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Roma - "Per dirla con una metafora gastronomica, questo è un bel risultato come un buon piatto di tortellini. è difficile dire se dipende dalla pasta fatta a mano, dal brodo di gallina o dal ripieno. Tutte queste cose hanno collaborato e ci hanno dato 300 mila occupati in più in un anno, che mi paiono un grande risultato". Lo ha detto Giuliano Poletti, ministro del Lavoro, commentando ad Agorà su RaiTre i dati diffusi ieri dall'Istat. "Abbiamo fatto scelte giuste – ha precisato Poletti – abbiamo spinto la crescita con gli strumenti che avevamo a disposizione e abbiamo fatto politiche sul lavoro che hanno dato sia maggiore tranquillità alle imprese sul piano normativo, sia una condizione di convenienza sul piano degli incentivi. Questo è il mix che ha funzionato".

"Nell'arco di un paio di settimane ridurremo la possibilità di utilizzazione dei voucher, e lo faremo a seguito di un lavoro di analisi molto attenta perchè non vogliamo buttare il bambino con l'acqua sporca: i voucher hanno aiutato l'emersione dal lavoro nero, ma dobbiamo contrastare chi li usa male", ha detto ancora il ministro del Lavoro. (AGI) 

Berlino - Il Bundeskartellamt, l'Antitrust tedesco, annuncia di aver aperto un'inchiesta su Facebook. Il garante della concorrenza tedesco sospetta che la società Usa abusi della sua posizione dominante sul mercato dei social network per imporre ai suoi utenti delle condizioni di utilizzo dei loro dati personali che violino le leggi sulla protezione dei dati.

"Il sospetto iniziale – spiega l'Antitrust in un comunicato – è che tramite le clausole che utilizza nei suoi servizi per l'utilizzo dei dati dei clienti, Facebook trasgredisca le leggi sulla protezione dei dati". L'istituto intende accertare "quali legami vi siano tra un'eventuale posizione dominante dell'azienda sul mercato e l'utilizzazione di queste clausole". (AGI)

(AGI) – Washington, 2 mar. – Apple e Fbi rinnovano il loro scontro nelle rispettive audizioni tenute ieri davanti al Congresso Usa. “Chiediamo a Apple di togliere il suo cattivo cane da guardia e di lasciarci aprire la serratura” dice il direttore James Comey, rinnovando la sua richiesta a Apple di sbloccare l’iPhone di uno degli autori della strage di San Bernardino. “L’Fbi – replica il responsabile legale di apple, Bruce Sewell – ci chiede di abbassare la guardia sulla sicurezza dei nostri prodotti”. Il repubblicano, Jim Sensenbrenner, nel corso del dibattivo, si e’ rivolto a Apple, sostenendo che “non credo vi piacera’ quello decidera’ il Congresso”. (AGI)
Gaa.

(AGI) – Bruxelles, 2 mar. – Prima riunione ufficiale per la commissione d’inchiesta sulle emissioni inquinanti delle automobili del Parlamento europeo. Istituito nei mesi scorsi a seguito della scandalo dei dispositivi per “ingannare” i test sui motori Volkswagen, oggi lo speciale organismo parlamentare ha eletto presidente e vicepresidenti, oltre a fissare l’agenda dei lavori. Presidente e’ la socialista belga Kathleen Van Brempt, che sara’ affiancata dai quattro vicepresidenti Ivo Belet (Ppe), Mark Demesmaeker (Ecr), Katerina Konecna (Gue) e Karima Delli (Verdi). La prossima seduta a’ stata fissata per il 22 marzo, alle ore 15. La nuova commissione parlamentare, composta da un totale di 45 parlamentari europei e in carica per un anno, dovra’ far luce sulle carenze della Commissione europea nel controllo sui test di prova delle auto, la possibilita’ di imporre agli Stati membri azioni per vietare “impianti di manipolazione” sui sistemi di gas di scarico, e di imporre test di emissioni che riflettono le vere condizioni di guida su strada. “Dobbiamo assicurare che la legislazione ambientale sia forte, ambiziosa e a prova di infrazione oltre a garantire che sia attuata”, ha dichiarato Kathleen Van Brempt subito dopo la sua nomina. (AGI)
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(AGI) – Roma, 2 mar. – Clean Sea, tecnologia proprietaria ideata dai laboratori di ricerca Eni, sara’ per la prima volta utilizzata per il monitoraggio ambientale marino e per le ispezioni delle installazioni offshore (“asset integrity”) nel Mediterraneo e nell’Africa Occidentale. E’ quanto riferisce una nota della societa’. Clean Sea, che e’ il risultato di uno dei piu’ recenti progetti R&D di Eni per la caratterizzazione e protezione ambientale, assicura una migliore tutela dell’ambiente marino grazie all’ aumento di qualita’ e quantita’ dei dati ambientali raccolti a un costo minore rispetto alle tecnologie tradizionali. Clean Sea puo’ essere infatti impiegato utilizzando navi di supporto di dimensioni estremamente ridotte, diminuendo i costi legati alla logistica ed offrendo un’opzione vantaggiosa dal punto di vista economico rispetto alle tecnologie attualmente in uso. Puo’ essere adottato in quegli ambienti marini dove si rendano necessari un’ispezione e un monitoraggio della qualita’ dell’acqua accurati, ampliando il proprio campo di applicazione anche ad ambiti diversi da quello tradizionale dell’Oil&Gas. Il robot, con tecnologia testata con successo in diversi ambienti marini, e’ un veicolo subacqueo avanzato caratterizzato da sensori intercambiabili, progettato per usare un unico sistema integrato veicolo/sensori. Inoltre ha la capacita’ di variare in tempo reale ed in maniera autonoma la propria strategia di missione, in funzione della risposta dei sensori, ottimizzando il costo e la durata della rilevazione. Clean Sea puo’ essere usato in modalita’ AUV (Autonomous Underwater Vehicle – veicolo autonomo sottomarino) o ROV (Remotely Operated Vehicle – veicolo telecomandato controllato in superficie) risultando quindi piu’ versatile delle tecnologie unicamente ROV. Eni realizzera’ due basi logistiche, in Angola per la regione dell’Africa occidentale, e in Sicilia, per la regione del Mediterraneo, con un team operativo dedicato alle attivita’ di routine globali. Per il bacino del Mediterraneo Clean Sea verra’ gestito a Gela da Enimed. A partire dal primo trimestre 2016, due squadre si occuperanno della manutenzione e del funzionamento del veicolo fornendo sostegno ai servizi subacquei in tutto il Mar Mediterraneo. Tra le operazioni pianificate, le ispezioni di routine lungo la costa e i rilevamenti del fondale marino e delle acque ai fini del monitoraggio ambientale. (AGI)
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(AGI) – Roma, 2 mar. – Sara’ un 2016 denso di novita’ per il vehicle sharing targato Eni, a partire dall’ultimo arrivato, lo scooter, che a breve sbarchera’ a Roma. Ma il primo grande impegno di Enjoy sara’ rendere sempre piu’ disponibile e in movimento la propria flotta nelle citta’ in cui il servizio e’ attivo. E’ uno dei principi della sharing mobility: assicurare che il maggior numero di veicoli in condivisione circoli e sia fruibile per tutti. Enjoy ha quindi deciso, a partire dal 5 aprile, di introdurre la tariffa unica per le auto, eliminando quella relativa alla sosta. Il prezzo di 25 cent/min, sottolinea una nota, rimane quello piu’ competitivo sul mercato e anzi, lo sara’ ancor di piu’ grazie alla contemporanea riduzione della tariffa giornaliera da 60 a 50 euro, per andare incontro a chi ha necessita’ di usare l’auto per un periodo di tempo prolungato. Tanti veicoli sempre piu’ in movimento ed una user experience altamente digitalizzata, che permettera’ agli oltre 450.000 utenti, e a quelli che arriveranno nelle nuove citta’ in cui Enjoy sbarchera’ nei prossimi mesi, di avere sempre piu’ il controllo del noleggio “in un palmo di mano”. Infine, auto e scooter Enjoy offriranno ulteriori servizi per le famiglie, per chi viaggia spesso o e’ appassionato di musica, grazie a una serie di nuove e importanti partnership. I mezzi Enjoy sono ad oggi piu’ di 2200, girano per Roma, Firenze, Torino, Milano e in 6 Comuni della sua Area Metropolitana. (AGI)
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(AGI) – Mosca, 2 mar. – Novatek, il maggiore produttore privato di gas in Russia, sta discutendo con il Cremlino la possibilita’ di avere accesso all’export di gas via tubo verso l’Europa, privilegio finora del solo colosso pubblico Gazprom. Secondo quanto ha scritto oggi il quotidiano Vedomosti, il ministero dell’Energia, su indicazione di Vladimir Putin, ha gia’ esaminato la proposta della societa’ guidata dall’uomo piu’ ricco della Federazione, Leonid Mikhelson.
Il giornale fa riferimento a una lettera del ministro dell’Energia Aleksandr Novak indirizzata a Putin e datata 18 febbraio. Diverse fonti hanno confermato l’esistenza di tale missiva, secondo la quale Novatek chiede di esportare gas verso il Vecchio Continente attraverso Gazprom Export, in modo da “conservare il principio di un unico canale di esportazione” quello riservato al monopolista statale Gazprom. Le fonti del quotidiano raccontano che Novatek si e’ rivolta a Putin senza discutere prima con Gazprom la sua proposta, ma questo non significa che vi sia un tentativo di fare pressione sul monopolista di Stato. “Si tratta di una questione importante per lo Stato e che deve decidere il presidente”, ha detto a Vedomosti uno degli interlocutori.
Novatek chiede di autorizzare il trader svizzero Novatek Gaz & Power Gmb (Ngp) a fornire ai consumatori europei il gas prodotto dalla Arcticgaz, la joint-venture della compagnia energetica con GazpromNeft. Il ministro Novak ha consigliato a Putin di sostenere tale proposta, prevedendo entrate per il bilancio pari a 9,4 miliari di rubli, derivati dai dazi sull’export. Per attuare la proposta, Gazprom dovrebbe acquistare il gas di Arcticgaz al prezzo netback di esportazione, ha spiegato una fonte nel settore.
A dicembre 2015, e’ stato scritto che il ministero dell’Energia non ha intenzione di permettere ai produttori indipendenti di esportare attraverso pipeline fino al 2025. A giugno scorso, la major energetica pubblica Rosneft aveva proposto di dividere Gazprom in due strutture per eliminare il conflitto di interesse: la societa’ risulta infatti sia monopolizza della produzione di gas che del suo trasporto. (AGI)
Ruy/Mau

di Ivana Pisciotta

Roma – Il Giappone rappresenta un'opportunita' per le nostre imprese, e l'Italia sta attraendo sempre piu' gli interessi degli imprenditori nipponici. Le nostre imprese devono pero' darsi da fare, comprendere anche un nuovo modo di fare 'business' e avere piu' coraggio, il paese del Sol Levante non li deludera': questo il messaggio lanciato da Daniele Di Santo, presidente e fondatore della Japan Italy Economic Federation, organismo nato nel gennaio 2015, vicino alla locale confindustria, che raccoglie molte tra le piu' rilevanti aziende e gruppi finanziari giapponesi con interessi distribuiti tra Italia e Giappone, istituzioni e realtà associative. Le relazioni tra i due paesi sono sempre state ottime, anche se con qualche battuta d'arresto: ad esempio, fa rilevare Di Santo, fino a 15 anni fa il Giappone importava il 95% dell'olio di oliva dall'Italia, ora la percentuale e' scesa al 45% a tutto vantaggio di altri paesi nostri concorrenti come Spagna e Grecia. Cos'e' successo nel frattempo? Eppure il Giappone subisce sempre un certo fascino per la nostra cultura e per le nostre tradizioni e quindi anche per i nostri prodotti. E non solo. Le istituzioni stesse sono interessate ad uno scambio di conoscenze con il nostro paese, ad esempio come dimostra la recente visita organizzata dal comune di Fukuoka, citta' nel sud est del paese, polo commerciale e industriale in costante ascesa, dove e' stata guidata una delegazione di imprenditori anche italiani a conoscere i territori di Yanagawa, Omuta, Yame gia' molto note in Giappone e nella vicina Asia come poli di eccellenza manufatturiera e agroalimentare. Quindi l'Italia resta a guardare? "Non proprio, gli imprenditori italiani sono molto interessati al Giappone, e molti di loro hanno investito e contano di farlo anche se ci vuole un po' piu' di coraggio e di coordinamento", osserva Di Santo che illustra anche scopo e obiettivi dell'organismo da lui presieduto.

"Non siamo la solita organizzazione – spiega – ne' un gruppo che comprende interlocutori autoreferenziali, ne' tantomeno meri osservatori". Il Jjef e' infatti un organismo nato nel gennaio 2015, vicino alla locale confindustria, e si tratta di un gruppo di relazioni e interessi che utilizzando la propria posizione rappresentativa e la rete di conoscenze posseduta, dialoga direttamente con le autorita' sostenendo le istanze dei propri membri. "Il nostro obiettivo – spiega Di Santo – e' quello di sostenere investimenti e non solo, di promuovere il meglio del made in Italy, e rafforzare l'interesse del Belpaese nei confronti di questa antica e prestigiosa cultura asiatica. Interesse che non si limita alle tradizioni, ma anche al know how dei giapponesi in campo tecnologico avanzato e nei piu' diversi comparti economici". L'attrazione e' insomma reciproca, e i giapponesi sono interessati all'Italia come nuovo mercato dalle enormi potenzialita': basti pensare, solo per citare gli ultimi esempi in ordine di tempo, all?acquisizione della Hitachi di Ansaldo STS e Ansaldo Breda, o quella della Mitsubishi di DelClima di proprietà della De Longhi. Il made in Italy in Giappone e' in ascesa, un aumento che e' costante nel tempo anche se non si tratta di un vero e proprio exploit visto che la crisi ha frenato gli investimenti: secondo gli ultimi dati della Sace, ad esempio, se nel 2013 si era registrato un aumento del 6,9% (pari a 6 miliardi), il 2014 ha segnato invece una battuta d'arresto con il -10,9% a 5,4 mld. Ma dall'anno scorso, si sta registrando un rialzo moderato che portera' ad una crescita media potenziale di 2,1 miliardi entro il 2018. Nel 2015, l'export e' aumentato del 3,4% a 5,5 miliardi e salira' quest'anno del 4% a 5,8 miliardi, nel 2017 a 6,1 miliardi e del 5,5% nel 2018 a 6,4 miliardi. Tutto cio' nonostante il fatto che il rallentamento della Cina e di alcuni maggiori partner asiatici abbiano comunque influito sull'andamento degli investimenti produttivi. "Credo che indubbiamente – spiega Di Santo – gli imprenditori italiani abbiano intuito che con la terza potenza economica mondiale, dopo gli Stati Uniti e la Cina, gli sbocchi professionali e le potenzialita' di investimento siano molteplici". In realta', fino a ieri, i principali investitori esteri sono stati gli Usa, i Paesi bassi e soprattutto la Francia: l'Italia sembrava frenata dalla percezione di un mercato chiuso e costoso. "Non e' cosi' – ribatte il presidente di Jjef – in realta' il Giappone e' molto aperto rispetto al passato, ha per cosi' dire ammorbidito lo strumento delle barriere tariffarie e non tariffarie e investire nel paese del Sol Levante. E ora che la Cina e' indebolita e altre realta' del sud est asiatico sono sature, il Giappone puo' rappresentare una svolta". Va ad se' che i due paesi si trovano peraltro ad affrontare complessi problemi comuni, tra cui l'approvigionamento energetico, calamita' naturali, conservazione dell'ambiente e invecchiamento della popolazione. "Si aprono – prosegue Di Santo – interessanti opportunita' di cooperazione in settori innovativi come energie rinnovabili, robotica, prodotti chimici e farmaceutici". Ma c'e' anche qualcosa che frena: colpa anche della crisi, molti imprenditori italiani sembrano bloccati. "C'e' un fattore importante e che invece viene spesso sottovalutato, ed e' un diverso modo di fare business. I giapponesi appaiono piu' rilassati", osserva Di Santo. "Sono abituati a prendere contatto, a studiare le forme di business possibili, non sono insomma propensi ad un tipo di investimento 'mordi e fuggi'". Attitudine tipicamente occidentale e che invece "li pone insicuri, ansiosi e meno disponibili". Questo il 'consiglio' di Di Santo: "Non avere fretta, sedersi attorno ad un tavolo e trovare la quadra. La cosiddetta firma, che rappresenta per gli imprenditori occidentali la cosa piu' importante, e' invece per i giapponesi quasi un dettaglio. Quello che importa e' la sostanza dell'accordo stesso".

Il presidente del Jief prende come esempio il settore alimentare, come tra quelli di eccellenza per cimentarsi in varie forme di business: "A partire dalla meta' degli anni Novanta l'export italiano ha registrato un vero e proprio boom e recentemente anche la cucina giapponese sta registrando un grande interesse". Il settore potrebbe garantire ulteriori e notevoli margini di espansione per i produttori italiani sia per quelli giapponesi: forti anche del successo ottenuto ad Expo, ci sono ora moltissimi imprenditori asiatici che puntano al nostro mercato. Tra migliaia di casi, Mitsuyasu ceo di una societa' che produce sake' (la famosa acquavite giapponese) punta a distribuire il prodotto, che ha battezzato Bijin, anche in Italia dopo il successo ottenuto in Spagna e Regno Unito. Un sake' tutto al femminile, con tanto di cristallo swaroski incastonato nella bottiglia. "Molti sono interessati – dice il manager – ma con nessuno di loro e' stata ancora avviata una trattativa. Trovo un sacco di difficolta' proprio a portare avanti il discorso in termini di business avanzato. E' come se gli imprenditori italiani si sentissero frenati". E ribatte Di Santo: "Coraggio e curiosita' sono le chiavi del successo per chi vuole investire in Giappone, dove ci si puo' contare su ampie riserve di liquidita' e dove anche l'accesso al credito non si trasforma in un vero e proprio incubo, cosi' come accade in molti altri paesi". Tra l'altro, la popolazione giapponese benche' costituisca solo il 3% di tutta l'Asia, in realta' rappresenta ben oltre il 50% di tutta la domanda in ambito retail: insomma per le imprese italiane, che in Italia sono perlopiu' piccole e medie, il Giappone non e' mai stato cosi' vicino. (AGI)

Roma – Il vino ha fatto segnare nel 2015 il record storico nelle esportazioni che hanno raggiunto il valore di 5,4 miliardi con un aumento del 575% rispetto a 30 anni fa quando erano risultate pari ad appena 800 milioni di euro.è quanto affermano la Coldiretti e la Fondazione Symbola sulla base del Dossier 'Accadde domani. A 30 anni dal metanolo il vino e il made in Italy verso la qualita''.

Trenta anni fa nel marzo 1986 in seguito alle segnalazioni di alcuni casi di avvelenamento registrati a Milano,è dato l'incarico al sostituto procuratore della Repubblica Alberto Nobili di fare luce su quello che sarebbe stato un clamoroso scandalo del settore alimentare: il vino al metanolo. Vittime, decine di intossicati, inchieste giudiziarie e l'immagine del Made in Italy alimentare drammaticamente compromessa in tutto il mondo, ma anche un nuovo inizio con la rivoluzione che ha portato il vino italiano alla conquista di storici primati a livello nazionale, comunitario ed internazionale.

Il risultatoè che oggi nel mondo 1 bottiglia di vino esportata su 5è fatta in Italia che si classifica come il maggior esportatore mondiale di vino. Il 66% delle bottiglie di vino esportate dall'Italia sono Dog/Doc o Igt. In termini di fatturato il primo mercato del vino Made in Italy con il valore record delle esportazioni di 1,3 miliardi di euro sono diventati gli Stati Uniti che hanno sorpassato la Germania che rimane sotto il miliardo davanti al Regno Unito con oltre 700 milioni di Euro. Ma negli ultimi anni si sono aperti nuovi mercati prima inesistenti come quello della Cina dove le esportazioni di vino hanno superato gli 80 milioni di euro nel 2015.

Nel 2015 rispetto all'anno precedente le vendite hanno avuto un incremento in valore di oltre 13% negli Usa, mentre nel Regno Unito l'export cresce dell'11% e la Germania rimane sostanzialmente stabile. In Oriente le esportazioni sono cresciute sia in Giappone sia in Cina rispettivamente in valore del 2% e del 18%. Negli Stati Uniti – continuano Coldiretti e Symbola – sono particolarmente apprezzati il Chianti, il Brunello di Montalcino, il Pinot Grigio, il Barolo e il Prosecco che piace pero' molto anche in Germania insieme all'Amarone della Valpolicella ed al Collio.

Lo spumanteè stato il prodotto che ha fatto registrare la migliore performance di crescita all'estero con le esportazioni che sfiorano per la prima volta il record storico del miliardo di euro nel 2015. Il risultatoè che all'estero si sono stappate piu' bottiglie di spumante italiano che di champagne francese, con uno storico sorpasso con il 2015 che si chiude con volumi esportati pari ad una volta e mezzo quelli degli spumanti transalpini (+50%). Nella classifica delle bollicine italiane piu' consumate nel mondo ci sono nell'ordine il Prosecco, l'Asti, il Trento Doc e il Franciacorta che ormai sfidano alla pari il prestigioso Champagne francese. Per quanto riguarda le destinazioni, la classificaè guidata dal Regno Unito con circa 250 milioni di euro e un incremento del 44% nel 2015, ma rilevanti sono anche gli Stati Uniti con circa 200 milioni ed un aumento del 26% a valore.(AGI) 

(AGI) – Roma, 2 mar. – Il vino ha fatto segnare nel 2015 il record storico nelle esportazioni che hanno raggiunto il valore di 5,4 miliardi con un aumento del 575% rispetto a 30 anni fa quando erano risultate pari ad appena 800 milioni di euro. E' quanto affermano la Coldiretti e la Fondazione Symbola sulla base del Dossier 'Accadde domani. A 30 anni dal metanolo il vino e il made in Italy verso la qualita''. Trenta anni fa nel marzo 1986 in seguito alle segnalazioni di alcuni casi di avvelenamento registrati a Milano, e' dato l'incarico al sostituto procuratore della Repubblica Alberto Nobili di fare luce su quello che sarebbe stato un clamoroso scandalo del settore alimentare: il vino al metanolo. Vittime, decine di intossicati, inchieste giudiziarie e l'immagine del Made in Italy alimentare drammaticamente compromessa in tutto il mondo, ma anche un nuovo inizio con la rivoluzione che ha portato il vino italiano alla conquista di storici primati a livello nazionale, comunitario ed internazionale. Il risultato e' che oggi nel mondo 1 bottiglia di vino esportata su 5 e' fatta in Italia che si classifica come il maggior esportatore mondiale di vino. Il 66% delle bottiglie di vino esportate dall'Italia sono Dog/Doc o Igt. In termini di fatturato il primo mercato del vino Made in Italy con il valore record delle esportazioni di 1,3 miliardi di euro sono diventati gli Stati Uniti che hanno sorpassato la Germania che rimane sotto il miliardo davanti al Regno Unito con oltre 700 milioni di Euro. Ma negli ultimi anni si sono aperti nuovi mercati prima inesistenti come quello della Cina dove le esportazioni di vino hanno superato gli 80 milioni di euro nel 2015. Nel 2015 rispetto all'anno precedente le vendite hanno avuto un incremento in valore di oltre 13% negli Usa, mentre nel Regno Unito l'export cresce dell'11% e la Germania rimane sostanzialmente stabile. In Oriente le esportazioni sono cresciute sia in Giappone sia in Cina rispettivamente in valore del 2% e del 18%. Negli Stati Uniti – continuano Coldiretti e Symbola – sono particolarmente apprezzati il Chianti, il Brunello di Montalcino, il Pinot Grigio, il Barolo e il Prosecco che piace pero' molto anche in Germania insieme all'Amarone della Valpolicella ed al Collio. Lo spumante e' stato il prodotto che ha fatto registrare la migliore performance di crescita all'estero con le esportazioni che sfiorano per la prima volta il record storico del miliardo di euro nel 2015. Il risultato e' che all'estero si sono stappate piu' bottiglie di spumante italiano che di champagne francese, con uno storico sorpasso con il 2015 che si chiude con volumi esportati pari ad una volta e mezzo quelli degli spumanti transalpini (+50%). Nella classifica delle bollicine italiane piu' consumate nel mondo ci sono nell'ordine il Prosecco, l'Asti, il Trento Doc e il Franciacorta che ormai sfidano alla pari il prestigioso Champagne francese. (AGI)
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