia”.

 

Milano – Contro la depressione nessuno si salva da solo. Per combattere il male del millennio occorre un vero e proprio 'staff': non solo specialisti ma anche medici di famiglia, pazienti e famigliari. Un gruppo di persone con, ciascuno, importanti regole da seguire se si vuole davvero che le cure abbiano successo. Le ha predisposte la Società Italiana di Psichiatria, e sono divise tra le quattro destinate alla classe medica, e le sei destinate a pazienti e familiari. Sono state presentate nel corso del convegno "Le Depressioni" in corso oggi e domani a Milano, e spiegate dal presidente, Claudio Mencacci.
 

CHE COSA DEVONO FARE I MEDICI

1Accorciare i tempi di diagnosi. Il tempo medio per arrivare alla diagnosi è oggi ancora molto elevato. Le casistiche più recenti attestano un periodo medio di due anni che intercorre dall'insorgenza dei primi sintomi fino alla malattia conclamata e dunque l'inizio delle terapie. Due anni è anche il tempo medio per decidersi a consultare un medico, con le conseguenti implicazioni sulle manifestazioni, l'efficacia delle cure e il recupero dalla malattia.

2 Migliorare la formazione medica. Non solo degli specialisti, ma anche della classe medica che potrebbe essere coinvolta nel riconoscimento e nella diagnosi della patologia, come ad esempio medici di medicina generale, pediatri, ginecologi, geriatri, diabetologi, cardiologi, pneumologi ed ogni altra specialita' medica che potrebbe 'interagire' efficacemente con pazienti affetti da disturbi e malattie mentali.

3 Informare e informarsi. Occorre avviare campagne di informazione e sensibilizzazione rivolte alla popolazione generale. La migliore conoscenza porta a 'identificarsi' con il problema, a prenderne coscienza e a richiedere l'aiuto di un medico e/o di uno specialista. La condivisione del problema, tipicamente femminile, consente di ampliare il messaggio.

4 Individuare preventivamente il rischio di stigma, vergogna, per i malati. Occorre identificare contesti e situazioni in cui potrebbe esistere una difficoltà a parlare del proprio problema. Studi recenti hanno evidenziato ad esempio che donne residenti in piccoli centri, non solo hanno meno episodi depressivi, ma anche che impiegano meno tempo a decidere di rivolgersi al medico e/o allo specialista.
 

CHE  COSA DEVONO SAPERE I PAZIENTI

5Curarsi 'bene'. Significa non solo avere accesso alle cure, ma soprattutto seguire le terapie secondo le modalità indicate dapprima dal medico di medicina generale e/o, laddove necessario, dal medico specialista – in particolare dallo psichiatra – in funzione dei diversi bisogni o della gravità della patologia.

6Non interrompere mai le cure. Il 'fai-da-te' decisionale non è mai ammesso in nessun percorso terapeutico, specie nelle malattie o nei disturbi mentali in cui la ricaduta, nuovi episodi, la riacutizzazione delle manifestazioni o la riesposizione a fattori di rischio, sono spesso frequenti.

7Seguire uno stile di vita sano. In tutte le sue sfaccettature: dalla corretta alimentazione, evitando cioè cibi che abbiano naturalmente al loro interno componenti eccitanti; alla correzione di comportamenti voluttuari, azzerando cioe' il consumo di alcool e droghe che hanno importanti effetti sul sistema nervoso centrale e sulle funzioni mentali; alla pratica regolare di attivita' fisica, almeno 40-60 minuti di sano movimento per 3-4 volte a settimana; limitare la vita 'multitasking' ovvero impegnata su troppi fronti.

8Prestare attenzione ai campanelli d'allarme. Non soltanto alla perdita di interesse e/o di piacere per le cose normali – quali ad esempio la vita professionale, sociale o di relazione – ma anche agli aspetti cognitivi. Vale a dire a un calo della concentrazione, attenzione e memoria di lavoro e ad altri segnali spesso trascurati come il procrastinare una decisione o l'incapacità di attuare strategie di 'problem solving', sia in contesti banali che più complessi.

9Non trascurare la quantità e soprattutto la qualità del sonno. Un sonno breve e disturbato può rappresentare un importante fattore di rischio per la comparsa e il perdurare di problemi depressivi. Diversi studi scientifici hanno dimostrato una stretta relazione fra depressione, scarsità di sonno e attivazione di fenomeni infiammatori che sono alla base della comparsa di differenti patologie tra cui diabete, ipertensione e la stessa depressione.

10Confidarsi e parlarne, informare le persone care. Oltre la cura medica sono molto importanti le cure psicoterapiche E' fondamentale nel percorso di recupero da uno stato depressivo avere accanto un ambiente famigliare accogliente, comprensivo, poco giudicante che non stimoli sentimenti di vergogna, ma che sostenga in tutte le fasi della malattia. Una attenzione che va riservata maggiormente alla donna più esposta non solo allo sviluppo di patologie croniche (anche in funzione di una maggiore durata della vita), ma anche a un maggiori decadimento cognitivo quale importante effetto collaterale dei disturbi depressivi.

Londra – Mangiare molti pomodori potrebbe aiutare a prevenire le rughe e persino il cancro della pelle. Almeno questo è quanto emerso da uno studio del Leibniz Research Institute for Environmental Medicine di Dusseldorf (Germania), pubblicato sul British Journal of Dermatology. Il pomodoro è ricco di un antiossidante chiamato licopene che aiuta a proteggere il corpo dalle radiazioni UV dannose. Risultati simili sono stati registrati anche su una sostanza nota come luteina, abbondante negli spinaci e nei cavoli. Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno confrontato la pelle di 65 persone divise in due gruppi: a uno è stato dato un integratore chiamato Tnc, a base di nutrienti contenuti nel pomodoro, oppure un placebo; all'altro gruppo è stata data la luteina o un placebo. All'inizio e alla fine di ogni fase del trattamento durato 12 settimane, la pelle dei soggetti è stata esposta a due tipi di raggi ultravioletti, UVA1 e UVA/B, in un processo noto come irradiazione. Dopo 24 ore sono state condotte delle biopsie. Dai risultati è emerso che coloro che non hanno ricevuto il licopene o la luteina avevano un'espressione aumentata di alcuni geni legati all'infiammazione e alla rugosità della pelle, due effetti collaterali comuni dei danni solari. Al contrario, entrambi i trattamenti hanno ridotto significativamente l'espressione di questi geni. "C'è una crescente evidenza che l'intervento dietetico è in grado di proteggere la pelle umana dagli effetti negativi causati dalle radiazioni ultraviolette solari", ha commentato Jean Krutmann, uno degli autori dello studio. I ricercatori, però, precisano che i pomodori non sostituiscono le protezioni solari, ma potrebbero rappresentare un'altra importante linea di difesa. Si potrebbe invece pensare, secondo gli studiosi, di assumere integratori contenenti licopene o utilizzare questa sostanza nei cosmetici. 

Londra – Il 45 per cento delle donne che hanno vissuto un aborto spontaneo mostrano gli stessi sintomi del disturbo post-traumatico da stress (Dpts) tre mesi dopo. E tra le donne che hanno avuto una gravidanza extrauterina, il 18 per cento soffre allo stesso modo di Dpts. Queste, in estrema sintesi, le conclusioni di uno studio dell'Imperial College London pubblicato sulla rivista BMJ Open. I ricercatori hanno monitorato 112 donne che hanno subito un aborto e hanno scoperto che questo spesso ha avuto un effetto profondo sul lavoro e sulle relazione sociali. Il Dpts, in generale, può verificarsi dopo eventi spaventosi o angoscianti e può far rivivere ai pazienti lo stesso trauma con incubi, flashback o pensieri indesiderati. I sintomi possono iniziare settimane, mesi o anche anni dopo un evento e può causare problemi di sonno rabbia e depressione. Le donne dello studio hanno riferito di sperimentare regolarmente sentimenti associati con la perdita del bambino e di fare pensieri brutti. Alcune donne hanno riferito anche di avere incubi o flashback, mentre altre hanno riferito di evitare tutto quello che ricorda loro della perdita subita. Quasi un terzo ha detto che i loro sintomi hanno influenzato il loro lavoro, mentre circa il 40 per cento ha detto che a pagarne le conseguenze sono stati i rapporti con amici e familiari. Secondo i ricercatori, alla luce di questi risultati, dovrebbero essere condotti i routine screening per problemi psicologici su tutte le donne che hanno perso un figlio. (AGI) .

Roma – Gli italiani un popolo di allergici. Almeno così sembra osservando i numeri dei test per allergie e intolleranze, che stanno conoscendo negli ultimi anni un vero boom. Ma secondo gli esperti una parte consistente dei "presunti" allergici in realtà non lo è, ed è spinto a sottoporsi a test spesso anche poco o per nulla attendibili solo dalla paura e da una forma di condizionamento. E' quanto sottolineano gli esperti dell'Aaiito, l'Associazione degli Allergologi e Immunologi Territoriali e Ospedalieri Italiani. I numeri parlano chiaro: un italiano su quattro soffre di patologie allergiche, ma quasi uno su due crede di essere allergico o intollerante. C'è un buon 25 per cento, insomma, che è convinto di essere allergico ma non lo è. Secondo le stime più recenti l'allergia alimentare interessa il 7-8% dei bambini di età inferiore a 3 anni e circa il 3-4 della popolazione adulta. Tuttavia la percezione globale di "allergia alimentare" nella popolazione generale risulta molto più alta, intorno al 30%.

Gli alimenti responsabili della stragrande maggioranza delle reazioni allergiche sono: latte, uova, arachidi, pesci, frutta secca, soia nei bambini e, negli adulti, arachidi, noci, pesci, crostacei, soia, verdura e frutta. "Quello delle intolleranze alimentari – spiega Beatrice Bilò, presidente di Aaiito – è un problema che risulta sempre più avvertito, spesso in maniera esagerata. Un fenomeno in crescita, con numeri raddoppiati nell'arco di cinque anni. Il problema è che spesso questa percezione, quella di essere intollerante o allergico a qualcosa, non corrisponde a realtà". Quelli che si sottopongono più frequentemente a controlli sono le donne, soprattutto quelle tra i 40 e i 50 anni. I sintomi, effettivamente, sono spesso di difficile interpretazione: problemi intestinali, cefalea, prurito e stanchezza vengono facilmente etichettati come causati da allergie. "Quella delle intolleranze è sicuramente una "moda" – dichiara Antonino Musarra, presidente eletto dell'associazione – sulla quale si concentra la maggioranza degli equivoci a causa della grande disinformazione. ll mercato ovviamente ci lucra, immettendo in commercio strumenti ed esami spesso non attendibili. Sono pochissimi, infatti, quelli che hanno un reale valore scientifico: solo il test per il lattosio e il test per l'intolleranza al glutine sono stati riconosciuti ufficialmente validi. Ed è facile accorgersi dell'approssimazione di questi test: a volte basta ripetere il test dopo pochi giorni per avere valori totalmente opposti. Questi test sono spesso eseguiti in farmacie ed erboristerie: in questo modo si alimenta un settore che si basa più sulla fantasia che sulla scienza". Fra i test incriminati più frequenti, il test citotossico, eseguito sul sangue, che esamina le modificazioni dei globuli bianchi a contatto con un alimento; il test kinesiologico, che valuta le variazioni di forza muscolare; il Vega test, che analizza le variazioni di conduttanza della cute. La convinzione comune è che queste allergie/intolleranze alimentari possano provocare disturbi di vario tipo, che vanno spaziano dai problemi gastrointestinali a quelli cutanei, dalle alterazioni umorali all'aumento di peso. 

Roma – Nel 2015 i trapianti di organo in Italia sono stati 3.326 (dati definitivi al 31 dicembre), in leggero aumento rispetto all'anno precedente (3.250). Ci sono stati 1.881 trapianti di rene, dei quali 1.580 da donatore deceduto e 301 da vivente; 1.094 trapianti di fegato, dei quali 1.071 da donatore deceduto e 23 da vivente; 246 trapianti di cuore; 112 trapianti di polmone; 50 trapianti di pancrease un trapianto d'intestino. I dati sono stati diffusi oggi dalla Società Italiana Trapianti d'Organo (Sito) che terrà il suo 40esimo congresso a Roma dal 26 al 28 ottobre. Nel mondo nel 2015 sono stati eseguiti 119.873 trapianti, il 10% della necessità mondiale secondo l'Organizzazione mondiale della sanità e l'Organizzazione nazionale spagnola dei trapianti (Ont), che gestisce il registro mondiale. L'Italia è al 19esimo posto con 55,6 malati trapiantati per milioni di persone, lontanissima dal primo della Spagna (100,7). In Italia pazienti in lista d'attesa al 31 dicembre del 2015 erano 9.070. La maggior parte di questi è in lista di attesa per ricevere un trapianto di rene (6.765) e rispetto agli altri organi, al paziente è offerta la possibilità di iscriversi in più liste d'attesa. Mentre sono 1.072 i pazienti iscritti in lista per il fegato, 731 per il cuore e 383 per il polmone. Nel 2015, dati definitivi al 31 dicembre, 3.326 pazienti sono stati trapiantati a fronte dei 9.070 in lista: solo il 37%. Oggi, il tempo d'attesa medio per un trapianto è di: 3,1 anni per un rene, 2 anni per un fegato, 2,8 anni per un cuore, 2,3 anni per un polmone e 3,2 anni per un pancreas. La mortalità complessiva annua dei pazienti in lista d'attesa è del 4,4%. Se si chiudessero le liste d'attesa per il trapianto, occorrerebbero tra i 2 e 3 anni per trapiantare tutti i pazienti già in lista.

In Europa al 31 dicembre del 2015 c'erano 56.504 pazienti in lista d'attesa per un organo. Nel 2015 i decessi durante l'attesa sono stati 3874 (6,9%). Sono quasi un milione e novecento mila gli italiani che hanno espresso la volontà ad essere donatori. "Una scelta in Comune" – la nuova modalità di registrazione della dichiarazione di volontà in occasione del rilascio o rinnovo della carta d'identità – ha registrato nel 2015 una vera e propria impennata con 104.571 cittadini che si sono espressi sulla donazione di organi e tessuti all'ufficio anagrafe (contro i 15.137 del 2014). Nel 2015 in Italia si sono contati circa 22 ,6 donatori per milione di persone, un tasso in calo rispetto al 23,2 dell'anno precedente. In numeri assoluti nel 2015 sono stati 1.374 i donatori dei quali ne sono stati utilizzati 1.165. La regione con il più alto tasso di donatori per milioni di persone è la Toscana (48), seguita dal Friuli Venezia Giulia (37,4) e dall'Emilia Romagna (30,4), Fanalino di coda la Sicilia (9,8), unica regione sotto il 10. A queste cifre bisogna aggiungere i donatori da vivente che sono stati 301 per il rene e 23 per il fegato. In calo il tasso delle opposizioni che e' passato dal 31% del 2014 al 30,5 % del 2015. (AGI) 

Londra – Presto la vita sessuale di moltissime coppie potrebbe cambiare profondamente. Un gruppo di scienziati della Wolverhampton University (Regno Unito), in collaborazione con l'Università di Aveiro (Portogallo), ha infatti scoperto un modo per rendere infertili temporaneamente gli uomini, aprendo la possibilità di liberare le donne dal "peso" di dover essere loro a pensare di evitare gravidanze indesiderate prendendo la pillola anticoncezionale. I ricercatori sono riusciti a capire come "spegnere" la capacità degli spermatozoi di nuotare. In particolare, sono stati sviluppati dei composti capaci di "camuffarsi" ed entrare negli spermatozoi bloccando il dimenare della loro coda. Se uno spermatozoo viene impossibilitato a nuotare, non ha alcuna possibilità di fecondare naturalmente l'ovocita di una donna. Questo potrebbe aiutare gli studiosi a mettere a punto una pillola ad azione rapida o uno spray nasale da prendere un po' prima del rapporto sessuale e scongiurare il rischio gravidanza. Gli effetti poi sparirebbero nel giro di pochi giorni.

"I risultati sono sorprendenti e quasi istantanei", ha detto John Howl, uno dei ricercatori che ha lavorato allo sviluppo del nuovo composto anticoncezionale. "Quando si prendono gli spermatozoi sani e si aggiunge il nostro composto, nel giro di pochi minuti gli spermatozoi non possono muoversi", ha aggiunto. Quindi il composto, chiamato peptide cellula-penetrante, entra dentro gli spermatozoi e li "paralizza". "Questo è un approccio del tutto unico, che nessun altro ha mai fatto prima", ha detto Howl. I test sono stati condotti in laboratorio su spermatozoi di bovino e su spermatozoi umani. I risultati, stando a quanto riportato dal quotidiano Daily Mail, saranno presto pubblicati su una rivista scientifica. (AGI)

Montereal – Non occorre essere dei campioni olimpici per poter salvaguardare la salute del proprio cuore. Almeno questo è quanto emerge da uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori canadesi che ha evidenziato che per ridurre efficacemente i numerosi fattori di rischio che incidono sulla salute el muscolo cardiaco e' sufficiente una costante attivita' motoria anche moderata. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Cardiopulmonary Rehabilitation and Prevention. Per misurare l'impatto della forma fisica sui fattori di rischio di malattie cardiache, i ricercatori hanno selezionato 205 uomini e 44 donne con malattie cardiache, tra cui malattia coronarica, ictus, insufficienza cardiaca congestizia, e le malattie delle valvole cardiache, e li hanno sottoposti ad uno stress test per determinare il loro livello di forma fisica. I risultati hanno mostrato che una attivita' fisica anche al di sotto della media degli esercizi normalmente effettuati, offre benefici alla salute per cinque degli otto fattori di rischio considerati. (AGI)

Roma, 24 ott. – Il "no" ai vaccini, definito dal Capo dello Stato "sconsiderato", arreca già notevoli danni sulla copertura soprattutto dei più piccoli, che sono anche quelli più a rischio. Anche per il 2015, in concomitanza con l'aumento della popolarità dei 'NoVac', le coperture vaccinali pediatriche a 24 mesi confermano l'andamento in diminuzione in quasi tutta Italia. Un calo che riguarda sia le vaccinazioni obbligatorie (anti-difterica, anti-polio, anti-tetanica, anti-epatite B), che alcune di quelle raccomandate. Le uniche coperture che mostrano un incremento del dato nazionale sono pneumococco e meningococco (nei due anni precedenti avevano registrato bassi valori in alcune Regioni e PA).

Secondo gli ultimi dati del ministero della Salute la copertura media per le vaccinazioni contro poliomielite, tetano, difterite, epatite B, pertosse ed Haemophilus influenzae è stata del 93,4 per cento, in calo rispetto agli anni precedenti (94,7 per cento nel 2014, 95,7 per cento nel 2013 e 96,1 per cento nel 2012). Solo 6 Regioni hanno superato la soglia del 95 per cento per la vaccinazione anti-polio, mentre 11 sono addirittura sotto il 94 per cento.

I dati di copertura vaccinale per morbillo e rosolia sono passati dal 90,4 per cento nel 2013 all'85,3 per cento nel 2015. Un trend confermato anche dalle coperture vaccinali nazionali a 36 mesi (relative ai bambini nati nell'anno 2012), che permettono di monitorare la quota di quei bambini, inadempienti alla rilevazione vaccinale dell'anno precedente, che sono stati recuperati. Le coperture a 36 mesi mostrano infatti valori più alti rispetto a quelle rilevate per la medesima coorte di nascita a 24 mesi l'anno precedente e le vaccinazioni obbligatorie a 36 mesi raggiungono il 95 per cento.

Nel periodo 2014-15, le coperture vaccinali contro meningococco C e pneumococco registrano lievi incrementi, rispettivamente del 3,6 per cento e del 1,5 per cento, con un'ampia variabilità territoriale. Per malattie non presenti in Italia ma potenzialmente introducibili, come la polio e la difterite, i dati del 2015 mostrano un calo che, seppure più contenuto rispetto agli anni precedenti, non si arresta. Questo dato è particolarmente importante perchè l'accumulo di suscettibili (persone non vaccinate) aumenta il rischio di casi sporadici sul nostro territorio, in presenza di malati o portatori provenienti da altri luoghi. (AGI)
 

Roma – Stop alle "sconsiderate" teorie contro i vacini essenziali e al ricorso ai guaritori. Sergio Mattarella parla ai ricercatori giunti al Quirinale per la Giornata per la ricerca contro il cancro e chiede "rigore" di comportamenti quando è in ballo la salute. "Occorre contrastare con decisione gravi involuzioni – ha detto il presidente della Repubblica – come accade, ad esempio, quando vengono messe in discussione, sulla base di sconsiderate affermazioni prive di fondamento, vaccinazioni essenziali per estirpare malattie pericolose e per evitare il ritorno di altre, debellate negli anni passati".

"Lo stesso contrasto – ha proseguito il Capo dello Stato – va posto quando, con scelte causate solo da ignoranza, si negano ai figli o ad altri familiari cure indispensabili. O ancora quando ci si affida a guaritori o a tecniche di cui è dimostrata scientificamente l'inutilità". Per il presidente Mattarella "sulla salute pubblica occorre essere rigorosi e usare fermezza quando la scelta tocca così direttamente la vita di un bambino o di qualunque persona, e comporta conseguenze per la condizione di salute degli altri, dell'intera società".

Sul tema è intervenuta anche il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: "Continuiamo a ritenere la copertura vaccinale della nostra popolazione un obiettivo prioritario e una grande conquista di salute pubblica" scrive il ministro in una messaggio alla Federazione Italiana Associazioni e Società scientifiche dell'area pediatrica. "Per questo, insieme ai nuovi Livelli Essenziali di Assistenza – prosegue Lorenzin – abbiamo voluto la copertura finanziaria del Nuovo Piano Nazionale Vaccini, e con questa legge di stabilità abbiamo voluto dare un nuovo, poderoso, segnale destinando al Fondo vaccini oltre 99 milioni per il 2016, mentre per il prossimo triennio sono previsti stanziamenti pari a 127 e 186 milioni di euro". 

Il ministro sottolinea che "le risorse destinate ai vaccini rappresentano, come ci ricorda l'Organizzazione Mondiale della Sanità, un grande investimento in prevenzione, l'intervento di Sanità pubblica più importante per l'umanità dopo l'acqua potabile. Oggi siamo, per certi aspetti incredibilmente, richiamati a ricordare tutto questo, evidenziare, con la scienza, che i vaccini sono sicurezza, salute", ribadisce il ministro, che osserva: "Oggi però la scienza, che sta dalla parte dei vaccini, ha un nemico col quale fare i conti ed è la disinformazione, la diffusione di falsi studi e false prospettive, che soprattutto sul web trovano terreno fertile tra i meno informati. I pediatri, in questa battaglia, sono in prima linea perché sono loro la fonte della prima e corretta informazione".

Lorenzin ricorda poi che "le coperture vaccinali pediatriche nel 2015 confermano un andamento in diminuzione in quasi tutte le Regioni e le Province Autonome. Particolarmente preoccupanti sono i dati per morbillo e rosolia, che hanno perso 5 punti dal 2013 al 2015, passando dal 90,4% all'85,3%. Solo sei Regioni italiane superano la fatidica soglia di sicurezza del 95% per la vaccinazione anti-polio; e cosi' anche tetano, difterite, epatite B, pertosse e Hib". (AGI)