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Sugli scenari che si aprono ora in Italia dopo l'affossamento, ieri alla Camera, della nuova legge elettorale (detta Germanellum) le idee stamattina sembra molto diverse. C'è che sostiene che il voto anticipato si allontana definitivamente, che la scadenza naturale della legislatura nel 2018 non è più in discussione. Altri raccontano invece di un Matteo Renzi determinato a non aspettare, convinto che restare sulla graticola troppi mesi potrebbe costargli caro alle urne, e che forse con un ritocco alla legge elettorale esistente… 

Su Repubblica di oggi il racconto è quello di un segretario Pd arresosi all'idea di elezioni a primavera 2018. Definitivo in questo senso anche il commento del direttore Mario Calabresi: "Ora è chiaro a tutti ciò che ripetiamo dal primo giorno: una riforma voluta per soddisfare le convergenti convenienze di quattro leader politici, che prevedeva già la data del voto, senza una minima preoccupazione per il Paese, non garantisce nessun futuro e non poteva avere respiro". Leggi qui l'editoriale completo. Fonti dell'Agi parlano invece di un Renzi che rimane determinato a votare in autunno con il 'Consultellum', ovvero la vecchia legge elettorale modificata dalla Consulta, che aveva ravvisato profili di incostituzionalità nel cosiddetto 'Porcellum'. Il segretario del Nazareno avrebbe detto ai suoi "che si capirà presto che non c'è più una maggioranza e che questo Parlamento ha esaurito la spinta delle riforme". Non solo, tra i renziani, "non si esclude la possibilità di un incidente parlamentare" per forzare la fine della legislatura.

L'ipotesi (smentita) di un decreto

Meno perentoria sull'esito del fallimento della nuova elettorale sulla Stampa, dove lo scenario viene definito un rebus. Ma dove si racconta comunque di un Renzi deciso a chiudere prima questa legislatura. "A Berlusconi che lo consiglia di procedere con cautela, di provare ad insistere sullo stesso schema di riforma, Renzi replica che, a suo avviso, la via maestra sia quella del voto anticipato, da raggiungere con tutti i mezzi possibili: «Bisogna spiegare al Paese che questo Parlamento non è in grado di fare più nulla» e dunque è ora di scioglierlo. E la legge elettorale? Farla con decreto-legge è la suggestione accarezzata per tutto il giorno da Renzi, che ne ha parlato anche col presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Non ancora, pare, con Mattarella". Nelle dichiarazioni ufficiali, il segretario del Pd ha nondimeno assicurato il "pieno sostegno al governo" e ha escluso categoricamente l'ipotesi di un decreto. Leggi qui l'articolo completo.

Berlusconi costretto a riconciliarsi con Salvini

Sul Corriere Francesco Verderami dedica invece un retroscena alla telefonata avvenuta, dopo il naufragio del 'Germanellum', tra Renzi e un Berlusconi che puntava in maniera esplicita all'accordo con il Pd ed è invece costretto ora a trattare con la componente "sovranista" del centro-destra, ovvero Lega Nord e Fdi. "Con il proporzionale aveva avviato il processo di distacco da Salvini. Con il maggioritario dovrà scegliere se assoggettarsi a una lista unica con il Carroccio — sapendo che il leader della Lega gli imporrebbe la sua forza al Nord — oppure acconciarsi a un’operazione solitaria, mettendo in conto l’addio di un pezzo del suo partito", si legge, "la scelta del 'tedesco' era una strada senza ritorno, e infatti a guardare indietro si vedono solo le macerie del centrodestra. Al punto che la Meloni, dopo aver mandato a farsi benedire Berlusconi, ora che non c’è più la soglia capestro del 5% ha detto ciò che pensava anche di Salvini e l’ha accusato di tradimento". Leggi qui l'articolo completo.

 

 

Se si votasse oggi per la Camera, a contendersi il primato sarebbero il Movimento 5 Stelle con il 29% ed il Partito Democratico con il 28%: appena un punto, secondo i dati del Barometro Politico di giugno dell’Istituto Demopolis, separa oggi le prime due forze politiche del Paese. Distanti appaiono la Lega e Forza Italia, di fatto affiancate al 12,5%. Al 4,5% si attesta Fratelli d’Italia, al 3,2 Articolo 1, al 3% Alternativa Popolare di Alfano. 

Sulla base delle ultime stime di voto, Demopolis ha realizzato una simulazione sull’attribuzione dei seggi con il sistema “tedesco”: solo 4 degli attuali partiti supererebbero lo sbarramento al 5%. A Montecitorio, 218 seggi andrebbero al M5S; al PD, inclusi i deputati della SVP, ne toccherebbero 215. 93 deputati spetterebbero a Salvini, 92 a Berlusconi. Una drastica semplificazione, che terrebbe fuori tutti gli altri partiti. 

Con questa legge elettorale, secondo i dati Demopolis per il programma Otto e Mezzo, un’eventuale alleanza PD-Forza Italia raggiungerebbe 307 seggi e potrebbe sfiorare oggi la maggioranza di 316 seggi alla Camera soltanto grazie ai deputati eletti all’estero. Numeri analoghi, sul versante opposto, per un eventuale anomalo accordo 5 Stelle-Lega. 

“Appare altamente probabile – spiega il direttore di Demopolis Pietro Vento – che alcune liste finiscano con l’unirsi per non sparire dallo scenario parlamentare”. L’Istituto di ricerche ha misurato le intenzioni di voto degli italiani anche nell’ipotesi di aggregazione di alcuni partiti nell’obiettivo di superare la soglia del 5%: dietro M5S e PD, al 29 ed al 28%, si posizionerebbe con il 16,5% una lista Lega-Fratelli d’Italia, mentre il quorum sarebbe superato, con il 6%, anche da una Lista unica di Sinistra, composta da Art.1 di Bersani, Sinistra Italiana e Campo Progressista. 

In questa ipotesi di aggregazione tra partiti, con 5 liste oltre lo sbarramento, si ridurrebbe il numero dei parlamentari dei principali partiti. Secondo la proiezione dell’Istituto Demopolis, Grillo avrebbe 195 seggi, Renzi 192. La lista Salvini-Meloni 108, Berlusconi 83; la lista di Sinistra porterebbe alla Camera 40 deputati.  

“È uno scenario – afferma il direttore di Demopolis Pietro Vento – nel quale, in base alle odierne stime di voto, nessuna forza politica avrebbe modo di avvicinarsi ai 316 seggi previsti per la maggioranza alla Camera. Con il sistema “tedesco”, secondo la simulazione Demopolis, un’alleanza post elettorale PD–Forza Italia potrebbe contare complessivamente su 275 seggi: numeri – conclude Pietro Vento – ben lontani dalla maggioranza necessaria per dar vita ad un Governo”. 

Nota informativa – L’indagine è stata condotta dall’Istituto Demopolis, diretto da Pietro Vento, dal 5 al 6 giugno su un campione stratificato di 1.500 intervistati rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne. Coordinamento del Barometro Politico Demopolis a cura di di Pietro Vento, con la collaborazione di Giusy Montalbano e Maria Sabrina Titone. Supervisione della rilevazione demoscopica di Marco E. Tabacchi. Approfondimenti su: www.demopolis.it

"Un disguido", un "problema tecnico" – secondo la presidente Laura Boldrini – e il voto in Aula sulla Legge Elettorale che ha mandato il governo sotto si trasforma in una bagarre con scambio di accuse pesanti tra deputati della maggioranza e dell'opposizione. Tutto per colpa di un voto che doveva restare segreto ed è diventato palese.

Cosa è successo

Al momento del voto segreto su un emendamento alla legge elettorale, sul tabellone elettronico nell'emiciclo si accendono le luci verdi, rosse e bianche che indicano come hanno votato i diversi deputati, al contrario di quanto sarebbe dovuto succedere visto che si trattava di votazione segreta.

Il 'patto a 4' sulla legge elettorale (Pd, M5S e Lega) è stato affondato da 58 franchi tiratori che contavano sulla segretezza. Scorrendo i tabulati della votazione sull'emendamento Biancofiore (che elimina i collegi maggioritari mantenuti dalla legge elettorale in Trentino Alto Adige) è evidente che al 'patto' sono venuti a mancare voti che, se fossero stati contrari all'emendamento, avrebbero consentito la bocciatura della proposta di modifica.

Sulla carta, stando sempre ai tabulati della votazione, il 'patto' avrebbe dovuto avere 397 voti – mettendo nel conteggio anche quelli di Svp oltre che di Pd, FI, M5S e Lega – a cui vanno tolti gli 82 dei pentastellati presenti, che avevano annunciato il voto a favore. 

Dunque, i voti contro l'emendamento sarebbero dovuti essere 315 anziché i 256 finali. L'emendamento è passato per 14 voti di scarto. Sempre scorrendo i tabulati, erano presenti al voto 46 di FI, con 4 assenti 'ingiustificati'; 18 della Lega, con 1 assente 'ingiustificato'; 246 presenti al voto del Pd, con 18 in missione e 18 assenti 'ingiustificati'; 82 M5S presenti al voto, 1 in missione e 5 assenti 'ingiustificati'. 

E' scoppiata quindi la bagarre in Aula: tutti contro tutti. 

 

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Come sarebbe dovuta andare

Il tabellone doveva essere tutto rosso. Anzi, in realtà doveva essere tutto spento, perché in una votazione a scrutinio segreto a Montecitorio deve restare spento. Però per alcuni secondi quello schermo si è acceso e il relatore alla legge elettorale, il deputato del Pd Emanuele Fiano, ha fatto in tempo a scattere una foto e a postarla sul suo account Twitter.

Eccolo, l'emiciclo: luci verdi all'estrema sinistra, tutto rosso a sinistra, molti astenuti mentre ci si sposta al centro, e poi si vira al verde quando si arriva ai banchi M5S, con qualche propaggine a destra. "I cinquestelle fanno fallire la Legge Elettorale. Per pochi secondi il voto è stato palese, loro hanno votato a favore questa è la prova", scrive allora Fiano.

Come la raccontano i grillini

"Nel Pd 80 franchi tiratori cercano di affossare la legge elettorale. Il M5S è compatto e lo tiene in piedi. Renzi tenga i suoi!" scrive Danilo Toninelli del Movimento 5 Stelle su Twitter, postando la foto della votazione

 

 

"Sicuramente c'è un problema nel Pd, con una parte che non vuole il voto anticipato. E' in atto una guerra tra bande. Al Senato sarà un Vietnam…" gli ha fatto eco il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio. "Con il voto di oggi è stato dimostrato che i franchi tiratori sono nel Pd, perché noi abbiamo votato coerentemente i nostri emendamenti". 

"Il sistema elettorale tedesco può non piacere" ma è preferibile alle due alternative che avrebbero portato instabilità o una maggioranza rappresentativa di meno di un terzo degli elettori: così Silvio Berlusconi ha riaffermato il suo sostegno alla riforma in una lettera al Corriere della Sera in cui ha replicato alle critiche di Panebianco al testo in discussione alla Camera.

"Il sistema elettorale tedesco può non piacere", ha scritto il presidente di Forza Italia, "ma quale altra soluzione sarebbe stata possibile, dopo le ripetute bocciature da parte della Consulta? Una sola: l'uninominale secco, all'inglese, o a doppio turno, alla francese. Questi sistemi avrebbero portato non soltanto a un risultato elettorale del tutto imprevedibile (lo spostamento di poche migliaia di voti avrebbe potuto sconvolgere il panorama politico) ma, tertium non datur, ad una di queste due situazioni: o un Parlamento senza una maggioranza, e quindi costretto comunque alle coalizioni, o un Parlamento con una maggioranza che rappresenterebbe molto meno di 1/3 dei cittadini perché sono molti gli aventi diritto al voto che non votano".
Quanto all'obiezione che il modello tedesco non sarebbe "un metodo efficace per fermare il Movimento Cinque Stelle", il leader forzista ammette: "Può darsi che abbia ragione. Ma con il proporzionale i grillini possono andare al governo in un solo modo: convincendo il 51% degli italiani a dare loro il voto. Non credo che questo accadrà mai, e se accadesse sarebbe una iattura, però la democrazia funziona così Non si fanno le leggi elettorali contro qualcuno. E' la maggioranza dei cittadini a scegliere chi deve governare".

Dopo la foto di Luca Zaia con il calciatore di colore Isaak Donkor, tocca a Matteo Salvini cercare di smentire con un selfie l'equazione tra Lega Nord e xenofobia. Sta facendo il giro del web un autoscatto che ritrae il segretario del Carroccio con Ahlam El Brinis, modella padovana di origini marocchine, in passato finalista per Miss Italia.

La modella aveva incontrato il politico nella discoteca Papeete di Milano Marittima e non ha perso l'occasione di scattare una foto con lui, per poi pubblicarla sul suo profilo Facebook, dove ha ricevuto decine di condivisioni e commenti, spesso ironici (uno su tutti: "Blocchiamo l'invasione… Ah no, lei può entrare"). 

La bella Ahlam, si legge sul Mattino di Padova, lo scorso anno aveva fatto da testimonial per una campagna, ideata dal consigliere comunale Davide Meneghini, contro la violenza sulle donne. "Ricevo continue offese, minacce e violenze verbali. Ma non mi arrendo, e dico alle ragazze musulmane nella mia situazione: denunciate chi vi vuole togliere la libertà", aveva dichiarato la modella, che ha raccontato di essere "attaccata continuamente da musulmani che non accettano che lei, donna musulmana, si senta libera di vestirsi come vuole e farsi fotografare in costume da bagno". "Sono una persona libera, e non mi fermeranno", dice. 

Mentre l'accordo sulla legge elettorale sembra a un passo, due storici protagonisti del centrosinistra, Rosy Bindi e Romano Prodi, accusano Renzi di portare il Pd verso un matrimonio inevitabile e innaturale con Berlusconi. "Tutto quello per cui noi democratici abbiamo combattuto sin dagli anni Novanta, viene smantellato: questa legge elettorale proporzionale è solo un patto di convenienze. Ed è la fine del Pd", spiega la presidente della commissione Antimafia, che del Pd è stata tra i fondatori, che in un'intervista a Repubblica aggiunge che "se il Pd sarà quello che rischia di diventare, non mi ci riconoscerei".

Bindi: unico scenario possibile è governo Pd-Fi

La Bindi ritiene inevitabile uno scenario in cui al governo vadano Pd e Forza Italia insieme. "Mi pare sia l'unico scenario possibile – spiega -. Sono convinta che i 5 Stelle siano terrorizzati dall'idea di andare al governo e accettando l'accordo sul proporzionale, lo dimostrano. Questa è la loro convenienza. La convenienza di Berlusconi è di sedersi di nuovo al tavolo e non rimanere schiacciato sotto la Lega. Incomprensibile è la scelta del Pd". La Bindi spiega poi che "La legge elettorale è lo spartiacque della mutazione del Pd", ma il partito "è ancora in tempo per una buona legge, almeno con un premio di maggioranza".

Prodi: la legge elettorale rende impossibile governo stabile

Questa è la stessa opinione di Romano Prodi che, in un'intervista a tutto campo a Il Fatto Quotidiano, commenta la possibilità di un'alleanza post-elettorale tra democratici e Berlusconi. "Non ho dedicato la mia vita politica a costruire alleanze con obiettivi talmente disomogenei da diventare improduttivi", dice il professore. Secondo l'ex leader dell'Ulivo, inoltre, la legge elettorale in discussione "rende impossibile un governo stabile". "Quello del segretario del Pd Matteo Renzi è un cambiamento di rotta – aggiunge -. Con la legge in discussione ci si obbliga a cercare alleanze fra partiti con diversità inconciliabili: vi è un'infima possibilità di un governo stabile: la conquista della maggioranza assoluta". 

Prodi: abito in una tenda vicino al Pd, pronto a spostarmi

Poi come la Bindi si dice pronto ad allontanarsi dal partito che vuole Renzi:  "Abito in una tenda vicina al Pd – dice al Fatto. E' una tenda canadese, pratica. Si può infilare nello zaino e rimettersi in cammino per spostarsi". Poi, parlando di Grillo, Prodi accusa: "Il rischio è l'indefinitezza della proposta: come si fa a prendere decisioni se non si hanno principi che siano di destra o di sinistra?". "La forza di Grillo – aggiunge – è non avere radici, ma questo produce il rischio di non avere linea di governo". Secondo Prodi "destra e sinistra esistono almeno fino a che esistono modi diversi di intendere la vita e obiettivi diversi di governo. Tra l'avere e non avere la sanità per tutti c'e' una bella differenza".

Il patto tra Partito democratico, Movimento 5 stelle, Forza Italia e Lega sulla legge elettorale regge alla prova della commissione Affari costituzionali della Camera impegnata, per tutta la domenica nell'esame degli emendamenti. Un lavoro che si concluderà comunque alle 17 di lunedì con il mandato al relatore, Emanuele Fiano del Pd. E poco importa se la commissione non riuscirà a votare tutte le proposte di modifica (tra i temi ancora 'accantonati' ci sono quelli sulla parità di genere, sulla riduzione e la semplificazione della raccolta delle firme e sulle candidature plurime).

Il testo in aula martedì "Presenteremo gli emendamenti in Aula dove i tempi saranno contingentati", ha affermato Ettore Rosato, capogruppo del Pd, confermando – come ha fatto anche il presidente della Commissione, Andrea Mazziotti – che il testo approderà in Aula martedì e sarà approvato entro la settimana per poi essere trasmesso al Senato. Grazie all'accordo a quattro sono poi stati respinti senza difficoltà i tentativi dei partiti più piccoli di introdurre modifiche a loro favorevoli come il voto disgiunto o il premio di governabilità. Per Rosato l'intesa trovata è "un risultato politico di straordinaria importanza che serve anche a cambiare il clima di rissosità nel Paese". Sulla stessa linea Francesco Paolo Sisto di FI ("Andiamo verso una legge assolutamente condivisa che premierà il rapporto tra elettori ed eletti") e Danilo Toninelli di M5s ("Finalmente possiamo dire che non ci sono più le pluricandidature e i capilista bloccati. Speriamo che le altre forze politiche in Aula non si tirino indietro").

I punti principali della legge:

  • No ai capilista bloccati: in ogni circoscrizione vengono eletti prima i vincenti nei collegi e poi i candidati del listino.
  • Soglia di sbarramento al 5%: in Parlamento potranno entrare solo deputati e senatori collegati a liste di candidati che hanno ottenuto a livello nazionale almeno il 5% dei consensi.
  • Un solo segno sulle schede elettorali: l'elettore dovrà mettere una sola X sulla scheda della Camera e una su quella del Senato. Sulla schede ci sarà il nome del candidato del collegio uninominale, il simbolo del partito e il listino della circoscrizione che sarà da due a sei persone a seconda della dimensione della circoscrizione stessa.
  • Parità di genere: nei collegi uninominali il 40% dei candidati dovrà essere obbligatoriamente formato da donne. Nelle liste bloccate per l'elezione con il sistema proporziale si dovranno alternare candidati donne e uomini.
  • Proporzionale e maggioritario: il rapporto è stato fissato in 60%-40% a favore del proporzionale. I seggi assegnati con questo sistema saranno 398 alla Camera e 203 al Senato. I collegi uninominali assegnati con il maggioritario saranno 232 per la Camera e 112 per il Senato.
  • Le circoscrizioni: quelle per l'assegnazione dei seggi della quota proporzionale saranno 28.
  • Presentazione delle firme: la procedura per presentare le candidature al Parlamento sarà semplificata e sarà ridotto il numero delle firme necessarie per presentarle. 

Il malumore dei 'piccoli'

Se nel Pd – orlandiani compresi – e nel Movimento 5 stelle si festeggia con accenti diversi l'intesa raggiunta, Alternativa Popolare, Direzione Italia e Mdp criticano le decisioni dei quattro partiti più grandi. Ap, in particolare, si appella alla presidente della Camera, Laura Boldrini, e chiede che per la definizione dei collegi uninominali si faccia riferimento al lavoro svolto nel 2001 da un'apposita commissione presieduta dall'allora presidente dell'Istat e non ai dati del censimento del 1991. Altrimenti, ha detto il capogruppo di Alternativa popolare in I commissione, Dore Misuraca, "si rischia l'imbroglio". Sulla stessa linea Antonio Distaso, deputato di Direzione Italia e componente della commissione, che chiede di assegnare al governo il compito di ridisegnare i collegi e non al relatore.

 

Pioggia di insulti su Facebook per il 'governatore' del Veneto Luca Zaia, leghista, 'reo' di aver postato sul social una foto che lo ritrae con un calciatore di colore, Isaak Donkor, cittadino italiano di origine ghanese che vive da 14 anni con la sua famiglia nel trevigiano. Il 21enne è dell'Inter in prestito al Cesena. Molti i commenti razzisti "sembra sbarcato da un gommone" e le accuse di strumentalizzazione: "pur di governare andrete a elemosinare i loro voti". Immediata la replica di Zaia che 'riposta' la foto e commenta: "Vogliamo cogliere tutti una buona occasione per dimostrare che il Veneto non è razzista: Ripubblico la mia foto con Isaac per sottolineare che quando una persona si comporta bene, è onesta, rispetta le regole e i nostri valori, lavora, nessun distinguo è ammesso in base al colore della pelle. I distinguo si fanno tra le persone perbene e i delinquenti". 

La scure moralizzatrice del Movimento 5 stelle arriva a Strasburgo. "Gli europarlamentari hanno diritto a un vitalizio dopo appena un anno di mandato. L'Europa si comporta come una matrigna: ai politici concede assurdi privilegi, ai cittadini impone sacrifici nel nome dell'austerity. La casta con il vitalizio in tasca è la stessa che ha preteso i tagli alle pensioni di tutti i cittadini. Ricordate la legge Fornero?".

"Spazzare via i privilegi". Anche in Ue

"E' arrivato il momento di spazzare via i privilegi", si spiega in un post firmato M5s sul blog di Beppe Grillo. "Abbiamo presentato al Parlamento europeo una risoluzione che cancella questo retaggio feudale e trasforma in sistema contributivo la pensione degli eurodeputati. Abbiamo chiesto ai funzionari del Parlamento europeo – si legge – di poter rinunciare a questa ingiustizia, ci hanno risposto che dobbiamo aspettare i 63 anni di età e che fino ad allora nulla può essere fatto. Noi vogliamo cambiare SUBITO questo sistema e per tutti i deputati europei. Per poter ottenere la pensione i politici devono versare i contributi come tutti gli altri cittadini".

La ricostruzione dei Cinque Stelle in 5 punti

  1. Tutti gli eurodeputati, al compimento dei 63 anni di età, hanno diritto a un pensione di anzianità a vita pari al 3,5% della retribuzione per ciascun anno completo di esercizio di mandato.
  2. Il privilegio scatta dopo un anno di mandato e, in questo caso, l'importo ammonta a 296 euro al mese 
  3. Con una legislatura completa, invece (5 anni di mandato), ogni europarlamentare matura una pensione a vita pari a 1.484,70 euro al mese.
  4. L'importo raddoppia se l'europarlamentare fa due legislature.
  5. Il costo delle pensioni dei deputati europei è a carico del bilancio dell'Unione europea. 

Vitalizio senza versare i contributi

"Nella busta paga di ogni europarlamentare non c'è la voce dei contributi previdenziali", prosegue il post, "I deputati europei ricevono la pensione privilegiata ma non pagano i contributi. Il provvedimento è stato preso nel 2005 (ma è entrato in vigore nel 2009) su proposta del Parlamento europeo. La Commissione europea ha dato parere favorevole. Era in carica il governo Berlusconi-Lega, che ha approvato la decisione in sede di Consiglio. Il Pd era all'opposizione ma non ha battuto ciglio. Tutti i partiti erano d'accordo".

Cosa chiede il moVimento: #PensioneComeTutti

  • Cambiare l'articolo 14 dello Statuto dei deputati del Parlamento europeo che disciplina il trattamento pensionistico degli eletti.
  • Allineare il diritto pensionistico dei membri del Parlamento europeo ai sistemi previdenziali previsti per i cittadini ordinari sia per il calcolo dell'ammontare sia per i requisiti anagrafici e contributivi
  • Far pagare ai parlamentari europei i contributi pensionistici
  • Il ricalcolo dei trattamenti previdenziali che vengono erogati agli ex europarlamentari

Gli europarlamentari del gruppo Efdd – MoVimento 5 Stelle hanno presentato una proposta di risoluzione e hanno sollecitato il Presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani con una lettera richiedendo che questa proposta sia trasmessa in tempi rapidi alla Commissione parlamentare competente.

 

"La data delle elezioni interessa solo gli addetti ai lavori. Votare a settembre o a marzo cosa cambia per i cittadini? Nulla. L'importante è non sprecare la legge di bilancio". E' una intervista a tutto campo quella che il segretario del Pd Matteo Renzi ha rilasciato al 'Sole 24 ore'. "Noi come Pd – ha detto abbiamo molto chiaro l'orizzonte da dare alla nostra battaglia contro i populisti: insistere su crescita e investimenti". In primo luogo "continuare la battaglia per ridurre le tasse" ha spiegato "fino a quando la disoccupazione non scende sotto il 10".

"Il governo Gentiloni – ha aggiunto Renzi – ha marcati tratti di continuità con il precedete. Metterlo in discussione mi è dunque politicamente – oltre che umanamente impossibile. Quindi sostegno pieno al governo che tra l'altro su periferie, pensioni, povertà, Pir iperammortamento sta lavorando nel solco tracciato insieme".