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Washington - Ted Cruz appare ha vinto nettamente i caucus repubblicani del Kansas, davanti a Donald Trump.Si tratta del primo dato che emerge dalla nuova tornata delle primarie per le presidenziali Usa di novembre. I caucus si sono tenuti nello stesso Stato anche per i democratici mentre nel Maine e nel Kentucky erano per i soli repubblicani, mentre in Nebraska erano riservati al partito di Barack Obama. Per entrambi i partiti si sono tenute anche le primarie in Louisiana. Il bottino complessivo di delegati in palio non e' certo paragonabile a quello del Super Tuesday del primo marzo, ma si tratta di fare legna in vista dell'appuntamento davvero decisivo che cadra' fra dieci giorni, quando ambedue gli schieramenti saranno chiamati alle urne in piazze cruciali quali la Florida, l'Ohio e l'Illinois. Nel frattempo Trump ha proseguito la battaglia solitaria contro l'apparato in crescente panico del suo stesso partito, piuttosto che contro l'ex first lady. Il magnate e' tornato a prendersela in particolare con Mitt Romney, il candidato sconfitto da Barack Obama nel 2012 che in settimana lo aveva tacciato di "ciarlataneria", e gli ha dato una volta di piu' del "perdente". Poi ha spiegato a modo suo l'ostilita' dei vertici del Grand Old Party: "Si tratta dell'establishment", ha denunciato. "E' contro di noi, ma noi cambieremo le cose cosi' tanto e cosi' alla svelta, andremo avanti cosi' forte che ne sarete veramente orgogliosi", ha promesso ai sostenitori di Wichita, per incontrare i quali aveva commesso lo sgarro di disertare l'annuale conferenza a Washington dell'Unione Conservatrice Americana.
Spostatosi quindi a New Orleans, Trump ha dovuto vedersela ancora con i contestatori infiltratisi al suo comizio. "Oh, no! Non di nuovo questi qua!", e' sbottato il discusso miliardario mentre urla e schiamazzi degli intrusi lo costringevano a interrompere l'arringa. "Andatevene! Buttateli fuori! Levatevi dai piedi, piantagrane!". Subito dopo, tafferugli all'esterno. (AGI)

Roma - "Lo Stato italiano ha fallito, la liberazione degli altri due tecnici della Bonatti e' stata pagata con il sangue di mio marito e di Fausto Piano". Sfoga tutta la sua rabbia Rosalba Failla, moglie di Salvatore, uno dei due italiani rimasti uccisi in Libia a 24 ore dalla liberazione degli altri due connazionali.

Parlando con l'avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, la signora Failla, chiede che almeno l'esame autoptico, fondamentale per accertare come siano andati realmente i fatti, venga svolto dall'autorita' giudiziaria italiana, e non in Libia: "Se lo Stato non e' stato capace di portarmelo vivo, almeno adesso non lo faccia toccare in Libia, non voglio che l'autopsia venga fatta laggiu', stanno trattando Salvatore come carne da macello. Nessuno, fra coloro che stanno esultando per la liberazione degli altri – aggiunge la donna – ha avuto il coraggio di telefonarmi. Voglio che il corpo rientri integro e che l'autopsia venga fatta in Italia". (AGI) 

CdV - Il numero dei sacerdoti e' calato in Europa di oltre l'8% tra il 2005 e il 2014, anche se a livello mondiale si registra nello stesso decennio un aumento di 9.381 preti – il cui numero totale e' passato da 406.411 a 415.792. Un fenomeno che, sottolinea la Sala Stampa della Santa Sede commentando i dati dell'"Annuarium Statiscum Ecclesiae", sembra essersi stabilizzato negli ultimi anni, mentre sono dimuniti sensibilmente gli abbandoni. In tema di vocazioni sacerdotali, a fronte di notevoli incrementi per l'Africa (+32,6%) e per l'Asia (+27,1%), oltre alla spaventosa diminuzione dell'Europa, sono in calo anche l'Oceania (- 1,7 %) e le Americhe, dove le vocazioni del Centro e del Sud non compensano i decessi e gli abbandoni del Nord. La diminuzione del clero e' in parte compensata dalla crescita quasi rrefrenabile del numero dei diaconi permanenti sposati, che costituiscono il gruppo in piu' forte evoluzione nel corso del tempo: da circa 33 mila nel 2005 hanno raggiunto quasi le 45 mila unita' nel 2014, con una variazione relativa di +33,5%.

 L'aumento del numero dei diaconi sposati, ai quali in alcune diocesi vengono ormai affidate parrocchie e rettorie dove il sacerdote si reca periodicamente solo per ccelebrare la messa e confessare, si e' manifestato ovunque, tuttavia i ritmi di incremento permangono diversi fra le varie aree continentali: in Europa il loro incremento e' stato significativo, essendo passati in nove anni da poco meno di 11 mila a quasi 15 mila unita'. Anche in America la dinamica e' stata sostenuta: nel 2014 il numero e' salito a quasi 29 mila, da circa 22 mila nel 2005. "Questa figura – sottolinea la Sala Stampa delal Santa Sede – e' molto presente in America (specialmente quella del Nord) con il 64, 9% di tutti i diaconi del mondo, ed anche in Europa (32,6%). Scarsa e', invece, la presenza dei diaconi in Africa ed in Asia: questi continenti rappresentano appena l'1,7% della consistenza globale".

La nota che accompagna i dati si interroga sull'effettiva capacita' dei diaconi permanenti di coadiuvare i sacerdoti nell'espletamento dell'azione pastorale sul territorio, rilevando che essa "rimante tuttavia ancora contenuta". Attualmente, infatti, "la distribuzione dei diaconi ogni 100 sacerdoti residenti e' appena pari a 10,7 nel 2014 e va da un minimo di 0,48 in Asia ad un massimo di 23,5 in America". In Europa, il quoziente e' intorno all'8%, mentre in Africa 1,1 diaconi prestano servizio a fianco di 100 sacerdoti. Le dimensioni del fenomeno, pertanto, risultano ancora del tutto modeste, perche' la loro opera possa incidere in maniera significativa sull'equilibrio tra la domanda e l'offerta di ministero ai fedeli battezzati residenti sul territorio".

La Sala Stampa della Santa Sede rileva infine che "i diaconi tendono a manifestare una maggiore presenza sul territorio proprio laddove il rapporto fedeli battezzati per sacerdote risulta piu' carente". E' noto del resto che la diocesi del mondo dove il rapporto tra sacerdoti ordinati e diaconi sposati (che in questo caso indigeni) e' quella messicana di San Cristobal DLC, in Chiapas, dove Papa Francesco si e' recato in visita lo scorso febbraio. Mentre in Brasile si verifica lo stesso fenomeno.

Confermano l'impressione che il futuro sara' una pastorale sempre piu' affidata a coppie di sposi (con il marito diacono e forse un giorno prete) i dati relativi al numero dei seminaristi maggiori (diocesani e religiosi), che dopo una iniziale crescita che del 2005 si protrae sino al 2011, anno in cui si registra un ammontare pari al 105,4% di quello del 2005, fanno ora registrare una lenta ma continua discesa, che riporta il dato del 2014 ad un valore pari al 102,2% di quello di inizio periodo. Dunque anche se a livello globale i candidati al sacerdozio nel pianeta sono aumentati, passando dai 114.439 nel 2005 ai 116.939 nel 2014 la tendenza e' preoccupante in quanto nel 2011 i seminaristi avevano toccato il numero totale di 120.61. La diminuzione dei seminaristi maggiori, che si osserva nel totale tra il 2011 e il 2014, ha interessato tutti i continenti, con l'eccezione dell'Africa, dove i seminaristi sono aumentati del 3,8% (da 27.483 a 28.528 unita'). Si prospetta dunque in futuro, sottolinea la Sala Stampa della Santa Sede, "un ridimensionamento del ruolo del continente europeo e di quello americano. Anche in termini relativi rispetto al numero di cattolici, si conferma del resto il maggiore dinamismo dell'Africa e dell'Asia, con 133 candidati al sacerdozio per un milione di cattolici in Africa al 2014 e circa 247 in Asia. I valori europei (66) e americani (55), assai meno significativi e in diminuzione rispetto al 2005, suggeriscono un potenziale di minore copertura del fabbisogno dei servizi pastorali. Africa e Asia confermano il loro primato con 66 e 54 candidati, rispettivamente, mentre l'Europa conta 10 candidati ogni 100 sacerdoti, confermando il permanere di una stagnazione delle vocazioni sacerdotali. L'America e l'Oceania mantengono una posizione intermedia con 28 e 22 candidati al sacerdozio per 100 sacerdoti nel 2014. Complessivamente, tuttavia, si passa – grazie all'apporto di Africa e Asia – da 28,16 a 28,12 seminaristi maggiori per 100 sacerdoti. (AGI)

 

Tripoli – Potrebbero essere trasferiti presto a Tripoli i due ostaggi italiani, Filippo Calcagno e Gino Pollicardo, liberati venerdi' in Libia. "Non sono pronti i documenti: appena saranno pronti, saranno trasferiti", sostiene la moglie di Calcagno, Concetta Arena, raggiunta telefonicamente. I due tecnici hanno trascorso la notte a Sabrata, nella stazione di polizia dove erano stati portati subito dopo il rilascio.

 

 

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Pubblicato da ‎?????? ???????? ?????? – Sabratha Media Center‎ su Venerdì 4 marzo 2016

 

Venerdi' sera e stamane, Pollicardo ha di nuovo chiamato la famiglia, a Monterosso al Mare. "Ha semplicemente voluto salutarci e di nuovo tranquillizzarci", racconta il figlio, Gino Jr. "Ha detto di sentirsi sicuro nel commissariato di polizia di Sabrata e, anche dal tono di voce, ci e' sembrato tranquillo". "Si sentono al sicuro, sono tranquilli", ha confermato la moglie di Calcagno. I due operai non hanno invece detto ne' siano stati interrogati, ne' tantomeno se siano a conoscenza dei tempi di trasferimento. L'amministrazione di Tripoli dovrebbe organizzare in giornata un elicottero per trasportare i numerosi giornalisti, non solo italiani, presenti nella capitale libica per consentire loro di incontrare i due ex-ostaggi.

E' giallo sul rilascio - "Stiamo discretamente fisicamente ma psicologicamente devastati. Abbiamo bisogno di tornare urgentemente in Italia", avevano scritto i due in un messaggio mostrato dal sindaco di Sabrata, scritto su un pezzo di carta a righe. Sulla dinamica che ha portato alla liberazione ci sono versioni differenti. Il generale Hussein al Zawadi, leader della
municipalita' di Sabrata, ha detto che i due italiani sono stati liberati attraverso un blitz avvenuto "con la collaborazione della popolazione locale" nell'abitazione di una famiglia di origine marocchina, circa tre giorni dopo la
scoperta di un nascondiglio dello Stato islamico dove erano detenuti tutti e quattro gli ostaggi. Una donna avrebbe azionato la sua cintura esplosiva uccidendo anche due suoi figli. Ma c'e' chi sostiene invece che i due fossero stati abbandonati dagli uomini dell'Isis e che si sono dunque liberati da soli. (AGI)

Istanbul - La decisione di un tribunale di porre in amministrazione controllata il gruppo media Feza ha causato la mobilitazione di centinaia di manifestanti dinanzi la sede del quotidiano Zaman, organo di punta del gruppo. La folla si era radunata per protestare contro l'ennesimo colpo di mano da parte della magistratura nei confronti della stampa di opposizione al governo del partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp) del presidente Recep Tayyip Erdogan; ma e' stata oggetto di cariche da parte della polizia.

Secondo l'agenzia Dha, poco prima della mezzanotte un megafono ha annunciato lo sgombero del palazzo e dopo circa 10 minuti due idranti hanno iniziato a sparare acqua colorata e gas al peperoncino sulla folla radunatasi dinanzi l'ingresso della redazione. Le cariche sono continuate per alcuni minuti nelle strade vicine la sede di Zaman. In seguito alla fuga della folla i pompieri hanno forzato le catene e i lucchetti con i quali le porte del palazzo erano state sigillate. E' seguita l'irruzione della polizia, durante la quale, in base a quanto riportato dallo stesso Zaman, sarebbero stati distrutti alcuni computer e macchine fotografiche, scatenando la reazione di molti dei giornalisti presenti. Gli ufficiali incaricati hanno letto il provvedimento che pone il giornale, come parte del gruppo Feza, in amministrazione controllata e i giornalisti sono stati condotti fuori dalla redazione dagli agenti. La decisione e' stata emessa da una corte penale di Istanbul su richiesta del procuratore, secondo cui il gruppo "agisce secondo gli ordini della organizzazione terroristica conosciuta come 'struttura parallela'che fa capo a Fetullah Gulen". Quest'ultimo, miliardario e ideologo islamico autoesiliatosi negli Stati Uniti, alleato di Erdogan nel decennio 2002-2012, e' ormai da temop suo acerrimo oppositore. (AGI)

San Paolo del Brasile - Luiz Inacio 'Lula' da Silva, presidente del Brasile dal 2003 al 2010, è stato rilasciato dalla polizia federale dopo più di tre ore di interrogatorio da parte dei responsabili delle indagini sullo scandalo 'Petrobras'. Fermato nella propria abitazione di San Paolo al termine di una perquisizione, Lula era stato condotto al commissariato dell'aeroporto paulista di Congonhas arrivandovi intorno alle 8 locali: ne è stato visto uscire verso le 11,30 a bordo di un'auto privata, con cui ha percorso una pista secondaria chiusa al pubblico, e quindi ha raggiunto la sede della direzione nazionale del Pt, il Partito dei Lavoratori da lui fondato nel 1980 e guidato fino al '94, ora diretto dalla sua erede alla guida del Paese sud-americano, Dilma Rousseff.

Da Morales a Kirchner, gli scandali della izquierda

Nel frattempo Carlos Fernando dos Santos Lima, il procuratore federale che dirige l'inchiesta, in conferenza stampa ha definito "piuttosto significativo" il complesso degli indizi finora emersi a carico del settantenne ex leader politico e sindacale. A suo dire, "approssimativamente" Lula avrebbe percepito 30 milioni di real (equivalenti in euro a oltre 7,4 milioni; ndr) tra donazioni e compensi per conferenze messi a disposizione da grandi compagnie edilizie e di opere pubbliche", che avrebbero pagato forti cifre in nero pur di ottenere appalti. Il magistrato ha puntualizzato comunque che il provvedimento emesso oggi nei confronti dell'illustre inquisito era di mero 'accompagnamento coatto', senza che cio' abbia comportato per lui la privazione della liberta' personale. Per Rui Falcao, Presidente del partito di Lula (PT, Partito dei Lavoratori), si tratta di una "tentativo golpista per destabilizzare il Governo di Dilma Rousseff". Anche il Presidente venezuelano, Nicolas Maduro, definisce l'interrogatorio "un attacco miserabile". Il segretario generale dell'Unasur, il colombiano Ernesto Samper, ritiene che l'interrogatorio sia solo "linciaggio mediatico".

Nelle prime dichiarazioni rese in pubblico dopo la perquisizione della propria casa di San Paolo, il fermo e un interrogatorio di oltre tre ore, non si è mostrato per nulla piegato l'ex presidente del Brasile, Luiz Inacio 'Lula' da Silva. Anzi, nel corso di una conferenza gremita di militanti del suo Pt, il Partito dei Lavoratori, Lula ha dapprima accusato le autorità di aver voluto allestire uno "spettacolo" a uso e consumo dei mass media, quindi le ha sfidate: "Se volevano ascoltarmi, il giudice Sergio Moro (che indaga sulla corruzione nello scandalo del colosso energetico statale 'Petrobras'; ndr) o la Procura non avevano che da inviarmi un avviso di convocazione, e io mi sarei presentato perche'", ha sottolineato, "mai mi sono rifiutato di deporre. Non devo proprio niente a nessuno", ha tagliato corto, "e non ho nulla da temere dalla giustizia", di cui pure ha definito "deplorevole" il comportamento. Lula si è poi detto "indignato" per l'accaduto e ha aggiunto di essersi sentito come se fosse stato fatto "prigioniero" quando gli agenti si sono presentati alla porta. Nel frattempo il Pt ha denunciato una presuntra "rincorsa golpista" in atto, finalizzata a "destabilizzare" il governo di Dilma Rousseff, succeduta appunto a Lula alla guida del Paese sud-americano e del partito. (AGI)

Londra - Il magnate Rupert Murdoch e l'ex modella Jerry Hall si sono oggi sposati civilmente a Londra, mentre le nozze in chiesa saranno celebrate domani sempre nella capitale inglese. I due hanno detto sì nella sontuosa Spencer House. Vestiti in modo sobrio e molto sorridenti, i due sono stati beccati dai fotografi proprio mentre uscivano, al termine della cerimonia. La chiesa dove si celebrerà domani il matrimonio è quella di St Bride, a Fleet Street, un posto simbolico per Murdoch visto che in quel quartiere vi sono le sedi storiche dei principali quotidiani del Regno Unito (lui è presidente della News Corporation, della casa edtrice Harper Collins e di un'ampia rete di canali tv, inclusa Fox negli Usa). Il patrimonio di Murdoch è valutato sui 10,1 milioni di euro.

 La coppia aveva annunciato il matrimonio il 12 gennaio, dopo quattro mesi di relazione, attraverso un annuncio nella sezione: "Nascite, nozze e funerali" del Times, che fa parte dell'impero dei media di Murdoch, proprietario di News Corp e di 21st Century Fox. Non sono stati rivelati dettagli sugli invitati o sulla festa che si celebrerà domani.

Rupert Murdoch e Jerry Hall oggi sposi, le nozze a Londra – FOTO

Murdoch, 84 anni, e Hall, 59, si sono conosciuti tramite una sorella dell'imprenditore, in Australia. La prima volta che si sono visti assieme in pubblico risale a ottobre, a una partita dei mondiali di rugby. Murdoch è stato sposato tre volte (con l'ultima ha divorziato nel 2013) mentre l'ex modella è stata dal 1990 al 1999 la moglie del leader dei Rolling Stones, Mick Jagger: all'epoca il matrimonio fu celebrato con una cerimonia hindù a Bali. Dall'unione sono nati quattro figli.

(AGI)

Roma – Il conflitto nell'Ucraina orientale desta "seria preoccupazione", "il livello degli scontri e' tornato a quello dell'agosto scorso" con decine di "violazioni del cessate il fuoco". E' l'allarme lanciato dall'ambasciatore americano all'Osce, Daniel Baer, che all'AGI ha sottolineato la necessita' di tornare a un "vero cessate il fuoco, primo punto dell'accordo di Minsk", per arrivare a una "soluzione politica" del conflitto. Di fronte all'escalation in corso, ha sostenuto Baer, "serve una decisione della Russia che dica ai ribelli di smettere di combattere, e deporre le armi, lo stesso vale per gli ucraini". L'accordo di Minsk, "resta l'unico modo a disposizione per raggiungere una soluzione politica pacifica, lo abbiamo sempre detto, noi e pure i russi. Il problema – ha accusato – e' che a parole lo sostengono, ma continuano anche a sostenere i combattimenti sul terreno". "Il primo punto" dell'intesa raggiunta a Minsk nel febbraio 2015, ha ricordato l'ambasciatore americano, e' proprio "la cessazione delle ostilita': stiamo cercando da mesi di fare pressioni per un vero cessate il fuoco". Tra i modi per mettere pressione sugli attori coinvolti, ci sono "gli sforzi politici e diplomatici", "sapere cosa succede sul terreno e questo e' il senso delle missioni Osce", con centinaia di osservatori dispiegati sul terreno per riportare quanto avviene. Ma anche "le sanzioni che sono parte del modo per incoraggiare Mosca a cogliere l'opportunita' di disinnescare il conflitto e restano una parte importante della politica per promuovere una soluzione pacifica". (AGI) 

Roma - Forze speciali italiane in Libia contro l'Isis. Nella ridda di ipotesi – spesso contraddittorie – su entità e natura della missione alleata che dovrebbe arginare l'ascesa del sedicente Stato islamico a poca distanza dalle nostre coste, sembra esserci un punto fermo: l'impiego di alcuni dei reparti d'elite che dipendono direttamente dal 'Comando interforze per le operazioni delle forze speciali' che ha il suo quartier generale in quello che è stato il primo campo di volo dell'aviazione italiana, l'aeroporto "Francesco Baracca" di Centocelle (sede anche del Coi, il Comando operativo di vertice interforze, e del Comando della Squadra Aerea). Il Cofs è nato il primo dicembre 2004, allorchè la Difesa Italiana si è dotata, per la prima volta nella sua storia, di uno strumento specifico per la condotta delle cosiddette "operazioni speciali" nei più delicati teatri operativi. Le unità di Forze speciali sono quattro, a cominciare dal 9° Reggimento d'Assalto paracadutisti "Col Moschin" dell'Esercito: è il reparto erede dei reparti d'Assalto della Grande Guerra che combatterono sul Carso e sul Grappa nonché del X Reggimento Arditi, impiegato dietro le linee britanniche nel secondo conflitto mondiale.

L'unità inquadra solo personale in servizio permanente che consegue il brevetto di "incursore" al termine di un difficile e selettivo iter della durata complessiva di due anni con il quale gli operatori vengono messi in condizione di "muovere, sopravvivere e combattere in tutti gli ambienti naturali, da quello montano a quello anfibio e subacqueo". Il Reggimento, inserito nella Brigata paracadutisti "Folgore" e con sede a Livorno, ha partecipato a tutte le operazioni "fuori area" del secondo dopoguerra. Il Goi (Gruppo operativo incursori) è il reparto di Forze speciali della Marina militare erede della X Flottiglia Mas (Motoscafo Armato Silurante) che fu protagonista di leggendarie azioni nel Mar Mediterraneo durante la seconda guerra mondiale. L'unità, inserita nel Raggruppamento Subacquei ed Incursori "Teseo Tesei" (COomsubin) con sede a La Spezia, inquadra soprattutto personale in servizio permanente ed è costituita da operatori che conseguono il brevetto al termine di un difficile iter addestrativo di durata annuale: i militari vengono addestrati ad operare sia nel loro ambiente elettivo (il mare) sia a terra. Il Goi ha partecipato alla gran parte delle operazioni "fuori area" di quest'ultimo dopoguerra, anche insieme – come presumibilmente dovrebbe avvenire in Libia – al "Col Moschin" dell'Esercito. Il 17° Stormo Incursori dell'Aeronautica Militare è l'ultimo nato tra le unità di Forze speciali made in Italy ed eredita le tradizioni degli ADRA (Arditi Distruttori Regia Aeronautica) protagonisti di molte azioni dietro le linee britanniche in Nord Africa durante il secondo conflitto mondiale. L'unità, inserita nella 1.ma Brigata Aerea con sede presso l'aeroporto di Furbara (Roma), è costituita da incursori selezionati ed addestrati mediante una fase della durata di un anno presso il 9° Reggimento d'assalto paracadutisti "Col Moschin" e, successivamente, mediante corsi di taglio più spiccatamente aeronautico.

L'unità ha partecipato alle più recenti operazioni "fuori area". Quanto infine al Gis (Gruppo Intervento Speciale) dei Carabinieri, è stato creato alla fine degli anni '70 per combattere il terrorismo interno. Inserito nella 2^ Brigata Mobile dei Carabinieri, di stanza a Livorno, inquadra personale selezionato presso il 1° Reggimento Carabinieri paracadutisti "Tuscania" ed è addestrato mediante un iter focalizzato essenzialmente sulla condotta di azioni "chirurgiche" connesse con la lotta alla criminalità ed al terrorismo. Il GIS può operare sia quale unità specializzata di polizia, per le esigenze di sicurezza interna alle dipendenze del Viminale, sia quale unità di Forze speciali nelle operazioni "fuori area" alle dipendenze dello Stato Maggiore della Difesa, per il tramite del Cofs. L'azione delle Forze speciali viene normalmente integrata e potenziata da quella di alcune unità di Supporto Operativo: meritano una citazione particolare il 26° Reparto Elicotteri per Operazioni apeciali dell'Esercito, il 4° Reggimento Alpini Paracadutisti "Monte Cervino" e l'11° Reggimento Trasmissioni, tutt'oggi impegnati fianco a fianco degli incursori in Afghanistan. (AGI)

Roma - Un primo "nucleo di valutazione" sul campo, formato da poche unità. Poi, dopo l'analisi dei governi della coalizione, la decisione "politica" sul numero di militari da inviare sul terreno libico. Sono ancora tante le ipotesi operative su un possibile intervento militare antiterrorismo in Libia.

Oggi l'ambasciatore degli Stati Uniti a Roma, John R. Phillips, ha spiegato al 'Corriere della Sera' che per stabilizzare il paese nordafricano "l'Italia potrà fornire fino a circa cinquemila militari". La posizione del governo italiano resta molto prudente, "nessuna fuga in avanti", nessun intervento senza la richiesta esplicita di un governo di unità nazionale libico ma – soprattutto – senza una via libera delle Nazioni Unite. Alla Difesa, comunque, sono pronti a qualsiasi decisione. Le opzioni sul campo prevedono l'invio di un contingente il cui numero puo' variare vai dai 3000 ai 7000 uomini "in totale", comprese le forze francesi e britanniche. (AGI)