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Roma – La prova costume preoccupa piu' gli uomini che le donne. Lo rivela un test dell'Eurodap, l'Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico che ha voluto sondare l'umore degli italiani in vista della prova costume. Al test hanno risposto 900 persone, 500 donne e 400 uomini. Dai risultati e' emerso che il 60 per cento degli uomini non si ritiene soddisfatto della sua forma fisica, il 30 per cento non completamente; solo il 10 per cento vive sereno la propria fisicita'. Il 50 per cento degli uomini si pone ideali estetici da raggiungere ed il 30 per cento si pone obiettivi di miglioramento. L'80 per cento non ritiene di avere una alimentazione equilibrata. Il 60 per cento svolge attivita' fisica sistematica ed il 20 per cento saltuaria. L'80 per cento del campione uomo si e' detto molto preoccupato per l'arrivo dell'estate. Il 70 per cento ha alterazioni dell'umore per la sua forma fisica non perfetta. Per quanto riguarda le donne, 1 su 2 non si ritiene soddisfatta della sia forma fisica. Solo tre donne su dieci invece apprezzano il proprio corpo. Tre su dieci si pongono ideali estetici e meta' del campione femminile vorrebbe migliorare. Tre quarti delle donne che hanno risposto al sondaggio sanno di non avere un'alimentazione equilibrata, responsabile probabilmente di inestetismi estetici. Quattro su dieci hanno dichiarata di svolgere attivita' fisica in modo sistematico, due su dieci in maniera saltuaria. Il 70 per cento delle donne che hanno risposto al test si sono dette preoccupate per l'arrivo dell'estate e nel 50 per cento dei casi hanno affermato di avere alterazioni dell'umore rispetto alla propria forma fisica. .

Washington – I giocattoli di un bambino potrebbero rappresentare un pericolo per la salute in quanto aumenterebbero il rischio malattie infettive. Uno studio della Georgia State University ha dimostrato che alcuni virus, come quello dell'influenza, potrebbero sopravvivere sulla superficie dei giocattoli abbastanza a lungo da esporre i bambini al rischio infezione. I risultati dello studio sono stati pubblicati sul The Pediatric Infectious Disease Journal. I ricercatori sono stati in grado di recuperare particelle complete del virus da un giocattolo fino a 24 ore dopo dalla contaminazione, al 60 per cento di umidita'. Quando l'umidita' era al 40 per cento il virus e' risultato presente anche dopo 10 ore dalla contaminazione. "Le persone non pensano di poter prendere davvero un virus da oggetti inanimati", ha detto Richard Bearden, uno degli autori dello studio. "Loro pensano di poterlo prendere – ha continuato – da altre persone. I bambini sono vulnerabili alle malattie infettive perche' mettono le loro mani e corpi estranei nella bocca, mentre i loro sistemi immunitari non sono pienamente sviluppati". I risultati dell studio si riferiscono al virus che hanno un involucro, cioe' quelli che hanno uno strato protettivo esterno che li aiuta a sopravvivere e infettare altre cellule. Esempi possono essere i virus influenzali o i coranavirus come la Sars e la Mers. 

Modena – Un nuovo micro-pacemaker e' stato installato nei giorni scorsi al Policlinico di Modena, dall'equipe della Cardiologia diretta dal Professor Giuseppe Boriani, attuale presidente dell'Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione. Grande come una moneta da un euro, 10 volte piu' piccolo di un pacemaker tradizionale, il micro-pacemaker e' stato posizionato direttamente dentro il cuore, ancorato con particolare alette, il tutto con il paziente sveglio e collaborante.

"Abbiamo applicato il micro pacemaker a un paziente di 73 anni con problemi clinici particolarmente complessi e con episodi ricorrenti di svenimento nel quale le tecniche di impianto tradizionali erano ad alto rischio. Abbiamo pertanto scelto la strada dell'innovazione piu' avanzata", ha commentato il Professor Giuseppe Boriani. I pacemaker tradizionali vengono posizionati sottopelle e collegati al cuore da un catetere; il Micro-Pacemaker, invece, e' un sofisticato esempio di microtecnologia che permette di racchiudere tutto l'occorrente in un oggetto grande come una moneta che, quindi, puo' essere impiantato direttamente nel cuore. La batteria dura circa dieci anni, trascorsi i quali il pacemaker va sostituito. "La procedura di impianto e' molto particolare e impegnativa- conclude Boriani – ma tutto e' andato bene e il paziente e' andato a casa oggi". (AGI) 

Roma – Si confermano i farmaci per il sistema cardiovascolare quelli piu' consumati dagli italiani, oltre mezza dose al giorno mediamente. Lo rileva il rapporto Osmed dell'Aifa sul consumo di farmaci, sottolineando che, sebbene siano i piu' utilizzati, i medicinali cardiovascolari sono "scivolati" al terzo posto in termini di spesa (4.079 milioni di euro, 67,1 euro il dato pro capite), cedendo il primato agli antimicrobici. La spesa per i farmaci cardiovascolari a carico del SSN e' stata pari a 3.621 milioni di euro, con una lieve riduzione del -0,3%, rispetto all'anno precedente. L'Italia si conferma il terzo Paese europeo con la piu' alta incidenza della spesa pubblica e privata per farmaci cardiovascolari erogati attraverso le farmacie territoriali (22,3% con esclusione della quota di spesa erogata in ambito ospedaliero) dopo Grecia (27,7%) e Portogallo (24,2%). (

Al secondo posto per consumo i farmaci dell'apparato gastrointestinale e metabolismo, quindi i farmaci del sangue e organi emopoietici e i farmaci per il Sistema Nervoso Centrale. I farmaci antineoplastici ed immunomodulatori si confermano al secondo posto in graduatoria tra le categorie terapeutiche a maggiore impatto di spesa farmaceutica complessiva. Aumentano consumi (+1,9%) e spesa (+7,5%) dei farmaci antineoplastici ed immunomodulatori acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche. In calo invece il comsumo di antibiotici, sceso del 2,7% nel 2015, mentre la spesa si riduce del -3,2%. I maggiori consumi si registrano in Campania, Puglia, Calabria e Abruzzo, mentre nella Provincia Autonoma di Bolzano, in Liguria, in Friuli Venezia Giulia e nel Veneto si registrano i consumi piu' bassi. L'uso inappropriato degli antibiotici e' in calo e si riscontra prevalentemente nella cistite acuta, nell'influenza, nel raffreddore e nella laringotracheite acuta. Penicilline, macrolidi e chinoloni sono le categorie maggiormente impiegate. (AGI) 

Napoli – Solitamente meta' delle distrofie rimane "misteriosa", cioe' senza che si riesca a risalire al difetto genetico che l'ha causata. Ora un nuovo studio italiano ha messo a punto un metodo in grado di diagnosticare la distrofia, svelandone anche la causa. Questo nuovo metodo, descritto sulla rivista Neurology, e' stato sviluppato con il coordinamento di Vincenzo Nigro, ordinario di Genetica medica della Seconda Universita' di Napoli e ricercatore del Telethon Institute of Genetics and Medicine (Tigem). Lo studio ha coinvolto 504 pazienti con malattie muscolari sena una diagnosi ed almeno 40 clinici, provenienti da tutti i centri italiani riuniti in due networks insieme con esperti francesi e belgi. Utilizzando la tecnologia "next generation sequencing", il 43,3 per cento ha avuto una risposta definitiva, trovando la mutazione alla base della malatta. E il 31,7 per cento e' arrivato a una diagnosi parziale.

"Questo e' al momento il piu' grande studio mai pubblicato nel mondo – ha spiegato Nigro – e suggerisce che questo tipo di analisi dovrebbe costituire il test d'ingresso per la diagnosi di queste malattie, mentre ora ci si sottopone ad accertamenti anche invasivi che in meta' dei casi non portano ad un risultato. Noi abbiamo preso questi casi senza diagnosi e nella maggior parte dei casi siamo riusciti a risalire alla causa. Inoltre quei pochi che rimangono sono nella fascia di malattia piu' lieve, in cui la componente genetica potrebbe svolgere un ruolo minore". Se si sommano tutte le patologie neuromuscolari, secondo Nigro, si arriva a una persona su mille della popolazione italiana. "Conoscere il gene responsabile e' molto importante – ha spiegato l'esperto – in alcuni casi ci permette addirittura di iniziare una terapia, mentre in altri puo' consentire ai pazienti di entrare in un trial clinico. Inoltre e' importante per la famiglia, per sapere chi e' portatore di una mutazione e fare cosi' un counselling genetico". .

Roma – L'Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO), insieme all'Associazione Allergologi Immunologi Territoriali Ospedalieri (AAITO), lancia il registro Nazionale sull'Asma Grave che, accostandosi al gia' esistente Registro realizzato dalla Societa' Italiana per le Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI) consentira' di avere, per la prima volta in Italia, una visione d'insieme della patologia nell'adulto e nel bambino. Questo importante risultato e' stato determinato dalla volonta' dei professori Stefano Gasparini (presidente AIPO) Maria Beatrice Bilo' (presidente AAITO) e Renato Cutrera (presidente SIMRI) di far dialogare i registri attraverso lo stesso linguaggio. Il Consorzio Interuniversitario senza scopo di lucro CINECA di Bologna gestira' la piattaforma che ospitera' i dati sara' lo stesso Provider.

Questo modello operativo garantira' l'uniformita' nella raccolta dei dati e una conseguente analisi statistica aggregata degli stessi, pur mantenendo i due registri autonomi. L'accostamento dei due registri (AIPO-AAITO e SIMRI) nasce nell'ambito del protocollo d'intesa siglato nel maggio del 2015 fra AIPO e SIMRI il cui obiettivo primario e' quello di migliorare l'assistenza medica specialistica di tutti i pazienti e favorire la reciproca crescita culturale e formativa degli specialisti. Da oggi pneumologi e pediatri, insieme agli allergologi avranno la possibilita' di gestire un fenomeno epidemiologico dai contorni allarmanti con una visione piu' ampia, completa ed evolutivamente significativa dell'asma grave sin dalla prima infanzia e in evoluzione nel passaggio all'eta' adulta, con uno scambio di rilevanti informazioni tra specialisti per la cura della patologia. .

Londra – Un semplice esame del sangue potrebbe predire il rischio di subire un attacco cardiaco nei successivi cinque anni. Il nuovo test, sviluppato dall'Imperial College di Londra, rileva i livelli degli anticorpi IgG, che sembrano offrire protezione contro un attacco cardiaco. I risultati sono stati pubblicati su EbioMedicine. Attualmente i medici calcolano il rischio malattie cardiache utilizzando una serie di fattori tra cui l'eta', il sesso, la pressione del sangue, i livelli di colesterolo e la storia medica. Secondo i ricercatori, le persone con alti livelli di anticorpi IgG prodotti dal sistema immunitario hanno un basso rischio di problemi cardiaci, indipendentemente da altri fattori, tra cui la pressione sanguigna e i livelli di colesterolo. Questa scoperta potrebbe significare che le persone che attualmente assumono statine o betabloccanti, e che hanno sistemi immunitari forti, non hanno bisogni di assumere farmaci. Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno analizzato i dati di oltre 1.700 persone a rischio problemi cardiaci. Durante lo studio durato 5 anni, le persone con i piu' bassi livelli di anticorpi IgG sono risultati piu' a rischio attacco cardiaco. Quelli con i piu' alti livelli di anticorpi IgG, invece, hanno un rischio piu' basso del 58 per cento di soffrire di malattia coronarica o di subire un infarto. 

Washington – L'uso della cannabis durante la gravidanza potrebbe influenzare lo sviluppo del cervello del nascituro. Uno studio dell'University Medical Center, nei Paesi Bassi, ha scoperto che i bambini esposti prima della nascita alla cannabis hanno una piu' spessa corteccia prefrontale, una regione del cervello coinvolta nella cognizione complessa, nel processo decisionale e nella memoria di lavoro. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Biological Psychiatry. "Questo studio e' importante – ha detto Hanan El Marroun, una delle autrici – perche' l'uso della cannabis durante la gravidanza e' relativamente comune e sappiamo molto poco circa le possibili conseguenze sullo sviluppo del cervello". Si stima che dal 2 al 13 per cento delle donne di tutto il mondo facciano uso di cannabis quando sono incinte. Precedenti studi hanno identificato conseguenze comportamentali a breve e lungo termine dell'esposizione prenatale alla cannabis, ma gli effetti sulla morfologia del cervello erano sconosciuti. Nel nuovo studio i ricercatori hanno sottoposto a risonanza magnetica per imaging il cervello di 54 bambini, dai 6 agli 8 anni d'eta', esposti alla cannabis prima della nascita. La maggior parte di essi sono stati esposti anche al tabacco I ricercatori hanno poi confrontato i risultati con quelli di 96 bambini esposti prima della nascita solo al tabacco e con 113 bambini di un gruppo di controllo, cioe' non esposti ne' a tabacco e ne' a cannabis. Ebbene dai risultati e' emerso che i bambini esposti solo al tabacco e quelli esposti al tabacco e alla cannabis presentano differenze nello spessore corticale, suggerendo che l'esposizione alla cannabis ha effetti diversi rispetto al tabacco. Inoltre, non sono state riscontrate differenze nel volume complessivo del cervello dei bambini esposti alla cannabis. 

Roma – La 'pluripotenza' e' la capacita' delle cellule staminali embrionali di generare tutti i tipi di cellule staminali somatiche, che rende le staminali tanto preziose e famose. Uno studio condotto dal team diretto da Antonio Simeone dell'Istituto di genetica e biofisica 'Adriano Buzzati-Traverso' del Consiglio nazionale delle ricerche (Igb-Cnr) di Napoli, pubblicato sulla rivista Cell Reports, svela ora il ruolo di rilievo del gene regolatore Otx2 nella definizione dello stato delle cellule pluripotenti in vivo e in vitro e che questo dipende dal legame che esso ha con il gene Nanog. Otx2 e' un gene regolatore noto anche per avere una funzione essenziale nello sviluppo del cervello.

"Con la nostra ricerca abbiamo scoperto nelle cellule pluripotenti un'interazione diretta tra la proteina Otx2 e la regione che controlla l'espressione di alcuni geni essenziali alla staminalita' e pluripotenza quali Nanog, Oct4 e Sox2. Questo suggerisce che Otx2 potrebbe contribuire al controllo delle cellule staminali attraverso la regolazione diretta dell'espressione di questi fattori cruciali", spiega Antonio Simeone, direttore dell'Igb-Cnr. "Va intanto precisato che esistono due tipi principali di cellule staminali pluripotenti: le cellule staminali embrionali (Esc) e le cellule staminali dell'epiblasto (EpiSc). Le prime corrispondono in vivo alle cellule dell'epiblasto precoce della blastocisti (nome che ha l'embrione prima di impiantarsi nell'utero) e le seconde a quelle dell'epiblasto maturo dell'embrione che si e' appena impiantato nell'utero, per cui le seconde derivano dalle prime.

Le cellule dell'epiblasto dell'embrione, oltre a perpetuarsi come fanno tutte le cellule staminali, sono anch'esse caratterizzate dall'essere pluripotenti. Infatti da esse derivano tutte le cellule dell'organismo". Per valutare l'effettivo contributo del gene, i ricercatori hanno generato cellule geneticamente modificate constatando che "impedendo il legame tra Otx2 e la regione regolatrice del gene Nanog si genera una profonda alterazione dell'identita' sia delle Esc in vitro sia dell'epiblasto nell'embrione precoce". Inoltre, "negli embrioni mutanti, le cellule modificano totalmente la loro natura: molte di quelle che dovrebbero essere epiblasto acquisiscono l'identita' di un altro tipo cellulare che prende il nome di 'endoderma primitivo' e che rappresenta un tessuto extra-embrionale destinato a dare origine a tessuti di supporto allo sviluppo dell'embrione", conclude il direttore dell'Igb-Cnr. "Questa ricerca di base potrebbe avere risvolti in campo applicativo, in quanto le cellule staminali embrionali hanno forti punti di contatto con le cellule staminali di alcuni tumori. Entrambe sono infatti immortali e cio' implica che cogliere i meccanismi che controllano lo stato delle cellule staminali embrionali potrebbe aiutare a comprendere quelli delle staminali tumorali oppure a sviluppare delle strategie per interferire con il loro mantenimento". (AGI) Red/Pgi

Washington – Le donne che lavorano troppo e fanno gli straordinari hanno piu' probabilita' di morire precocemente. Uno studio della Ohio State University (Usa), pubblicato sul Journal of Occupational and Environmental Medicine, ha dimostrato che le donne che lavorano oltre 60 ore settimanali, per 30 anni, hanno un rischio triplicato di ammalarsi di diabete, cancro e malattie cardiovascolari. Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno analizzato i dati riguardanti 7.500 persone seguite per oltre 30 anni nella National Longitudinal Survey of Youth. Confrontando gli orari di lavoro e i problemi di salute, i ricercatori hanno scoperto che le donne che lavorano per oltre 60 ore a settimana, a distanza di 30 anni, hanno 3 volte piu' probabilita' di ammalarsi. Il rischio aumenta una volta superate le 40 ore lavorative settimanali e cresce ancora di piu' quando si va oltre le 50 ore. Gli uomini, al contrario, sembrano beneficiare del troppo lavoro. "Le donne, soprattutto quelle che devono destreggiarsi tra piu' ruoli, risentono maggiormente del lavoro troppo intenso e finiscono con lo spianare la strada ad una serie di malattie e disabilita'", ha detto Allard Dembe, autore dello studio. (AGI) .