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Determinato, preoccupato ma sereno, anche se molto colpito dagli attacchi di chi sui social gli pronostica la stessa fine fatta dal fratello Piersanti.

Sergio Mattarella, il giorno dopo l'incarico a Carlo Cottarelli attende che le Camere si esprimano sul governo di garanzia. Sapendo che non avrà la fiducia del Parlamento e che l'esecutivo dovrà portare il Paese al voto. Per questo i tempi saranno rapidi, con il passaggio in Parlamento entro il fine settimana, e la compagine governativa assai snella.

La sorpresa dell'impeachment

Il Capo dello Stato ha preso la sua decisione dopo aver ponderato tutte le possibilità e le conseguenze, spiegano al Colle, colpito però non tanto dall'inasprimento dei toni quanto dalla minaccia di impeachment.

Resta ufficialmente il 'no comment' su questo passaggio, ma certo Mattarella potrà essere rimasto stupito dall'aver appreso che il M5s aveva intenzione di metterlo in stato d'accusa, dopo che il colloquio con il leader Luigi Di Maio si era svolto, domenica pomeriggio, in un clima di cordialità.

La versione di Sergio

Ripercorrendo il film della crisi, almeno nella sua parte conclusiva, tra gli appunti dei passaggi rimasti a tratti fuori dall'ufficialità emerge che il nome di Paolo Savona era venuto fuori solo dopo il secondo colloquio di Salvini e Di Maio al Quirinale. Prima di questo il Capo dello Stato aveva annunciato che avrebbe esaminato con attenzione le quattro caselle di Esteri, Difesa, Interno ed Economia, ottenendo un via libera dai due leader. Ed aveva anche assicurato che avrebbe accettato la richiesta di Salvini per il dicastero del Viminale.

A fronte dell'insistenza sul nome di Savona, Mattarella ha convocato informalmente al Quirinale i due vertici di Lega e M5s, chiedendo prima a Salvini se potesse recedere da quella proposta, accettando di indicare Giancarlo Giorgetti al Mef. Ma il numero uno del Carroccio avrebbe spiegato che la trattativa con i grillini era stata complicata e che assomigliava a un castello di carte da cui era impossibile sfilarne anche solo una.

Cordiali a Palazzo, rabbiosi in piazza

Più soft le parole di Luigi Di Maio, che avrebbe mostrato qualche perplessità per l'irrigidimento della Lega sul nome dell'economista euroscettico. Un clima, con entrambi, definito al Colle 'cordiale', tanto che il presidente sarebbe poi rimasto stupito della virulenza degli attacchi. Per il Quirinale, tra l'altro, la lettera di Savona, pubblicata in mattinata, non ha spostato di molto le cose: le perplessità erano infatti legate all'impatto che aveva una figura che aveva caratterizzato gli ultimi anni di attività su idee che non erano state esposte in campagne elettorale, e all'impatto che avevano le modalità con cui si voleva imporre.

Appurato che i due partiti di maggioranza non intendevano fare passi indietro su Savona, Mattarella ha compiuto un estremo tentativo con il premier incaricato, proponendo a Conte di assumere l'interim del Mef. Ma Conte avrebbe risposto che, al di là delle competenze, non c'era su questo un via libero da Lega e M5s. Nessuno, invece, aveva messo sulla scrivania dello Studio alla Vetrata l'ipotesi di spacchettamento del ministero dell'Economia né l'ipotesi di un riequilibrio europeista attraverso i nomi dei viceministri.

I numeri di Cottarelli

Ma questa ormai è storia dei giorni passati. Domenica sera verso le 21 Mattarella ha telefonato a Cottarelli. Nella sua lista dei ministri alcuni nomi erano già stati sondati quando il capo dello Stato aveva proposto il governo di tregua. Che in effetti ricalca nelle modalità (pochi mesi di attività e la non candidatura al voto) illustrate da Cottarelli. Ora il problema principale, assodato che il governo non avrà i numeri in Parlamento, sarà arrivare a una durata minima per votare dopo l'estate. Per il Quirinale sarà una decisione che dovranno assumere il Parlamento, il governo e il ministero dell'Interno. Ma se la data del voto fosse in autunno, si dovrebbero sciogliere le Camere a metà luglio e servirebbe un orientamento del Parlamento per rinviare a quella data la fine della legislatura. 

“Vogliamo l’impingement contro Mattarella!”. No, non è un refuso di chi scrive quello che avere letto. O meglio, è un errore che i trend di Google hanno registrato negli ultimi giorni dopo gli annunci dardeggianti di Luigi di Maio nei confronti del Quirinale, reo di aver posto il veto su Savona e aver fatto crollare le ambizioni gialloblu. Gli elettori del Movimento 5 Stelle e della Lega, e molti altri utenti, hanno provato a cercare sul motore di ricerca il significato oscuro di quella parola inglese che di solito è associata ad altre realtà politiche.  L’ultima volta che è balzata agli onori delle cronache, infatti, è stato appena qualche mese fa con Donald Trump, la Casa Bianca, la vicenda Watergate e la questione Russiagate.

 

L’ironia di Twitter

Luca Alagna, uno dei maggiori esperti di comunicazione digitale e marketing del nostro Paese, è stato tra i primi ad accorgersi delle strane ricerche italiche. Sì, perché impingement non è stata l’unica versione, opaca e imbruttita, dell’originale parola d’oltremanica.  C’è chi ha cercato impicment, chi impichment, con alcune lettere che ritmicamente sparivano, rimpiazzate per assonanza da altre. Un quadro, tra acca ballerine e pronunce inventate, che dice molto sulla situazione che stiamo vivendo.

Ma potrebbe non essere solo un errore di scrittura. Secondo Alagna dietro c’è anche la grande pigrizia di chi cerca online. Una pigrizia alimentata dai suggerimenti di Google che, una volta digitate le prime 4 lettere della parola, invitano l’utente a completarla in maniera sbagliata. 

 

La curiosità

Come ha fatto notare Rivista Studio in questa storia un poco surreale c’è una stranezza in più. Impingement non è un neologismo creato dall’ignoranza e dalla pigrizia italiana ma un termine, assai tecnico, presente nel vocabolario inglese che descrive “una patologia legata ai quattro muscoli che permettono il movimento della spalla”. Da un errore, insomma, può anche scaturire un’opportunità di conoscenza.

 

 
 

Piazze, banchetti, comizi, aria di resa dei conti: per ritrovare una vigilia di 2 Giugno così agitata probabilmente bisognerebbe tornare a quello del ’46. Lega e grillini si appellano al popolo, il Quirinale ostenta distacco, Carlo Cottarelli inizia a far capire che con lui non si scherza: anche se non dovesse ottenere la fiducia (cosa assai probabile), prima di andarsene lascerà il suo segno.

“Il Paese è lacerato”, constata Giovanna Casadio su La Repubblica, “La sfida tra piazze segnala una frattura, forse la più grave della storia repubblicana. Le parole d’ordine di grillini e leghisti sono sovranità e elezioni subito. Intanto partono le manifestazioni spontanee dei Dem in molte città. Maurizio Martina, segretario reggente, invita a scendere in piazza con la Costituzione in mano”.

Sempre sulle intenzioni di Matteo Salvini si sofferma un lungo articolo, ancora di Repubblica, a firma Goffredo De Marchis, secondo cui fin dall’inizio “c’era il trucco sull’euro. L’uscita mascherata da tanti falsi indizi per non agitare gli elettori del Nord, le imprese, la base produttiva del Carroccio. Il fatto che Paolo Savona non ne avesse fatto cenno nella sua lettera di domenica, nè in un senso nè in un altro, voleva dire una sola cosa: la Lega si preparava a mollare la moneta unica con un blitz. Il sogno di una notte, come ha scritto l’economista Alberto Bagnai nei suoi libri. La sera sei dentro, la mattina sei fuori. Si fa ma non si dice. E vediamo come reagisce l’Europa”.

Abbiamo, sintetizza Claudio Cerasa su Il Foglio, “osservato il fallimento degli incapaci antisistema, registrato che i capricci dei gemelli diversi del populismo hanno colpito al cuore la credibilità del nostro Paese, preso atto che la presidenza della Repubblica ha in extremis scelto di non abolire la presidenza della Repubblica”.

L’opinione pubblica è divisa, i giornali si schierano. Ancora Repubblica mette in risalto la grande solidarietà attorno a Sergio Mattarella, con 200.000 adesioni raccolte dalla piattaforma “Progressi” in suo favore. Renato Mannheimer, su Il Giornale, afferma il contrario: larga la maggioranza degli italiani contrari alle decisioni del Quirinale.

Lega e M5S uniti oggi come alle prossime elezioni politiche? C’è chi intravede qualche distinguo che inizia ad emergere. Nota Massimo Franco sul Corriere della Sera: “Spuntano già le contraddizioni, nella furia del M5S contro il Quirinale. Intanto, a chiedere il surreale impeachment del capo dello Stato è Luigi Di Maio e non Matteo Salvini: Paolo Savona era candidato all’Economia in quota Lega. Abilmente, Salvini si è guardato bene, per ora, dal seguire il suo alleato contrattuale su una strada costituzionalmente improbabile. Quando gli è stato chiesto come mai non si associ, ha risposto: ‘Non è una guerra Salvini-Mattarella’”.

Anche perché la vita continua, pare dire Ugo Magri su La Stampa, e passata la buriana gli agitatori di oggi saranno costretti a venire a patti con la realtà. E cioè: saranno loro a dover spiegare a milioni di italiani seccati che dovranno interrompere le vacanze a fine agosto, causa elezioni politiche. “Mattarella sa che non appena il governo Cottarelli verrà bocciato dal Parlamento, la prossima settimana, lui scioglierà le Camere. In quel caso dovremmo tornare alle urne il 20 agosto, e sarebbe una data assurda. Ma stavolta toccherà ai partiti trovare un modo di rinviare a settembre o a ottobre. Con una mozione parlamentare o altri escamotage. Sul Colle alzano le spalle: ‘Decidano loro come preferiscono, a noi andrà comunque bene’”. La palla è nel loro campo.

Allora qualcuno nutre più di un dubbio. Cui dà voce su Libero Claudio Brigliadori: “Non è che il presidente si sia voluto portare avanti con il lavoro e dotare di un governo "prestigioso" e rassicurante per l'Europa in grado di fare il cuscinetto in caso di futura crisi post-voto? Un po' come accaduto con Paolo Gentiloni e i suoi in questi due mesi di vuoto. Con una differenza: la prossima estate si preannuncia molto tesa, tra spread e speculazione, ed è possibile che dopo le elezioni, specie se ancora senza maggioranze certe, qualcuno invochi la permanenza a Palazzo Chigi di Cottarelli & co. E così la precettazione di Mattarella assume un nuovo, per certi versi inquietante significato.

Cambiare la legge elettorale e poi tornare al voto. È l'obiettivo fissato da Matteo Salvini all'indomani del naufragio del tentativo di dar vita a un governo assieme a Luigi Di Maio. E il leader della Lega, dopo un faccia a faccia con il capo politico pentastellato, indica anche il percorso: costituire subito le commissioni parlamentari. Decisione, questa, condivisa con Di Maio, che però non fa nessun riferimento alla riforma del Rosatellum. Se anche i 5 stelle dovessero convergere sulla necessità di rimettere mano al sistema di voto, in Parlamento ci sarebbero i numeri per intervenire sull'attuale legge modificandola, magari attraverso l'introduzione di un premio che consenta di avere dopo il voto una maggioranza politica certa.

Fratelli d'Italia ha già da tempo avanzato questa proposta e ora torna a spingere affinchè si intervenga. A sorpresa anche Forza Italia, finora tiepida su tale ipotesi, sposa l'idea di intervenire per modificare la legge elettorale. Nessuna dichiarazione in merito, invece, arriva dal Pd.

Due ipotesi

Le ipotesi in campo sono due: premio alla singola lista o alla coalizione. E da questo dipenderanno anche i futuri assetti del centrodestra. Se, infatti, Salvini dovesse confermare l'alleanza, e ripresentarsi al voto assieme a FI e FdI, il premio alla coalizione sarebbe lo strumento più adatto. Difficilmente, però, M5s darebbe il suo consenso perchè equivarrebbe di fatto a fare 'harakiri'.

Il premio alla lista, invece, potrebbe facilitare la Lega nella scalata egemonica del centrodestra, costringendo Berlusconi a dar vita a un listone unico. E il premio al singolo partito farebbe molta gola ai pentastellati, finora unici a non stipulare alleanze. Sempre che non cambino schema, e decidano di correre assieme a Salvini. Per il momento Salvini si limita a dire che "chi avrà un voto in più vince", ma senza addentrarsi nei tecnicismi. L'importante è partire: "Una maggioranza in Parlamento che può proporre e approvare le leggi c'è", scandisce. Dunque, "per prima cosa facciamo partire la discussione sulla legge elettorale perchè adesso il lavoro passa al Parlamento e, essendo questa una Repubblica parlamentare, sarà lì che si faranno le leggi".

Per il leader leghista "l'unica seria possibilità di andare al volo velocemente, con una legge elettorale che premi chi prende un voto in più, è partire dall'attuale legge elettorale e inserire un premio di maggioranza a chi prende un voto in più". Forza Italia apre: "L'orizzonte ora sono le elezioni anticipale, a cui occorre però arrivare con una legge elettorale che consenta al Paese di essere governato", spiega Mariastella Gelmini.

Dal punto di vista tecnico, per legge, le commissioni parlamentari potrebbero essere costituite anche senza un governo sorretto da una sua maggioranza. Nessuna norma, infatti, lo vieta espressamente. Il punto è che le commissioni rispecchiano gli equilibri politici in Parlamento e se dovessero essere costituite nel quadro attuale, M5s e Lega avrebbero una netta maggioranza in ogni 'parlamentino' di Camera e Senato. L'altro nodo è rappresentato dalla possibilità che il Parlamento vada avanti – e nel caso della riforma elettorale, legiferi – anche con un governo 'sfiduciato'.

Il problema principale, assodato che il governo Cottarelli non avrà i numeri in Parlamento, sarà quindi arrivare a una durata minima delle Camere per poter votare dopo l'estate (e non prima). In altre parole, non procedere immediatamente con lo scioglimento delle Camere subito dopo le dimissioni di Cottarelli, che ha già annunciato che in caso di sfiducia le presenterebbe subito.

Secondo fonti qualificate, sarà una decisione che dovranno assumere il Parlamento, il governo e il ministero dell'Interno. Ma se la data del voto fosse a settembre si dovrebbero sciogliere le Camere a fine giugno e servirebbe appunto un orientamento del Parlamento per rinviare a quella data la fine della legislatura (ad esempio attraverso una mozione, o c'è chi sostiene basterebbe anche un accordo unanime dei capigruppo).

Una nuova legge elettorale si potrebbe approvare anche a Camere sciolte. Per Alfonso Celotto, professore di Diritto Costituzionale all'Università Roma Tre, si tratta infatti di "una legge ordinaria, che in linea teorica può essere approvata in pochi giorni in presenza di un accordo tra le varie forze politiche. Ora, il quadro è ancora troppo fluido per fare previsioni, ma laddove il nuovo governo non dovesse ricevere la fiducia, anche dopo lo scioglimento delle Camere da parte del presidente della Repubblica, il Parlamento in regime di prorogatio potrebbe approvare una nuova legge elettorale". 

"Sento definire quello che è successo come drammatico, incredibile e un gravissimo scontro istituzionale, in un crescendo di allarmati e allarmanti squittii. […] Mentre il Paese era distratto dalla definizione della nuova unità di misura della degenerazione istituzionale era in corso la cessione della sua sovranità e della sua stessa aria a chiunque fosse in grado di comprarsela al ribasso”. Beppe Grillo, garante del Movimento 5 stelle, è intervenuto sulle pagine del Fatto Quotidiano per spiegare la sua posizione in merito alla crisi di governo e chiama alla calma il popolo pentastellato:

“Oggi, finalmente giunti ai primi veri scontri fra modi diversi di intendere la cosa pubblica, sento che questo viene chiamato caos […]. L’establishment è riuscito a bloccarci? Ok, fa parte del gioco! Non siamo certo affetti dalla sindrome dell’adolescente ribelle che spera che alla fine il padre gli dia ragione. Mattarella ha intortato le cose oppure affatto lo sgambetto alla democrazia? Lo vedremo, ma quello che invece è sicuro riguarda il cuore della contesa: c’è chi vuole vivere inginocchiato alle ragioni della finanza e dei suoi azzardi e chi non lo vuole”.

E conclude: “Quello che ne seguirà si chiama semplicemente politica: il confronto fra interessi diversi combattuto con mezzi diversi dalla violenza, dopo avere denudato la casta, questo era il nostro obiettivo già importante: un paese che tornasse a porsi i temi che contano per il suo futuro […] questa è la politica, bellezze! In alto i cuori”.

"La lista dei ministri che ho proposto a Mattarella conteneva un elenco di persone, concordate con i leader della maggioranza, con la massima attenzione. Era una squadra equilibrata, forte di figure di rilievo politico e di qualche innesto di elevatissima competenza. Una diversa composizione non avrebbe garantito il raggiungimento degli obiettivi politici e operativi fissati nel contratto".

Lo dice, intervistato da Repubblica, Giuseppe Conte che su Savona spiega: "ho avuto con lui un incontro riservato che è durato oltre un'ora e mezza. Sono uscito dal colloquio profondamente rassicurato: Savona era ben funzionale al nostro progetto politico che prevedeva la promozione di una nuova politica economica, meno legata all'austerità e più orientata a rilanciare gli investimenti produttivi. Di uscita dall'euro nessuno ha mai parlatone comunque non era nel contratto del governo".

Anzi, continua Conte, "con lui ho ragionato di come rafforzare alcuni aspetti del sistema europeo, rendendolo più equo. DI uscita dall'euro nessuno ha mai parlato e comunque non era nel contratto di governo. È per questo che mi sono potuto fare garante, con il Presidente della Repubblica, della permanenza del Paese nel sistema-euro, ma anche della nostra determinazione a rinegoziare le politiche economiche". 

Quanto al rischio di diventare uno "strumento senza autonomia nelle mani di Di Maio e Salvini", confessa che "Il rischio c'era e per questo l'ho subito affrontato: con Di Maio, che già conoscevo, ma anche con Salvini, si è instaurato un rapporto molto franco, anche dal punto di vista umano. Ci siamo confrontati sugli obiettivi politici e sul modo con cui avrei diretto e coordinato l'azione di governo. Nessuno ha mai posto in discussione il mio ruolo e questo ho anche spiegato al capo dello Stato, confermando la mia risolutezza a esercitare tutte le prerogative del presidente del Consiglio". 

"Paolo Savona interpretava il punto di contatto e la sintesi tra noi e 5 Stelle". Così, intervistato dal Corriere della Sera Giancarlo Giorgetti della Lega spiega perché non avrebbe potuto essere lui il ministro dell'Economia del governo gialloverde. "A questo punto – aggiunge – diventerà plastica la centralità del Parlamento, i provvedimenti di Cottarelli non potranno diventare legge e al contrario potranno diventarlo quelli di un'ipotetica maggioranza formata da Lega, 5 Stelle, Fratelli d'Italia e Leu".

"Nel contratto – continua – abbiamo infuso molti punti del programma di centrodestra. Ma è vero che ha ordinato le posizioni dei due partiti, dietro c'è tanta maturazione politica. Se questa maggioranza corrobora la maggioranza parlamentare, diventa complicato non tenerne conto". Per quanto riguarda il futuro del centrodestra, secondo il vice segretario leghista, "c'è stato un terremoto, una discontinuità storica nella politica che sta riposizionandosi su categorie nuove, popolo contro elite. Magari si andrà a finire sui binari consueti, ma io ho la sensazione che chi fa politica da tempo non colga la trasformazione italiana". Per le elezioni la data migliore sarebbe "fine settembre, inizio ottobre" mentre la richiesta di impeachment per Mattarella, "sarebbe un manifesto senza nessuna conseguenza pratica". 

Ma Giorgetti rilascia anche una seconda intervista a Repubblica dove conferma che la Lega non chiederà l'impeachment e precisa: "Nessuno ha fatto il mio nome", spiega il leghista", Nè al Quirinale né fuori. Non sono mai stato in corsa per ricoprire la carica all'Economia al posto del professor Savona. Cottarelli? Scegliere lui è stato uno schiaffo a chi ha vinto le elezioni il 4 marzo". Difende Savona che "rappresentava il dna di questo governo" e precisa, "Se la strategia fosse stata quella che portava all'uscita dall'euro, io non l'avrei sostenuta né avrei condiviso il contratto che al prevedesse". Quanto al presunto Piano B per uscire dall'Euro chiarisce: "È un falso che fossimo pronti ad uscire dall'Euro. Non avevamo alcun piano B. Allarmi strumentali. Io per primo sono sempre stato per una critica all'Europa, ma senza eccessi". 

La campagna elettorale è alle porte e non c'è la possibilità di fare alcuna rivoluzione. In Forza Italia è allarme per le mosse della Lega che avrebbe fatto pervenire anche a Fratelli d'Italia la proposta di tener fuori Berlusconi, giocando per il futuro una partita tra le forze di sistema da una parte e quelle anti-sistema dall'altra. Il Cavaliere ha più di un sospetto sul fatto che l'alleato stia cercando dei pretesti per tagliare i ponti con il partito azzurro. Ma non sarò io a rompere, sia lui ad assumersi questa responsabilità, fa sapere ai suoi.

E mette nero su bianco quale sarà la sua posizione: "A chi mi chiede – scrive in una nota – quale sarà il futuro del centrodestra, rispondo che alle prossime elezioni non immagino altra soluzione che quella di una coalizione di centrodestra unita con FI, Lega e FdI, destinata sicuramente a prevalere anche per la possibilità di una mia candidatura".

Tuttavia c'è allarme in FI per le mosse del Carroccio. Il timore di molti parlamentari è quello di non essere più ricandidati e qualcuno comincia a guardare al segretario del partito di via Bellerio per accreditarsi in vista delle candidature. Raccontano in FI che Berlusconi sia profondamente irritato per l'operato della Lega, soprattutto per gli attacchi rivolti al Capo dello Stato e per la leggerezza nell'affrontare i riflessi della crisi politica che hanno portato all'aumento dello spread.

Ma al tempo stesso l'ex presidente del Consiglio – ieri ha avuto il solito pranzo con la famiglia e con i manager delle sue aziende ad Arcore – è consapevole di non avere alternative per ora. Nessun piano B all'orizzonte, al massimo qualche cambiamento sui territori.

FI da sola alle elezioni si consegnerebbe alla residualità, intraprenderebbe una nuova traversata nel deserto senza poter contare. Non c'è quindi l'eventualità di costruire un altro soggetto politico. L'unica strategia è quella di far capire che con Berlusconi in campo non ci sarà bisogno dell'apporto di Di Maio per andare al governo. Si valuterà la situazione nei prossimi giorni. Intanto la decisione è quella di non appoggiare l'esecutivo Cottarelli anche per non smarcarsi dal partito di via Bellerio.

Ma l'obiettivo è tentare di recuperare il rapporto di Salvini, con la consapevolezza che il segretario del Carroccio ha stretto un asse di ferro con Di Maio e intende portare avanti un programma condiviso con M5s. Il timore è che Salvini voglia fare la voce grossa decidendo le candidature e le quote sui collegi, ma per ora – spiegano fonti parlamentari di FI – prevale l'orientamento di evitare qualsiasi tipo di rottura. E di cercare la strada dell'accordo al ribasso che potrebbe però comportare una divisione dei seggi – con ua decurtazione almeno del 30% – nettamente a vantaggio della Lega. "Siamo in un vicolo cieco", spiega uno dei 'big' di Forza Italia, "Salvini aumenterà i suoi consensi ma – aggiunge la stessa fonte – se vuole andare a palazzo Chigi potrà farlo solo se resta unito a FI e Fdi".

Cosa farà il leader della Lega

"Ci hanno bloccato una volta, ma la seconda volta, più forti e con più voti ce la faremo… Mattarella sì, Mattarella no". Parola di Matteo Salvini. Il segretario leghista, dal canto suo conferma che non si unisce alla richiesta di impeachment a Sergio Mattarella spiegando che non ha ingaggiato una "guerra" con il capo dello Stato. Ma si rivolge direttamente al presidente della Repubblica guardando la telecamera dal divanetto bianco di 'Pomeriggio 5' di Barbara D'Urso. "Mattarella ha detto 'no, questo governo non lo fate'? Presidente, ci rivediamo fra qualche mese, saremo ancora di più, saremo ancora più forti e il governo lo facciamo", scandisce il capo di via Bellerio.

Nel giorno dell'incarico a Carlo Cottarelli, la Lega chiede che si vada a votare il prima possibile. La data su cui si ragiona è entro le prime due settimane di settembre. E, naturalmente, il tema che si pone è come presentarsi: se ancora nella formula della coalizione di centrodestra, con FI e Fratelli d'Italia, o con il nuovo 'dialogante', M5s. Nell'incontro con il capo politico dei pentastellati, Salvini concorda che i due partiti attueranno il contratto di governo nelle commissioni parlamentari (che ancora devono costituirsi e che probabilmente proveranno a 'spartirsi').

Entrambi i leader annunciano poi iniziative di piazza 'gemelle' in occasione del 2 giugno. Il giorno dopo l'interruzione sul nascere del governo del 'cambiamento', i due protagonisti sembrano più vicini che lontani. Sia Di Maio sia Salvini tengono la porta aperta e rispondono con un generico 'vedremo' alle domande sulle prospettive di alleanze future. Anche se al momento la coalizione di centrodestra tiene: la Lega, per esempio, si presenterà alle amministrative del 10 giugno con accordi strutturati con FI e FdI in quasi tutti i Comuni sopra i 15 mila abitanti al Nord. Mentre i Cinque stelle sembrano voler confermare la linea del 'nò ad alleanze organiche prima del voto.

Il fatto che Silvio Berlusconi abbia annunciato che parere "negativo" alla fiducia al "governo tecnico" di Cottarelli, poi, toglie pretesti anche, tra gli alleati, ai più desiderosi di sfilarsi. Chiaramente se dovessero presentarsi nuovamente alle politiche in coalizione, il potere di autonomia del Cavaliere su candidature, collegi e programmi – si fa notare in via Bellerio – sarebbe molto ridimensionato.

Salvini poi è particolarmente duro nei confronti di chi, in FI, nelle ultime settimane ha "vomitato contro gli alleati" mentre lui ha "sempre tenuto salda" la coalizione. Il capo leghista sostiene poi che le prossime politiche saranno un referendum tra "chi mette al centro l'Italia" e chi "sta dalla parte dell'Europa", sottolineando le divergenze con il partito di Berlusconi sui temi europei. "Se in FI dicono 'Viva l'Europa, viva la Merkel', come ieri, la situazione si fa difficile", minaccia.

Salvini poi ribadisce di essere disponibile a modificare la legge elettorale, introducendo un premio di maggioranza che dia "un voto in più" a chi vince. Non precisa se si tratta di un premio alla lista, al partito o alla coalizione. Ma spiega che intende provare a cambiarla insieme al Movimento 5 stelle. Non è esclusa neanche l'ipotesi, la più citata al momento tra i leghisti, che il partito con l'Alberto da Giussano nel simbolo corra da solo per poi decidere eventuali alleanze in un secondo tempo per magari riproporre uno scenario di matrimonio con i 5 stelle, come stavolta, nel 'post' voto. Domani parola ai gruppi e al consiglio federale della Lega, convocato a Roma per la prima volta nella storia del Movimento. 

Dal conferimento dell'incarico a Carlo Cottarelli a nuove elezioni subito dopo l'estate. È questo il percorso di circa 4 mesi, scandito da diverse tappe istituzionali e previste dalla legge, che sembra delinearsi dopo che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha affidato l'incarico a formare il governo all'economista ex spending review e Lega, M5s, Forza Italia e FdI hanno annunciato che non voteranno la fiducia all'esecutivo.

Il governo guidato da Cottarelli, quindi, sarebbe un esecutivo 'sfiduciato', che – come ha spiegato lo stesso premier incaricato – "si dimetterebbe immediatamente e il suo principale compito sarebbe la gestione dell'ordinaria amministrazione e accompagnare il Paese a elezioni dopo il mese di agosto".

Al momento, tuttavia, non è possibile fare una previsione su quando il Capo dello Stato potrebbe sciogliere le Camere una volta dimessosi il governo. Queste le principali tappe dal conferimento dell'incarico fino a nuove elezioni:

L'incarico a Cottarelli

Il presidente della Repubblica conferisce l'incarico. L'incaricato può accettare subito o accettare con riserva, ovvero prendersi alcuni giorni per avviare un confronto con le forze politiche e solo dopo tale confronto sciogliere la riserva. In questo caso, falliti tutti i tentativi di avere un governo politico con una maggioranza politica, Mattarella ha affidato a Carlo Cottarelli l'incarico. L'economista ha accettato con riserva, ma non svolgerà le tradizionali consultazioni con i partiti.

Lista dei ministri

Una volta stilata la lista di ministri il presidente del Consiglio incaricato sale al Quirinale, scioglie la riserva e propone la sua lista al Capo dello Stato che, accoltala in toto o con qualche variazione concordata con il premier, nomina i ministri.

Nuovo governo e giuramento

Il presidente del Consiglio e i ministri giurano nel salone delle Feste al Quirinale.

Primo Cdm

I componenti dell'esecutivo, una volta prestato giuramento al Quirinale, scenderanno a palazzo Chigi dove si svolgerà la cerimonia della campanella, cioè il passaggio di consegne con il premier uscente, e di seguito la prima riunione del Consiglio dei ministri che servirà a nominare il sottosegretario alla presidenza del Consiglio.

Parlamento vota fiducia (o sfiducia)

Dopo il passaggio di consegne tra il presidente del Consiglio uscente e il nuovo, il neo-premier si riserverà alcune ore per scrivere il discorso programmatico con il quale si presenterà alle Camere per chiedere il voto di fiducia. Vale il principio della 'culla': si chiede per prima la fiducia alla Camera che la volta precedente fu lasciata per ultima. In questo caso si dovrà cominciare dal Senato. Ottenuta la fiducia il governo è in carica e può iniziare la sua attività. Se, come sembra profilarsi, il governo non dovesse ottenere la fiducia, il presidente del Consiglio si recherà al Colle per dimettersi. Lo stesso Cottarelli ha spiegato che, in caso di sfiducia, lo farà "immediatamente".

Scioglimento delle Camere

Lo scioglimento delle Camere, secondo l'articolo 88 della Costituzione, spetta al Presidente della Repubblica, sentiti i presidenti delle Camere stesse. Il decreto presidenziale di scioglimento deve essere controfirmato dal presidente del Consiglio.

Data delle elezioni

La decisione sulla data delle elezioni spetta al governo che la decide con una riunione del Consiglio dei ministri, in un arco temporale fissato dalla carta che va dai 45 ai 70 giorni dopo lo scioglimento. Ma servono almeno circa 60 giorni per consentire tutto lo svolgimento delle necessarie procedure per il voto degli italiani all'estero.

Campagna elettorale

Con lo scioglimento delle Camere parte ufficialmente la campagna elettorale.

Presentazione dei simboli

Vanno depositati al Viminale tra il 44° e il 42° giorno (entro le 16) prima del voto.

Presentazione delle liste dei candidati

Devono essere presentate tra il 35' e il 34' giorno prima del voto.

Comizi elettorali

Per legge, mentre la campagna elettorale politica di fatto è già cominciata, lo svolgimento dei comizi elettorali può svolgersi solo dal 30° giorno prima del voto fino alle 24 ore prima. Questa norma riguarda in particolare gli spazi di affissione e l'autorizzazione all'uso delle piazze e dei luoghi pubblici. Nelle 24 ore prima del voto si deve rispettare il silenzio elettorale.

Sondaggi

È vietata la loro diffusione nei 15 giorni che precedono le elezioni. 

Luigi Di Maio mobilita la piazza e non molla Matteo Salvini. All'indomani del fallimento della nascita di un governo M5s-Lega, il capo politico 5 stelle chiama il suo popolo alla mobilitazione e annuncia la prima manifestazione in piazza a Roma il prossimo 2 giugno, celebrazione della festa della Repubblica, con in mano un tricolore. Tutto in chiave 'anti Mattarella'. Il leader M5s dopo la minaccia di impeachment nei confronti del presidente della Repubblica, continua ad usare toni durissimi anche se l'ipotesi di mettere in stato d'accusa Sergio Mattarella trova toni più sfumati dal momento che per ora non è affiancato dal leader della Lega che deve ancora valutare se cavalcare anche questa battaglia. "Sono stato un profondo estimatore di Mattarella ma ora sono veramente deluso", dice il leader M5s aggiungendo che "andrebbe messo in stato d'accusa qualche consigliere di Mattarella più che Mattarella, ma questo istituto non esiste". 

In ogni caso, spiega, per l'impeachment, "aspetteremo qualche giorno". Anche se tra i grillini più duri c'è chi dice che "è la giusta risposta politica" da dare a fronte di quelle che vengono considerate "ingerenze" del Capo dello Stato; e perché, dice qualcun altro, "serve un passaggio parlamentare e un'interpretazione autentica delle norme della Costituzione" dei poteri dello Stato. 

Lo scontro con il Colle passa anche attraverso un botta e risposta con tanto di smentita ufficiale del Quirinale. Di Maio sostiene in tv di aver proposto a Mattarella anche dei nomi alternativi a quello di Paolo Savona per il dicastero dell'Economia, in particolare quelli di Bagnai e Siri. Ma il Colle smentisce con una nota: "Non risponde a verità la circostanza, riferita dall'on. Luigi Di Maio a Pomeriggio 5, che al presidente della Repubblica siano stati fatti i nomi di Bagnai e Siri come ministri dell'Economia". Ma lo staff M5s insiste: "Luigi Di Maio conferma di aver fatto pervenire al Quirinale i nomi di Bagnai e Siri per uscire dall'impasse sul ministro dell'Economia".

Intanto, Di Maio – volto amareggiato e arrabbiato – per ora non molla Salvini e dopo un faccia a faccia a Montecitorio, lascia capire che la linea è quella portata avanti fin qui, in sintonia. Anzi, i vertici Cinqueslle fanno filtrare la smentita su una frase attribuita a Davide Casaleggio che su Salvini avrebbe detto 'Ci ha usati'; e Di Maio stesso dice di non credere al complotto anche se qualche perplessità nel Movimento si registra tanto che un deputato di lungo corso ammette: "Noi abbiamo fatto due errori, fidarci troppo di Mattarella e fidarci troppo, forse, di Salvini…".

Ma il capo politico Cinquestelle va avanti e spiega che la maggioranza in Parlamento, anche senza esecutivo giallo-blu, resta quella M5s-Lega e che chiederanno ai presidenti delle Camere di costituire subito le commissioni parlamentari per iniziare a lavorare sui punti del Contratto. Per questo oggi è previsto già un incontro dei capigruppo M5s e Lega.

 

Alle elezioni ancora insieme a Salvini?

Sul tavolo poi c'è l'ipotesi che Cinquestelle e Lega possano andare insieme alle elezioni. Un'alleanza? Parola però considerata tabù nelle regole grilline, in primis da Beppe Grillo. Il dibattito dentro M5s è aperto e naturalmente divide. Carlo Sibilia dice di no ad un'alleanza con la Lega ma invita ad andare al voto con il contratto e con la stessa lista dei ministri preparata insieme. Ma altri pentastellati spiegano che sarebbe meglio evitare perchè così si rischierebbe di portar via molto consenso al Movimento, votato alle ultime elezioni da molti elettori delusi dal Pd. Di questo molti 5 stelle vorrebbero discutere in assemblea congiunta che al momento, però, non è ancora stata convocata. Il timore che il voto già a settembre possa penalizzare il Movimento, si respira tra molti parlamentari.

E anche lo stesso Di Maio dovrà usare tutte le sue armi per non farsi logorare dagli sviluppi di una situazione politica in continuo divenire: Di Maio probabilmente correrà di nuovo come candidato premier e i candidati M5s saranno gli stessi del 4 marzo, ma ci sarà anche Alessandro Di Battista in partenza per san Francisco domani, ma pronto a tornare appena sarà stata fissata la data del ritorno alle urne. Un nome che può essere 'ingombrante' per lo stesso Di Maio. I ritmi comunque sono di nuovo quelli da campagna elettorale. Di Maio (come del resto anche Salvini) è tornato all'offensiva mediatica, da Facebook alle tv. M5s di nuovo forza di lotta e di opposizione, status che non a tutti i pentastellati dispiace.