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AGI – Cugino “più piccante” e “frizzante” dello yogourt, con la consistenza cremosa di uno yogurt, il kefir – come lo stesso yogurt – contiene poco o niente lattosio, “quindi può essere adatto a persone che soffrono d’intolleranza ai latticini”.
“C’è da migliaia d’anni”, scrive il Washington Post, è fatto con latte di mucca o di capra e colture vive chiamate “grani di kefir”, che sono grumi di microbi gelatinosi composti da batteri e lieviti. Il latte viene versato sui chicchi, che possono essere riutilizzati all’infinito perché “i grani di kefir fermentano lo zucchero naturale nel latte, il lattosio, e 24 ore dopo si ha la bevanda a base di latte”.
Tuttavia le proprietà nutritive del kefir sono simili a quelle dello yogurt per le proteine e per il calcio, anche se le “quantità di nutrienti contenute variano leggermente a seconda della marca”, precisa il giornale. In ogni caso, il kefir “è un’ottima aggiunta alla dieta, perché ha un contenuto di batteri probiotici più elevato e diversificato”, sottolinea la nutrizionista di Consumer Reports Amy Keating, per la quale il kefir ha una buona quantità e varietà di microbi sani e proprio la diversità “fa sì che i probiotici si riproducano nell’intestino” con risultati benefici in generale per la salute di tutto il corpo, perché “i probiotici aiutano ad neutralizzare il cibo, sintetizzare le vitamine, impedire ai batteri che causano malattie di prendere il sopravvento e possono persino rafforzare l’immunità”.
I probiotici, infatti, “producono composti bioattivi, come gli acidi grassi a catena corta che hanno effetti antinfiammatori che possono aiutare problemi sistemici come la gestione del colesterolo e la sintesi dei neurotrasmettitori”, afferma Sotiria Everett, medico di famiglia allo Stony Brook Medicine di New York.
In un recente studio della Stanford University i ricercatori hanno inoltre capito che una dieta a base di alimenti fermentati “aumenta la diversità del microbioma e diminuisce i marcatori di infiammazione nel corpo”.
AGI – Nella linea paterna di Ludwig van Beethoven sembra essersi verificato un evento extraconiugale, che potrebbe aver provocato una particolare divergenza nell’albero genealogico del compositore. Questi, in estrema sintesi, sono i risultati di uno studio, pubblicato sulla rivista Current Biology, condotto dagli scienziati dell’Università di Cambridge, del Beethoven Center San Jose, dell’American Beethoven Society, dell’University Hospital di Bonn, dell’Università di Bonn, del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, della Katholieke Universiteit Leuven e di FamilyTreeDNA. Il gruppo di ricerca, guidato da Tristan Begg, ha esaminato cinque ciocche di capelli, comprovate autentiche, risalenti agli ultimi sette anni di vita del famoso compositore e ottenute grazie a collezionisti privati.
Nel 1802 Beethoven chiese al proprio medico di lasciare degli scritti per descrivere la malattia che lo stava corroborando e da allora la scienza si interroga sui motivi alla base del peggioramento della sua salute, come la progressiva perdita dell’udito che lo ha portato alla sordità nel 1818. L’analisi al dna rivela che Beethoven aveva contratto l’epatite B, il che, insieme al consumo significativo di alcol, potrebbe aver contribuito alla sua prematura dipartita nel 1827, a 56 anni.
I ricercatori non hanno tuttavia individuato una causa definitiva per i problemi clinici del compositore, ma hanno scoperto una serie di fattori di rischio genetici legati alle malattie del fegato. Dalla cirrosi all’ittero fino all’epatite B, il musicista sembra infatti aver sperimentato diverse problematiche epatiche nel corso della propria esistenza. “I diari che Beethoven ha utilizzato nell’ultimo decennio della propria vita – osserva Begg – sembrano suggerire che facesse un consumo regolare di alcol, anche se è difficile stimarne la quantità precisa. Questo comportamento, insieme ai fattori di rischio genetici, potrebbe aver contribuito alla manifestazione della cirrosi”.
Per quanto riguarda invece la perdita dell’udito, sono state formulate varie ipotesi, e gli scienziati non hanno identificato una semplice origine genetica di questo disturbo. “Sebbene non sia stato possibile identificare una chiara base genetica per la problematica più nota di Beethoven – commenta Axel Schmidt dell’Istituto di Genetica Umana presso l’Ospedale Universitario di Bonn – non possiamo escludere questa possibilità. Comprendere le motivazioni che hanno portato il compositore a perdere la capacità di sentire i suoni potrebbe aiutarci a contrastare l’ipoacusia”.
Il lavoro ha inoltre dimostrato che le precedenti ipotesi relative all‘avvelenamento da piombo del musicista erano fondate sull’analisi di campioni di dna appartenenti in realtà a una figura femminile. Pur non essendo in grado di ricostruire con precisione le dinamiche del decesso del musicista, i ricercatori hanno effettuato un’altra scoperta interessante nel suo albero genealogico. Analizzando la genetica dei familiari di Beethoven, gli studiosi hanno infatti individuato le prove di una relazione adulterina nella linea paterna del compositore, che avrebbe generato un parente illegittimo intorno al 1572, circa sette generazioni prima della nascita di Ludwig.
“Abbiamo notato una discrepanza tra la genealogia familiare e quella biologica – riporta Maarten Larmuseau, della Katholieke Universiteit Leuven – il mancato ritrovamento del documento battesimale di Beethoven aveva sollevato dubbi da parte degli storici sulla sua famiglia, ma non sappiamo ancora rispondere ad alcuni interrogativi sulla vita del grande compositore”. “Speriamo che il nostro lavoro possa contribuire a risolvere alcuni dei misteri che avvolgono la figura di Ludwig van Beethoven – conclude Begg – sulla sua salute, sulla sua morte e il suo albero genealogico”.
AGI – Alfredo Cospito ha avuto martedì una crisi cardiaca dalla quale si è ripreso dopo l’intervento dei sanitari del San Paolo che gli hanno somministrato del potassio. Lo ha riferito l’anarchico all’avvocato Benedetto Ciccarone che era andato a trovarlo per un colloquio.
“Alfredo mi ha detto che poco prima del nostro colloquio ha avvertito un tremore alla mano e un dolore al petto e ha avvisato la guardia – questo il racconto dell’avvocato Ciccarone al collega Flavio Albertini Rossi, titolare della difesa di Cospito -. Dopo dieci minuti è arrivata l’infermiera col medico urlando e dicendo che avevano visto dal monitoraggio un problema. Erano molto preoccupati e dicevano che stava morendo. Gli hanno somministrato il potassio con l’ago a farfalla che ha sempre in vena perchè secondo i medici bisognava intervenire subito. Alfredo ha aggiunto di avere visto un foglio col tracciato del cuore da cui si vedeva un grosso sbalzo. Poi la situazione è rientrata e si è stabilizzata”.
Ciccarone ha riferito il risultato di un’elettromiografia a cui Cospito è stato sottoposto nelle ultime ore: “Gli è stato detto che rischia una paralisi per tutta la vita e comunque dei danni irreversibili potrebbero già essere intervenuti e non è detto che recuperi la funzionalità che aveva prima”.
Negli ultimi giorni, sempre stando a quanto riferito da fonti della difesa, il detenuto fatica a camminare a causa di un problema al piede dovuto alla carenza di vitamine.
AGI – ll Ceo di TikTok, Shou Zi Chew, dirà domani nell’audizione al Congresso che l’app non ha mai condiviso dati con il governo cinese, nè mai lo farà. Chew sottolineera’ che vietare l’app negli Stati Uniti danneggerebbe le imprese americane e l’economia del paese. È quanto si legge nelle osservazioni preparate per la sua testimonianza e appena pubblicate.
“Crediamo che un divieto che danneggi le piccole imprese americane, danneggi l’economia del paese, zittisca le voci di oltre 150 milioni di americani e riduca la concorrenza in un mercato sempre più concentrato sia la soluzione a un problema risolvibile”, afferma Chew nella testimonianza resa pubblica.
“Consentitemi di affermarlo in modo inequivocabile: ByteDance non è un agente della Cina o di qualsiasi altro paese. Piuttosto, il nostro approccio è stato quello di lavorare in modo trasparente e cooperativo con il governo degli Stati Uniti e Oracle per progettare soluzioni solide per affrontare le preoccupazioni sull’eredità di TikTok” Ha continuato.
“Non vediamo l’ora di collaborare con il Comitato per sviluppare regole chiare e coerenti per l’intero settore”.
L’inizio della fine. Destiny 2: L’Eclissi è, in ordine di pubblicazione, l’ultima espansione del kolossal targato Bungie, nonché la penultima puntata della saga di Luce e Oscurità che sin dal primissimo capitolo della serie intrattiene i fan a suon di macchinazioni, segreti e ludibrio binario. Una produzione teoricamente prepotentemente incentrata sulla venuta del Testimone e del furioso scontro contro l’Imperatore Calus, uno dei personaggi più emblematici dell’intera lore di Destiny.
Insieme all’aspetto squisitamente narrativo, correlato a doppio filo all’avanzamento di una storyline, Bungie serve sul piatto nuove missioni, inedite attività multigiocatore, un loot pool decisamente ricco e parecchi miglioramenti in ambito quality of life in grado – potenzialmente – di rendere Destiny un titolo migliore, eppure un interrogativo rimbalza da una parte all’altra delle coclee del videogiocatore: quanto offerto è abbastanza da giustificarne l’acquisto?
La risposta, diciamolo subito, è quella che ogni amante del gioco non vorrebbe mai ricevere: no.
Lungi dall’essere insufficiente, L’Eclissi prende le mosse da una nuova ambientazione, Neomuna, una tecnologica quanto caleidoscopica città sotto assedio sita su Nettuno che ricorda, in alcune sezioni, quanto esperito su Venere nel primissimo Destiny. Una guerra contro le forze del Male che sulla carta sarebbe davvero interessante, ma che in pratica si risolve in un (quasi) nulla di fatto.
Piuttosto che investire costruendo una degna rappresentazione dello sconto con Calus, l’intera vicenda narrata sembra quasi essere stata intessuta appositamente per poter rappresentare quell’ideale filler tra La Regina dei Sussurri e The Final Shape, ergendosi a perfetto esempio di occasione potentemente sprecata. Anche la modalità Leggendaria proposta dalla Campagna, sebbene più complessa e interessante rispetto alla modalità normale, non raggiunge vette qualitative raggiunte dal precedente DLC, mancando il bersaglio anche in quanto a durata lorda.
Leggermente più positive le considerazioni circa il nuovo raid, La Radice degli Incubi, che sebbene non sia certamente ascrivibile tra quelli con le meccaniche più complesse, risulta gradevole e con drop interessanti anche dal punto di vista prettamente estetico. Non male la nuova attività su Neomuna che ricorda moltissimo quella, ad orde, già presente sulla Luna. A chiudere l’esigua lista di contenuti disponibili concorrono qualche impresa esotica, latrice di interessanti armi inedite, tutti i segreti raccoglibili su Neomuna e il nuovo assalto a tema Vex.
Un more of the same che stavolta lascia davvero a bocca asciutta: pare come se mancasse qualcosa, se effettivamente questa espansione sia stata meno curata delle precedenti, in particolar modo se raffrontata a quella subito prima, dedicata a Savathun. Neomuna appare spoglia, nella sua complessità architettonica, non dando assolutamente l’idea di una città sotto assedio.
In generale L’Eclissi è la sagra del riciclo. A parte la nuova classe Telascura, che permette effettivamente di trasformarci, fra l’altro, in perfetti emuli di Spider-Man, poco o nulla di nuovo è stato inserito – a livello di gameplay – nell’ambito del tessuto connettivo di Destiny 2. Ad ulteriore detrimento di un’esperienza così così intervengono anche i praticamente assenti cambiamenti apportati alle modalità Azzardo e Crogiolo. È chiaro l’intento di Bungie di concentrare le proprie risorse sul single player, ma è innegabile anche come quella commistione di PvP e PvE che aveva reso popolare il franchise in precedenza stia venendo meno sempre più.
Come detto in apertura di recensione, assieme a L’Eclissi sono stati introdotte parecchi aggiornamenti che esulano dal gameplay vero e proprio ma che migliorano enormemente la fruibilità del titolo. Tanto per cominciare, è stata introdotta la possibilità di salvare loadout personalizzati, swappabili al volo, così come un sistema di ranking che, in maniera maggiormente preponderante rispetto ai Trionfi, guidano per mano il videogiocatore alla scoperta dei bit ludici più interessanti dell’opera.
Come se non bastasse, la gestione delle mod è stata migliorata e resa più immediata, inoltre è stato implementato un sistema di encomi che permette di elogiare, nel caso si intendesse farlo, ciascun guardiano al termine di qualsivoglia attività intrapresa in team.
Destiny 2: L’Eclissi sorprende, sì, ma per il motivo sbagliato. Sebbene non scevra da elementi positivi, tra cui l’innegabile bontà del gunplay e delle migliorie quality of life, la produzione Bungie delude dal punto di vista della Campagna, della storia narrata e dal quasi totale immobilismo rispetto a modalità quali Azzardo e Crogiolo. L’appuntamento con l’eccellenza, dopo un’ottima espansione quale è stata La Regina dei Sussurri, è rimandato (forse) di un anno, con The Final Shape.
L’articolo Destiny 2: L’Eclissi – Recensione proviene da GameSource.
AGI – Non solo petrolio, ma anche – e soprattutto – gas. Vladimir Putin e Xi Jinping hanno raggiunto un accordo sul gigantesco progetto del gasdotto Siberian Force 2, simbolo della volontà di Mosca di reindirizzare la propria economia verso l’Asia a fronte delle sanzioni internazionali. “Tutti gli accordi sono stati conclusi” per l’attuazione del progetto Siberian Force 2, ha affermato Putin dopo le discussioni tra le delegazioni russa e cinese al Cremlino.
“Al momento della messa in servizio”, ha detto, “50 miliardi di metri cubi di gas” passeranno attraverso questo gasdotto lungo 2.600 chilometri che collegherà la Siberia allo Xinjiang cinese (nord-ovest), attraverso le steppe della Mongolia. Il leader russo, però, non ha fornito dettagli sui tempi del progetto, che deve completare un gasdotto già esistente, Siberian Force, che parte dall’estremo oriente russo. L’annuncio consentirà alla Russia di aumentare significativamente le sue consegne di gas alla Cina, in un momento in cui la sua economia deve allontanarsi dal mercato europeo dopo le sanzioni seguite all’invasione dell’Ucraina.
Le quantità previste di consegne a termine rappresentano quasi quanto il Nord Stream 1 (55 miliardi di metri cubi) prima della sua chiusura a seguito del sabotaggio nel settembre 2022. Obiettivo “entro il 2030”: consegnare complessivamente almeno 98 miliardi di metri cubi di gas e 100 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto (Lng) all’alleato cinese, ha promesso il leader russo. Vladimir Putin ha assicurato al suo omologo Xi Jinping che la Russia è stata in grado di soddisfare “la crescente domanda di energia della Cina”, mentre gli idrocarburi russi sono sanzionati in Occidente. Nella dichiarazione congiunta finale, i due presidenti hanno sottolineato la volontà di “perseguire una partnership ancora più stretta nel settore energetico”.
Record di consegne di gas il lunedì
Il gigante statale russo Gazprom ha annunciato di aver battuto ieri il record di consegne giornaliere attraverso il gasdotto Siberian Force, che attualmente collega i giacimenti di gas nell’Estremo Oriente russo al nord-est della Cina. “Lunedì Gazprom ha stabilito un nuovo record storico per le forniture giornaliere di gas alla Cina”, ha dichiarato Gazprom in un comunicato, senza fornire cifre specifiche.
L’anno scorso, le consegne di gas attraverso Siberian Force alla Cina hanno raggiunto il massimo storico di 15,5 miliardi di metri cubi. Entro il 2025 Mosca intende moltiplicare per 2,5 le sue esportazioni attraverso questa infrastruttura, fino a 38 miliardi di metri cubi all’anno. Ben consapevole delle potenzialità di questo gasdotto, Vladimir Putin lo aveva definito domenica su un giornale come “l’affare del secolo”.
“Priorità” all’economia
Costretto a trovare nuovi mercati di sbocco per le materie prime russe, Vladimir non ha nascosto la volontà di fare della Cina il suo principale partner economico, a rischio, secondo alcuni osservatori, di diventare un vassallo di Pechino. “La cooperazione commerciale ed economica è una priorità nei rapporti tra Russia e Cina”, ha detto Putin, affermando di aspettarsi scambi che nel 2023 “supereranno la soglia” di 200 miliardi di dollari, che costituirebbe un nuovo record dopo quello del 2022 (185 miliardi).
Il leader del Cremlino si è detto anche “pronto a creare un organismo di lavoro congiunto per lo sviluppo della Rotta del Mare del Nord”, una delle rotte attraverso le acque ghiacciate dell’Artico, ora più facilmente navigabile a causa dello scioglimento dei gelati. Mosca si augura che questa rotta consenta alla fine di aumentare il trasporto di idrocarburi verso l’Asia, in particolare quelli prodotti nell’Artico russo, collegando gli oceani Atlantico, Pacifico e Artico. Vladimir Putin ha anche sottolineato l’importanza di sviluppare le infrastrutture ferroviarie tra Russia e Cina. E si è detto favorevole “all’uso dello yuan cinese negli insediamenti tra la Russia e paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina”, un altro modo per accelerare la de-dollarizzazione della sua economia e il perno della Russia verso l’Asia.
AGI – “La nostra è una riforma strutturale delle politiche della terza età. Sono molto soddisfatta del risultato ottenuto in 150 giorni: abbiamo lavorato con molti ministeri, collaborato con le realtà del terzo settore e con le categorie professionali. L’unità trovata in Parlamento, senza nemmeno un voto contrario, premia il lavoro serio e puntuale che abbiamo svolto”.
Maria Teresa Bellucci, viceministro al Lavoro e alle Politiche sociali, non nasconde all’AGI l’entusiasmo per il via libera al ddl Anziani. Un patto per la terza età che attua la ‘missione 5, componente 2, riforma 2’ del Pnrr. L’obiettivo del provvedimento è assicurare il diritto di “continuità di vita e di cure presso il proprio domicilio” e di semplificare e integrare “le procedure di valutazione della persona anziana non autosufficiente”.
Il testo prevede misure a favore dell’invecchiamento attivo e dell’inclusione sociale, anche con forme di coabitazione solidale e intergenerazionale. “È prioritario introdurre un nuovo welfare – spiega Bellucci – L’Italia è la prima in Ue e la seconda nel mondo, dopo il Giappone, per numero di anziani”. Proprio per questo l’impegno principale è sviluppare una rete di protezione domiciliare: “La casa è il luogo di cura e di assistenza, laddove possibile, ma nel nostro Paese siamo ancora molto indietro.
Non è un caso che un milione e trecentomila ricoveri di anziani in ospedale, su cinque milioni, siano impropri. Vanno al pronto soccorso perché non hanno alternative. Per questo nel disegno di legge immaginiamo un welfare di prossimità”. I numeri rendono evidente la sfida: gli over 65 che beneficiano dell’assistenza domiciliare sono, secondo Italia Longeva, il 2,7%, meno di 3 su 100, a fronte di valori europei che oscillano dal 7 al 20%.
“Avere cura degli anziani significa avere cura di tutti noi e del futuro di ognuno” sottolinea la viceministra Bellucci che spiega come il Patto definisca “una specifica governance nazionale delle politiche in favore della popolazione anziana” che avrà il compito di coordinare gli interventi. Tra questi, quelli per la prevenzione della fragilità, anche mettendo in campo interventi a favore dei cargiver familiari. Saranno migliorati pure gli strumenti di sostegno economico, che si incroceranno con progetti di rigenerazione urbana. “Non abbiamo puntato su bonus o spot ma su una riforma strutturale che abbia cura dei nostri anziani”, conclude Bellucci.
AGI – L’ex numero del mondo di tennis, Martina Navratilova, nove volte trionfatrice a Wimbledon, ha annunciato di essere guarita dal doppio cancro, al seno e alla gola, reso noto lo scorso gennaio. La buona notizia è arrivata durante un’intervista al giornalista inglese, Piers Morgan, che andrà in onda, nella versione completa, nella giornata di oggi.
Navratilova, 66 anni, aveva raccontato sui social che la nuova diagnosi (aveva già sconfitto un altro tumore 13 anni fa), era arrivata dopo la scoperta di un linfonodo ingrossato sul collo. La vittoria contro la malattia è stata confermata dai medici che l’hanno in cura: “Inizialmente sono andata in panico per tre giorni consecutivi perchè pensavo che non sarei arrivata a festeggiare il prossimo Natale”.
Poi la confessione: “Il trattamento per sconfiggere il cancro è sicuramente la sfida più ardua che abbia mai fatto nella mia vita”.
Questa parte finale del mese di marzo, per ogni buon videogiocatore che si rispetti, si sta rivelando a dir poco scoppiettante. Oltre all’arrivo dell’attesissimo Resident Evil 4 Remake, che ha ovviamente monopolizzato l’attenzione dei fan, a tenere banco in questi giorni è sicuramente Diablo IV, il chiacchieratissimo nuovo capitolo della gloriosa serie targata Blizzard. È inutile girarci intorno: Diablo IV è uno dei titoli che aspetto maggiormente quest’anno insieme a Final Fantasy XVI e non vedevo l’ora, sinceramente, di poter iniziare a provare con mano il grande lavoro compiuto dalla software house sulla sua nuova creatura. Le aspettative sono state confermate? Onestamente sì, e forse anche superate in larga parte, per quanto alcune (piccole) cose le ho apprezzate di meno. Ma parliamone insieme, con calma, in questo primo tassello di un ricchissimo mosaico che ci accompagnerà da qui al prossimo 2 giugno, giorno in cui, finalmente, i cancelli di Sanctuarium si apriranno sotto ai nostri occhi.
Diablo IV: l’oscurità è pronta ad avvolgere nuovamente Sanctuarium
A livello narrativo e tematico, Diablo IV si è dimostrato sin da subito molto in linea con i suoi predecessori sul piano dei contenuti. Il nuovo capitolo di una delle serie più amate targate Blizzard ha fatto capire quanto l’importanza di dare un contesto tematico importante sia fondamentale, anche in un titolo del genere orientato fortemente sul gameplay e su una rinnovata vena da MMO, per poter creare un connubio perfetto tra la voglia di combattere e l’origine stessa delle motivazioni che spingono a farlo. L’impressione che ho avuto è che Diablo IV sia ambientato un bel po’ di anni dopo la fine degli eventi narrati in Diablo III. Sanctuarium è riuscita a lasciarsi alle spalle gli orrori della rinascita del signore degli Inferi e dei suoi seguaci, mentre le schiere angeliche sembrano aver lasciato definitivamente ai semplici umani la responsabilità di plasmare il proprio destino. Come nelle migliori storie dark fantasy, però, il male non muore mai veramente, ma piuttosto cambia forma o, nel caso specifico, cambia identità. Del resto, lo sappiamo bene, il fascino del male è sempre difficile da tenere a bada e per quanto si provi duramente, anche la più solida delle fedi è destinata a soccombere sotto il peso schiacciante della paura, una paura che qui sembra veramente primordiale e difficile da spiegare.
Ed è così che si apre Diablo IV, con questo mix delle peggiori emozioni umane che si fondono in una serie veloce e cruda di azioni da parte di un manipolo di ignari attori non protagonisti di una storia destinata ad assumere dimensioni ben superiori a quelle immaginabili. Il desiderio di ricchezza e di potere porta questo gruppo di sciacalli a risvegliare il male più oscuro, un essere ancestrale rimasto bloccato nei meandri del tempo in un sonno e un silenzio talmente profondo da risultare a dir poco assordante: Lilith. Questa oscura figura, divenuta negli anni molto amata, con tanti riferimenti in serie tv, film, libri e via dicendo, è destinata a far sprofondare Sanctuarium nuovamente nel terrore più puro. Ho usato non a caso questa frase, perché ho avuto la sensazione che il mondo di gioco e tutta la “lore” generale dietro alla sua figura sia proprio il simbolo di una realtà ancor più cupa, oscura e spaventosa rispetto al passato. Lilith sembra un nemico ancor peggiore di Diablo, capace di parlare al cuore degli uomini e sedurli con una facilità imbarazzante, facendoli scagliare gli uni contro gli altri con pochi gesti, creando così un turbine di orrore che superare ampiamente la disperazione vista in Diablo III.
Per intenderci, Diablo IV sembra voler fare più “paura” vuole essere più cattivo, per certi versi, e lo fa servendosi proprio degli esseri umani, piegati al volere di una creatura ancestrale spietata e desiderosa di seminare morte, distruzione e soprattutto disperazione. In questo contesto, ho trovato a dir poco perfetta la scelta degli sviluppatori di dare proprio alla narrazione uno spazio nettamente maggiore rispetto al passato. Diablo IV è infatti ricco di dialoghi ma soprattutto molto più pieno di cinematiche e cutscene che rendono l’intelaiatura narrativa ancor più importante e centrale nell’economia generale della produzione. E poi, lasciatemelo dire chiaramente, quando si parla di cinematiche Blizzard è sempre in grado di fare scuola (vedi Overwatch, WoW e via dicendo).
Un gameplay… Diabolico (in senso buono, ovviamente)
L’aspetto su cui avevo meno dubbi ma che comunque è riuscito a mandarmi letteralmente fuori di testa è sicuramente il gameplay e in generale tutta l’intelaiatura ludica della produzione. Diablo IV, e lo dico senza veramente alcun tipo di dubbio, è un vero parco giochi, un qualcosa in grado di dare dipendenza videoludica in modi che avevo ormai dimenticato. Diablo IV sembra volersi basare su un aspetto in particolare: la libertà. Ciò si evince sia dalla grandissima quantità di attività disponibili sin dal primo Atto (quello che abbiamo provato con la closed Beta) sia dalla piena autonomia che si dà al giocatore nell’affrontarle, ma non solo. Anche a livello di caratterizzazione del personaggio, al di là della nuova possibilità di modificarne l’aspetto attraverso un editor basilare ma comunque soddisfacente, Blizzard ha dato un forte scossone alla serie, introducendo alcune novità strutturali veramente interessanti.
A spiccare è sicuramente l’albero delle Abilità, che permette ai giocatori di investire i propri punti in maniera completamente autonoma, in fortissimo contrasto con quanto accadeva in Diablo III in cui il giocatore poteva limitarsi solamente a scegliere l’ordine con cui assegnare le varie abilità ai rispettivi tasti. Con Diablo IV, Blizzard si è spinta molto in là, e ha dato ai giocatori un prodotto potenzialmente infinito in termini di possibilità. Durante la mia prova mi sono concentrato principalmente sul Barbaro, e sono rimasto veramente colpito dal numero di modi in cui è possibile spendere i punti Abilità, ottenibili ovviamente al raggiungimento di un nuovo livello. Tra abilità primarie, perk “secondari” e bonus passivi vari, nelle mani del giocatore viene offerto un vero e proprio patrimonio ludico, e sono convinto che questo possa essere uno degli aspetti più riusciti dell’intera produzione.
Il grande senso di libertà che si respira, come dicevo prima, lo si avverte fortemente anche nella gestione delle missioni. Un indicatore, ovviamente, si preoccupa di segnalarci il livello consigliato per una o l’altra attività, ma è fondamentale sottolineare che si può comunque prendere parte a quest’ultime, ovviamente a proprio rischio e pericolo. La struttura da open world e MMO del gioco offre veramente tantissime cosa da fare: oltre alle attività principali, Diablo IV offre anche un ricco bagaglio di missioni secondarie attivabili seguendo dei punti esclamativi di colore azzurro sparsi, disseminati lungo una mappa di gioco dalle dimensioni a prima vista veramente generose.
Oltre a queste sono disponibili anche diverse attività extra sbloccabili completando determinati incarichi o progredendo semplicemente con la storia e raggiungendo determinati livelli. Da vero “MMO” il gioco offre anche tantissimi eventi dinamici, contrassegnati da un’area arancione. Una volta raggiunta la zona è possibile unirsi a giocatori da tutto il mondo per sconfiggere il boss di turno o le ondate di nemici che bloccano l’accesso alle ricompense, quasi sempre molto vantaggiose, in una formula che mi ha ricordato molto quanto accadeva in titoli come Guild Wars 2, su cui ho passato veramente tantissime ore della mia vita videoludica. La scelta di creare un mondo aperto tra i giocatori può non essere ben vista da molti utenti, ma io l’ho trovata veramente azzeccata e perfettamente calzante per un prodotto del genere.
Sul piano più pratico, infine, Diablo IV si mostra un po’ come la naturale evoluzione della serie. Il sistema di combattimento è molto classico ma al contempo ben più al passo coi tempi, per quanto comunque un personaggio come il Barbaro metta in mostra una certa pesantezza di alcune animazioni che però affondano le proprie radici più in una scelta stilistica che in una questione di limiti o di mancanze varie.
Tecnica, realizzazione e resa generale su console (PS5)
La parte di me più puntigliosa e pignola, al netto delle tantissime cose belle, è riuscita comunque a venir fuori, seppur aggrappandosi a scelte di design e a soluzioni strutturali che vanno ad abbracciare anche la soggettività. A livello strettamente personale e nella fattispecie calandomi nei panni di un giocatore di Diablo principalmente nella sua versione console, ho notato qualche piccolo “passo indietro” osservando l’interfaccia di gioco e alcuni menù, che ho trovato decisamente troppo caotici, difficili da consultare e poco in linea con la natura “always in azione” del gioco stesso.
Nello specifico, ho la sensazione di avere tra le mani un’interfaccia pensata principalmente per chi gioca con mouse e tastiera, cosa che ho trovato palese, ad esempio, osservando l’interfaccia dell’inventario, caratterizzato da una quantità importante di sotto voci raggiungibili in maniera più tediosa col pad rispetto alla comodità, immagino, di un mouse. Anche la navigazione generale tra le varie voci del menù è in verità poco immediata. Spostarsi dall’inventario alla mappa e successivamente alla liste delle missioni disponibili non è in realtà molto immediato, e per quanto la pressione di un semplice tasto può permettere una navigazione più rapida ho sempre avuto più di un momento di vuoto nel trovare velocemente cosa stessi cercando.
Anche l’HUD non mi ha convinto più di tanto. Ho trovato l’interfaccia in game troppo invasiva, sia per dimensioni sia per disposizione dei tasti che spesso ha contribuito a farmi un po’ perdere il controllo delle mie azioni. La zona da tenere sotto controllo, quella in basso a sinistra per intenderci, è forse un po’ ampia e troppo importante (tempi di ricarica delle skill, cure rimaste) e credo che in più di un’occasione possa sfuggire allo sguardo dei giocatori, specialmente, appunto, per chi gioca su schermi più generosi in termini di dimensioni (TV), facendomi convincere ancora di più che l’interfaccia generale sia forse tarata un po’ eccessivamente verso la versione PC. Niente da dire, invece, sul comparto audiovisivo.
Diablo IV gira in maniera molto convincente su PS5, è bello da vedere e da vivere, e per quanto abbia trovato i menù troppo obsoleti a livello di stile visivo, devo ammettere che il colpo d’occhio generale sia veramente di primissimo impatto, per quanto comunque in questa fase preliminare mi sono imbattuto più volte in fenomeni quali cali di frame improvvisi e tempi di caricamento forse un tantino troppo frequenti.
Diablo IV sembra avere tutte le carte in regola per diventare il miglior capitolo della serie targata Blizzard. Divertente, assuefacente, ricco di cose da fare e da vedere, la nuova strada da “MMO” intrapresa sembra dare ragione alla software house e non vedo l’ora di poter confermare il tutto con la versione finale del gioco. Certo, bisognerà vedere come saranno gestiti aspetti come il bilanciamento delle classi e l’endgame, ma se il buongiorno si vede dal mattino, direi che possiamo fare incubi, per rimanere in tema, molto tranquilli.
L’articolo Diablo IV – Provato proviene da GameSource.
AGI – Giunto ieri a Mosca, il presidente cinese, Xi Jinping, ha invitato il suo omologo del Cremlino, Vladimir Putin, e il premier russo, Mikhail Mishustin, a visitare la Cina entro la fine dell’anno. Proprio un colloquio con Mishustin, nella residenza del primo ministro, ha segnato l’inizio della seconda giornata della visita di Xi nella capitale russo.
Si tratta del primo viaggio all’estero di Xi Jinping da quando è stato rieletto per un terzo mandato come capo dello Stato. Ieri Xi ha avuto un incontro informale e una cena con il presidente russo Vladimir Putin e più tardi i due si vedranno di nuovo per dei colloqui informali.
Il presidente russo si è detto aperto a discutere le proposte di Pechino e la visita di Xi a Mosca rappresenta un importante punto a suo favore che arriva quasi in contemporanea con la decisione della Corte Penale Internazionale dell’Aia di emettere un mandato di arresto per Putin con l’accusa di aver deportato illegalmente centinaia di bambini ucraini.
Putin elogia il piano di Pechino
I due leader hanno avuto un colloquio di circa quattro ore e mezza, dandosi reciprocamente del “caro amico”. Il leader russo ha accompagnato Xi alla sua auto dopo l’incontro, fatto molto raro, e ci sono molte foto che li immortalano mentre sorridono.
Durante l’incontro, Putin ha dichiarato di essere aperto a partecipare a colloqui sull’Ucraina e ha elogiato il documento stilato da Pechino, in 12 punti, su quella che continua a chiamare “operazione militare speciale”. La Cina, in particolare, promuove un appello al dialogo e al rispetto della sovranità territoriale di tutti i Paesi. Il capo del Cremlino ha affermato che i due Paesi hanno “molti obiettivi e compiti comuni”, mentre Xi ha confermato gli “stretti legami” tra le due potenze.
Putin ha elogiato il “notevole balzo in avanti nello sviluppo economico” della Cina degli ultimi anni, aggiungendo: “Vi invidiamo persino un po’”. Xi ha risposto sottolineando come la Russia abbia prosperato sotto la “forte leadership” del settantenne Putin, aggiungendo di essere certo che i russi “lo sosterranno con forza nelle sue buone imprese” e voteranno di nuovo per lui l’anno prossimo. Putin, al potere dal 2000, non ha detto pubblicamente se intende ricandidarsi alla presidenza ma tutto fa pensare che si vada in questa direzione.
Secondo gli analisti, è improbabile che gli sforzi di mediazione di Xi portino a una cessazione delle ostilità in Ucraina, ma il suo viaggio è seguito con attenzione dalle capitali occidentali. Pechino ha criticato quella che considera una campagna di pressione imposta dagli Stati Uniti contro la Russia chiedendo invece una mediazione “imparziale” del conflitto. Molti dei governi europei hanno sostenuto che le proposte della Cina sono rimarchevoli per quanto riguarda i grandi principi, ma scarse e carenti nell’individuare delle soluzioni pratiche.
La scorsa settimana gli Stati Uniti hanno affermato che le proposte della Cina non farebbero altro che consolidare la “conquista della Russia” e permettere al Cremlino di preparare una nuova offensiva. “Non appoggiamo le richieste di un cessate il fuoco in questo momento”, ha dichiarato venerdì il portavoce della Casa Bianca per la sicurezza nazionale John Kirby.
I dubbi di Washington
La linea di Xi, finora, è quella di ritagliarsi il ruolo di ‘parte neutrale’ ma Washington ha avvertito il mondo di non lasciarsi fuorviare dalle mosse di Pechino, che potrebbero essere una “tattica di temporeggiamento” per aiutare Mosca. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha affermato che la visita del leader cinese a Mosca “suggerisce che la Cina non sente la responsabilità di ritenere il presidente responsabile delle atrocita’ commesse in Ucraina”. Per poi aggiungere: “E invece di condannare, preferisce fornire una copertura diplomatica alla Russia per continuare a commettere quei crimini”.
Gli Stati Uniti hanno anche accusato Pechino di voler esportare armi a Mosca, una teoria però che la Cina ha prontamente smentito. Xi ha detto a Putin che il gigante asiatico è pronto a “continuare a svolgere un ruolo costruttivo nel promuovere una soluzione politica” della crisi ucraina, almeno secondo quanto riportato dall’agenzia ufficiale cinese Xinhua.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha commentato la visita spiegando che sarebbe favorevole a colloqui con Xi, anche se non è ancora chiara l’intenzione, in tal senso, del leader cinese. Kiev ha dichiarato di aspettarsi che Xi usi l’influenza di Pechino per perorare la fine dell’offensiva di Mosca in Ucraina e di seguire “da vicino” la visita.