I bambini nell’utero materno sviluppano muscoli in eccesso nelle articolazioni della mano, simili a quelli della lucertola, che perdono prima della nascita. E quando in alcuni casi persistono, potrebbero determinare delle deformazioni dell’arto. È quanto hanno scoperto i biologi statunitensi analizzando le scansioni in 3D di feti dalla settima alla 13esima settimana di gestazione.
“Ci sono molte terminazioni nervose che arrivano al pollice e che consentono i movimenti della mano – afferma Rui Diogo, ricercatore della Howard University negli Stati Uniti, nello studio pubblicato sulla rivista Development – probabilmente scompaiono prima in corrispondenza delle altre dita, ma persistono nella zona del pollice”. In particolare della mano sinistra.
La scoperta, secondo i biologi, sarebbe riconducibile all’evoluzione della specie e affonderebbe le radici all’epoca della transizione da rettili a mammiferi. “Abbiamo perso questi muscoli 250milioni di anni fa”, aggiunge Diogo. Alla luce di questi risultati i biologi stanno mettendo a punto ulteriori indagini.
Altri “extra-muscoli” erano stati già scoperti in corrispondenza del piede durante le fasi di crescita del feto. Anche le scimmie e le api hanno queste terminazioni nervose, rilevano gli scienziati, e che utilizzano per arrampicarsi e per muove gli oggetti. “Alcuni aspetti che abbiamo perso nel corso della fase evolutiva non è detto che ci rendano esseri migliori – conclude Diogo – anzi stiamo perdendo aspetti che ci renderebbero dei ‘super uomini'”.
“Alla possibilità di votare a 16 anni non ci avevo mai pensato. A sedici anni si possono fare molte cose, come lavorare e pagare le tasse, quindi sarebbe ragionevole immaginare anche l’idea del voto”. In una breve intervista a la Repubblica, Emanuele Crisanti, in arte Nuele, classe 2003 e che alle audizioni di X Factor ha portato il suo brano Carote, diventato un tormentone sui social (e capace di raccogliere quasi 9 milioni di visualizzazioni su YouTube) e cantato anche durante la manifestazione ambientalista del 27 settembre, dice che “quella di Enrico Letta è una proposta interessante” anche se, come studente del liceo Lucrezio Caro di Roma, precisa poi che all’idea del voto non ci crede granché.
E il motivo è che “io e i miei coetanei non siamo abbastanza informati per poter davvero esprimere un voto ragionato. Non abbiamo una visione completa della politica che ci permetta di scegliere coscientemente”. “Nel mio liceo aggiunge anche – non ci insegnano nulla che ci porti a questo. A scuola si imparano altre cose, forse andrebbe cambiato il sistema per poterci portare a votare. Per adesso, non a caso, la maturità si prende a 18 anni e poi si vota”.
Però al corteo del 27 per salvare la Terra “io c’ero” dice con orgoglio, “contento di vedere tanti ragazzi a manifestare” perché “penso che la battaglia per l’ambiente sia davvero urgente ed è bene che la nostra generazione si sia mossa. Saremo noi ad avere nelle mani il mondo quando saremo più grandi”. Ma il ragazzo lamenta poi il fatto che a scuola “sono pochi i ragazzi che hanno attenzione alla politica” e il motivo è che “non si sentono parte in causa, è una roba da adulti, la sentono lontana e poco interessante” e così “si fanno assemblee, ma partecipano in pochi”.
Nei giorni scorsi l’IFPI, le federazione che rappresenta l’industria discografica in tutto il mondo, ha pubblicato il Music Listening 2019, il report esamina le modalità di consumo di musica nelle fasce d’età comprese tra 16 e 64 anni nei principali 21 mercati globali.
Un’analisi molto approfondita in un settore, quello musicale, che più di tutti ha attraversato una vera e propria rivoluzione digitale, sia di prodotto, ma anche creativa e ci consumo. Gli highlights del report globale descrivono come la musica sia un elemento centrale della vita quotidiana. Gli intervistati in genere trascorrono 18 ore alla settimana ascoltando musica – un dato in rialzo, rispetto alle 17,8 ore del 2018. In Italia il trend è leggermente inferiore e si ferma a 16,3 ore. Insomma, oltre due ore al giorno ( l’equivalente di 46 canzoni ascoltate nell’arco della giornata). L’auto e la casa restano i luoghi con la maggiore penetrazione dell’ascolto di musica. In Italia il 76% delle persone ascolta musica in automobile, il 63% a casa. Il 49% la ascolta da solo.
A livello globale tutti amano la musica: più della metà delle persone (53%) si identifica come “amante” o “fanatico” della musica. Tra i 16-24enni, il dato sale al 63%
Un dato importante riguarda l’evoluzione dello streaming, oggi utilizzato dall’89% dagli ascoltatori di musica. Le fasce d’età avanzata si avvicinano sempre più ai servizi di streaming audio: il 64% di tutti gli intervistati ha avuto accesso a un servizio di streaming musicale nell’ultimo mese, con un aumento di circa il 7% rispetto al 2018. Il tasso di crescita più elevato si registra nell’età compresa tra 35 e 64 anni: 54% (che segna + 8% rispetto all’anno precedente). Peraltro, tra i device, iniziano ad avere una decisa penetrazione anche gli smartspeaker. In USA il 30% dei consumatori di musica usa uno smartspeaker contro il 20% a livello globale. In Italia siamo già al 16%
Per quanto riguarda il nostro Paese repertorio locale continua ancora a dominare il mercato italiano (60,6%), seguito da rock (53,9%), cantautorato (48,9%) e colonne sonore (31,9%). Non si arresta il trend dell’hip-hop/rap nei giovani dai 16 ai 24 anni (53,2%), che quest’anno segnano un interesse crescente anche per il latin (37,6%).
Anche in Italia la pervasività dello streaming riguarda anche le fasce d’età più grandi: nell’utilizzo del formato si registra infatti un incremento dell’8% sia nei 45-54 anni (51%) che nei 55-64 (40%). In generale, il 57% consuma musica solo attraverso servizi di audio streaming: tra le motivazioni, l’accesso immediato a un catalogo immenso (63%) e la possibilità di selezionare la musica preferita (53%).
Da rilevare anche che le fasce più giovani sembrano trainare, in controtendenza con quello che si crede, anche il consumo di vinile. Millennials e generazione Z, in totale, sono la maggior parte dei consumatori del disco nero.
Infine, la radio. La temuta cannibalizzazione non sembra ancora aver scalfito l’inossidabile strumento di ascolto con il 92% di ascoltatori di musica che dichiara di usare il mezzo radiofonico. In crescita del 29% rispetto all’anno precedente.
Utilizza Instagram la cantautrice Emma Marrone per annunciare ai suoi fans la necessità di fermarsi per problemi di salute.
“Succede” scrive sul suo profilo l’artista “Succede e basta. Questo non era proprio il momento giusto, ma in certi casi nessun momento lo sarebbe stato. Da lunedì mi devo fermare per affrontare un problema di salute. Ve lo dico personalmente per rassicurarvi e per non creare allarmismi inutili”.
La Marrone, ex vincitrice di Amici di Maria De Filippi e diventata una delle figure femminili di spicco della musica leggera italiana, ne approfitta per annunciare la diserzione forzata anche per i prossimi impegni: “Per questo motivo non sarò presente a Malta per il concerto di RadioItalia che ringrazio per l’immediata comprensione. Inutile dirvi l’immenso dispiacere che provo per tutti quei ragazzi che hanno speso dei soldi in voli aerei e alberghi per venire fino a Malta per sostenermi: Non avete idea di quanto mi sarebbe piaciuto essere su quel palco e cantare per tutti voi”.
Il post si chiude con un messaggio carico di forza: “Vi prometto che tornerò più forte di prima! Ci sono troppe cose belle da vivere insieme. Adesso chiudo i conti una volta per tutte con questa storia e poi torno da voi. Grazie e state sereni davvero…Andrà tutto bene!”.
Il sospetto, suggerito dalla stessa Emma nel post, è che il tumore che le avevano già diagnosticato nel 2011 e che la costrinse a fermarsi, sia tornato. Potrebbe essere questa la storia che la Marrone vuole chiudere, anche con il supporto dei fans che in questo momento stanno letteralmente inondando di messaggi di affetto la loro beniamina.
Il post su Instagram viene accompagnato da una frase celebre di John Lennon: “La vita è ciò che ti accade mentre sei tutto intento a fare altri piani” e mai frase poteva essere più azzeccata. Emma infatti in questo momento è in classifica con il nuovo singolo “Io sono bella”, scritto per lei da Vasco Rossi e che sta già riscuotendo enorme successo in termini di numeri e classifiche.
L’Iran respinge le accuse del segretario di stato Usa Mike Pompeo che ritiene la repubblica islamica responsabile dell’attacco con i droni che ieri ha dimezzato la capacità produttiva petrolifera dell’Arabia Saudita. L’attacco è stato rivendicato dai ribelli Houthi dello Yemen. “Accuse e commenti così sterili e cieche sono incomprensibili e insensate”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Abbas Moussavi, suggerendo che sono destinate a giustificare “azioni future” contro l’Iran.
“La tutela dei beni comuni è un valore essenziale, che dobbiamo adoperarci per presidiare a tutti i livelli. Intendiamo approvare in tempi celeri una legge sull’acqua pubblica, completando l’iter legislativo in corso”. E’ quanto ha affermato il premier Giuseppe Conte nel suo discorso sulla fiducia alla Camera parlando di uno dei’cavalli di battaglia’ della prima ora del M5S, della “prima stella” come la definisce Federica Daga la promotrice del provvedimento. In realtà la battaglia per l’acqua pubblica è in fase di stallo, la proposta è ferma, ufficialmente in attesa dei pareri dei ministeri ma di fatto bloccata dalla contrarietà della Lega. Uno di quei casi, hanno denunciato la stessa Daga e altri parlamentari grillini, in cui sono stati proprio i no della Lega a bloccare l’iter di provvedimenti avviati all’approvazione. “La lega ha avallato la richiesta delle opposizioni” di chiedere una relazione tecnica e rallentare l’iter della legge, ha detto Daga in un’intervista lo scorso giugno.
L’acqua pubblica era anche uno dei principali punti (il secondo) del contratto del precedente governo Lega-M5s, rispecchiando, nella gerarchia, la vittoria grillina e le forze in campo alle elezioni del 4 marzo 2018.
“È necessario investire – era scritto nel contratto Lega-M5s – sul servizio idrico integrato di natura pubblica applicando la volontà popolare espressa nel referendum del 2011, con particolare riferimento alla ristrutturazione della rete idrica, garantendo la qualità dell’acqua, le esigenze e la salute di ogni cittadino, anche attraverso la costituzione di società di servizi a livello locale per la gestione pubblica dell’acqua. La più grande opera utile è restituire ai cittadini una rete di infrastrutture idriche degne di questo nome. È necessario dunque rinnovare la rete idrica dove serve, bonificare le tubazioni dalla presenza di amianto e piombo, portare le perdite al minimo in modo da garantire acqua pulita e di qualità in tutti i comuni italiani”.
La proposta di legge “Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque”, ispirata alla iniziativa popolare formulata nel 2007 dai Movimenti per l’Acqua, su cui furono raccolte oltre 400.000 firme. Da lì scaturì il referendum del 2011 a seguito del quale il 54% degli elettori (27 milioni di italiani) si schierò contro la privatizzazione.
Quelli contrari al provvedimento
Una volta approvato il ddl, l’acqua uscirà nuovamente dalle logiche di mercato, con la decadenza delle attuali concessioni e la fissazione di tariffe da parte del ministero dell’Ambiente. Contro la legge, fortemente sostenuta dal presidente della Camera Roberto Fico, c’è un vasto fronte del no. In primis gli alleati (di allora) della Lega non sono mai stati convintissimi della bontà del provvedimento tanto da presentare 250 emendamenti. Ci sono poi i sindacati preoccupati per “il futuro di 70.000 posti di lavoro” e “un blocco agli investimenti di 2,5 miliardi”, gli amministratori del Nord che rivendicano esperienze positive, fino ai gestori del ciclo idrico integrato che citano stime elaborate da centri di ricerca sui costi che avrebbe la riforma per le casse dello Stato. Fortemente contrari anche gli Ato (Ambiti territoriali ottimali formati dagli enti locali) e la maggior parte dei gestori.
Cosa pervede e quanto costa l’acqua pubblica
Il provvedimento vuole impedire che chi gestisca l’acqua abbia dei profitti, che gestione ed erogazione del servizio non possano essere separate e siano affidate a enti di diritto pubblico. Secondo Daga “per 45 milioni di cittadini la gestione è in mano a enti di diritto privato, ovvero società per azioni” mentre 15 milioni godrebbero di costi più bassi con l’acqua gestita da enti pubblici.
Secondo uno studio realizzato da Oxera, per sostenere il servizio idrico in assenza di tariffa, si dovrà far leva sulla fiscalità generale e si potrebbe arrivare, almeno nel primo anno, a un costo di 22,5 miliardi (15 miliardi iniziali una tantum e 6-7 miliardi all’anno). Per il centro studi Ref Ricerche la nuova riforma farebbe sborsare allo Stato, solo come costi una tantum, 10,6 miliardi per il rimborso dei finanziamenti dei gestori e 4-5 miliardi per l’indennizzo ai gestori estromessi. Da sottolineare che queste cifre sono contestate dal Forum dell’Acqua secondo cui, al contrario, eliminando gli utili e i “costi non quantificati correttamente”, la tariffa idrica potrebbe coprire tutti i costi della gestione e degli investimenti e portare a una riduzione delle tariffe, vale a dire del costo della bolletta, del 25-30%.
I carabinieri di Lampedusa hanno arrestato un ragazzo di 23 anni che era alla guida della Suzuki Sj che ha investito e ucciso una turista 49enne di Pinerolo (Torino) che era in vacanza insieme al marito. Il giovane, che guidava l’auto senza avere mai conseguito la patente, dopo avere investito la donna, che passeggiava insieme al marito vicino al residence di contrada Terranova, dove era arrivata solo due ore prima, è fuggito e ha abbandonato l’auto a un paio di chilometri. Il pm di turno lo ha arrestato per omicidio stradale e posto ai domiciliari.
Alla domanda precisa de Il Messaggero che gli chiede nell’edizione su carta se corrisponde al vero la voce che circola secondo la quale per Matteo Renzi sia pronto un posto come Commissario Ue, Andrea Marcucci, capogruppo dem al Senato, Pd di stretta osservanza renziana, risponde netto: “Questa non credo sia un’ipotesi sul tappeto”. E al secondo quesito che gli viene posto, se cioè tutte le componenti del Pd, renziani compresi, saranno parte del nuovo esecutivo, Marcucci replica che “nel rispetto delle prerogative del Quirinale e dell’eventuale presidente incaricato, non vedo preclusioni”.
Poi però lo stesso capogruppo democratico al Senato lamenta il fatto che “in queste ore si fa un gran parlare di nomi”, un aspetto che definisce “fisiologico, non mi scandalizzo”, però allo steso tempo – aggiunge anche – che “mi aspettavo dai 5Stelle un maggiore impegno sui temi programmatici”. Insomma, “se noi del Pd non abbiamo perso tempo e abbiamo già messo a fuoco parecchio materiale” in verità “abbiamo un po’ faticato a far partire il confronto con loro sulle cose da fare”.
Sono le ore concitate della trattativa tra le due delegazioni politiche, M5s e Pd, che stanno tentando di dar vita a un nuovo governo dopo che Salvini e la Lega hanno rotto l’alleanza gialloverde, e il capogruppo che accompagna Nicola Zingaretti nella trattativa diretta con Luigi Di Maio insiste nel dire al quotidiano della Capitale che “abbiamo chiesto discontinuità ai pentastellati rispetto al governo precedente sia sulle persone che sul progetto politico” perché “gli italiani devono capire che un nuovo governo non nasce con una semplice sostituzione della Lega con un altro partner ma sulla base di un programma alternativo e con altri interpreti”.
Problemi con Conte ce ne sono? Marcucci risponde che “il problema Conte come persona non c’è” e che ni suoi confronti i democratici “hanno sempre osservato il massimo rispetto istituzionale”. Ma nel Pd ci sono frizioni? Fra renziani e maggioranza del partito, ad esempio? Niente da rimproverare a Zingaretti sulla conduzione delle trattative? “Marcucci risponde che no, il dato politico “che sta emergendo è la sostanziale unità del Pd” e che “Zingaretti sta trattando assieme a tutto il partito e i gruppi parlamentari gli sono vicini”. Per poi puntualizzare: “Che poi sia stato Matteo Renzi per primo ad aprire la strada del confronto con i 5Stelle è un dato di fatto”. Quanto al fatto che poi il confronto “è difficile e nessuno è perfetto”.
Divisioni sull’immigrazione, chiede il quotidiano? “Per ora chiediamo garanzie sul metodo e sugli obiettivi” si limita a dire il capogruppo al Senato. Ma “è chiaro che ci vorrà un maggiore coinvolgimento dell’Europa” sottolinea Marcucci, che aggiunge: “E anche una maggiore capacità di gestione di un fenomeno complesso come il governo Gentiloni aveva iniziato a fare”. Tuttavia “è ancora presto per i dettagli per le cose che dovremo mettere in cantiere con i pentastellati” anche e, precisa sempre Marcucci, “non per nostra responsabilità quanto perché non siamo ancora riusciti ad avviare un confronto nel merito con i 5Stelle a partire da ambiente e lavoro che sono temi che ci stanno molto a cuore”.
E sul taglio dei parlamentati, il confronto com’è? Secondo il capogruppo a Palazzo Madama “il M5s ha capito che non abbiamo preclusioni a ridurre il numero” ma “vogliamo che questa riduzione avvenga senza mettere in discussione la funzionalità del Parlamento e la qualità della rappresentanza dei cittadini” ciò che comporterà “modifiche ai regolamenti parlamentari e prendere altre misure fra le quali una nuova legge elettorale”.
E a Salvini che parla di manovra di Palazzo, cosa rispondete? “Che non si può sentire. M5S e Lega non si sono presentati assieme alle elezioni del 2018, io ritorcerei su Salvini le accuse di manovra di Palazzo: è stato lui a staccare la spina al governo giallo-verde per ragioni di partito”.
Gli arbitri del tennis hanno un problema di sudditanza coi giocatori più forti e famosi? Questa è l’accusa Nick Kyrgios dopo le ultime intemperanze e la super-multa di Cincinnati ribadendo in un filmato Twitter che Rafa Nadal sfora più di lui i 25 secondi di tempo per il servizio (41” contro 28!), così direbbe il non-gradimento di Serena Williams a Carlos Ramos dopo i fattacci degli Us Open di dodici mesi fa che si estenderà anche a quest’edizione del torneo al via il 26 agosto. Ma chi sono e quanto guadagnano i giudici di questo sport?
Giorgio Tarantola, che è stato sul seggiolone dal 1990 al 2008 per poi deviare verso il ruolo di direttore dell’apprezzato torneo Challenger di Lugano e presto tornerà nell’Atp Tour con ambiziosi progetti all’autodromo di Monza, ci aiuta ad entrare in questo mondo molto ermetico, e pieno di divieti di parola per i suoi attori: “Gli arbitri sono in genere ex giocatori non così forti, però, l’unico che mi viene in mente, in Italia, che si è impegnato in questa attività è l’ex pro Stefano Tarallo. In genere, però, bisogna cominciare molto presto, da molto giovani, per acquisire tutti quegli automatismi che poi in partita permettono di applicare il regolamento nel modo e nei tempi giusti “.
Restare nello sport che ama è stata la molla che ha spinto l’allora 19enne Tarantola quand’ha cominciato ad arbitrare, da ex giocatore “Non classificato”. Ma esiste anche una motivazione-quattrini: “Prendevo 50 mila lire al giorno, con vitto e spostamenti pagati”. Cifre che sono aumentate quando è salito a livello Challenger ed è diventato un arbitro ufficiale Atp: “Percepivo mille dollari a settimana, con le spese pagate, compresa la lavanderia”.
Oggi la specializzazione s’è raffinata, così come la classifica degli arbitri, divisi per colore, da “green badge” di primo livello, a “white” a “silver” a “bronze”, fino all’aspiratissimo “gold badge” e le retribuzioni sono personalizzate, di arbitro in arbitro, a seconda della disponibilità stagionale. Anche se le cifre si aggirano sui 1500 dollari a settimana per i 31 primi della classe, da Carlos Bernardes a Kader Nouni, da Mohamed Lahyani a Fergus Murphy, a Cedric Mourier al nostro Gianluca Moscarella. Cifre che si posso arrotondare con la direzione di match di Davis, cioè per la Federazione internazionale e che portano gli introiti annui a circa 60/70 mila euro per una stagione full time, di 25 settimane.
La promiscuità arbitri-giocatori è molto pericolosa. Infatti Atp e Wta cercano di evitarla in tutti i modi, ma è sicuramente reale, vista la frequentazione costante degli stessi posti, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana. Così come è a rischio la credibilità dell’arbitro nei confronti dei giocatori più forti.
“Anche a me è capitato di dirigere numeri 1, ma non c’è troppo tempo per pensare a chi c’è in campo, anzi, è sicuramente ideale non pensarci. Quando sei sul seggiolone applichi il regolamento e pensi solo a fare la miglior figura possibile, davanti a tanta gente. Io non credo che esista una forma di servilismo degli arbitri verso i giocatori più forti, ma può succedere che il supervisor del torneo, per assicurare le condizioni di arbitraggio ideali, eviti di utilizzare un certo giudice per motivi di opportunità. Non per favorire il giocatore. Anche perché se esistono atleti che hanno chiesto di non essere più arbitrati da certi giudici, esiste anche una black list inversa, cioè di arbitri che chiedono di non sedere sul seggiolone quando in campo ci sono certi giocatori”.
Si cerca quindi di evitare che Ramos arbitri Serena Williams dopo l’alterco dell’anno scorso a New York. E forse sarebbe stato meglio evitare che Murphy arbitrasse Kyrgios a Cincinnati, dopo che fra i due c’erano state frizioni nei tornei precedenti, ma in Ohio non c’erano tanti arbitro di prima categoria e così il giudice e il giocatore australiani si sono scontrati.
Lo stesso Bernardes, che oggi è considerato il numero 1, quando ha sanzionato Rafa per perdita di tempo al servizio, non l’ha più arbitrato per dieci mesi. Nota negativa di un arbitro full time che gode di più soldi e più considerazione, ma dipende anche di più dal suo status e non avendo un secondo lavoro, deve anche subire più pressioni.
Altri, come l’italiano Moscarella, sono pagati a gettone. E vivono il ruolo di arbitro sempre con professionalità e serietà, ma anche con più leggerezza. Agli Internazionali d’Italia di Roma dell’anno scorso, il simpatico giudice milanese è stato protagonista di un divertente botta e risposta col tennista francese Lucas Pouille. Che gli chiedeva di fare qualcosa per allontanare un uccello dal campo e Moscarella gli ha risposto, partecipe: “Cosa vuoi che faccia, vuoi che provi a parlargli?”. Imitando il verso dell’uccello davanti al pubblico: “Wah, Wha!”. Per poi comunicare al giocatore: “Vedi? Se n’è quasi andato, dev’essere attratto dalle luci”. Magari Murphy avrebbe dovuto distrarre Kyrgios a Cincinnati. Ma quando, agli Us Open dell’anno scorso il collega Layani l’aveva confortato ed esortato in uno dei suoi momenti-no, era stato accusato di favoritismi e sospeso.
Chi ha in antipatia le vacanze di Matteo Salvini a Milano Marittima con annesse e connessi, dovrebbe ricordarsi di Oscar Wilde. In uno dei suoi fulminanti aforismi, il grande scrittore inglese aveva descritto con due secoli d’anticipo uno dei principi fondamentali della comunicazione nell’era dei social: “C’è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé.” Frase che, nelle traduzioni italiane, spesso vede l’inserimento pleonastico dei concetti di bene e di male e diventa: “non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli.” L’idea comunque è quella: parlatene anche male, ma parlatene.
Senza sapere, forse, di citare implicitamente il grande scrittore inglese, a questo concetto si riconduceva il generale di brigata Francesco Maria Ceravolo quando l’altro giorno prendeva le distanze dal Ministro vicino alla consolle mentre le cubiste ballavano al suono dell’Inno di Mameli.
“Mi meraviglio di tutto, tranne che di Salvini – aveva dichiarato – ci ha abituato ai colpi di scena, che al popolo piacciono. Ciò che mi ha meravigliato e incuriosito invece è il peso dato da tanti giornali a questa cosa. Non fanno altro che favorire Salvini e renderlo tutto sommato simpatico, come lui vuole essere. Questo linciaggio, l’accanirsi con i titoli, non può che portare acqua al suo mulino. Vedo cecità in questi giornali”.
Ed è proprio così: i sondaggi che danno la Lega ormai quasi a sfiorare il 40% sono lì a dimostrarlo.
Il meccanismo è semplice. Prendiamo per esempio l’episodio di Salvini che non risponde al giornalista di Repubblica a proposito del figlio sulla moto d’acqua della polizia. C’è stato chi ne ha parlato in toni compiaciuti, come di una goliardata di un padre importante con il figlio, e di un giornalista che viola la privacy di cui ciascuno di noi ha sacrosanto diritto quando è in vacanza (e infatti non per nulla Salvini ha scelto per le sue vacanze la Milano Marittima di tutti noi, non un’esclusiva isola dall’altra parte del mondo); e c’è stato chi ha condannato il tutto con grande enfasi, a volte accanendosi con titoli e rilanci. Ma proprio quell’esagerazione gioca a favore del vicepremier: perché il linciaggio mediatico ci rende simpatica la vittima.
Quindi, se sei contro Salvini, se, prima ancora della sua politica, non ti piace il suo modo di fare politica, la tua decisione deve essere quella di non parlarne, di non criticare il suo modo di essere suoi social, perché Salvini ha mostrato a tutti come, oggi, le vere piattaforme della politica non siano quelle di Rousseau ma quelle di Facebook, Twitter e Instagram. Nemici di Salvini imparate da Salvini. Che parla solo di sé e mai degli altri: e, se fa un’eccezione, è solo per replicare alle critiche che gli rivolgono, e quindi per rilanciare se stesso.
Come ha spiegato lo stesso Ministro dell’Interno in televisione: “Gruber, attaccare Salvini non funziona!”